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Dosimetria pena: la discrezionalità del giudice di merito

Un automobilista, condannato per guida in stato di ebbrezza, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando un’eccessiva severità della pena. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che la dosimetria della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito e non può essere oggetto di una nuova valutazione di congruità in sede di legittimità, se la motivazione della sentenza impugnata è logica e corretta.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dosimetria della pena: quando il ricorso in Cassazione è inammissibile

L’ordinanza n. 12502/2024 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui limiti del sindacato di legittimità in materia di dosimetria della pena. La Suprema Corte ha ribadito un principio consolidato: la determinazione della sanzione è un’attività che rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito e non può essere rivalutata in Cassazione se non per vizi logici o violazioni di legge.

I fatti di causa

Il caso trae origine da una condanna per guida in stato di ebbrezza, emessa dal Tribunale e confermata in appello. L’imputato, non soddisfatto della quantificazione della pena, ha proposto ricorso per Cassazione, articolando le proprie doglianze su tre punti specifici, tutti relativi al trattamento sanzionatorio: la mancata concessione delle attenuanti generiche, la quantificazione della pena base e la durata della sanzione accessoria della sospensione della patente. In sostanza, il ricorrente chiedeva alla Suprema Corte una valutazione più mite e una riduzione della sanzione complessiva.

La decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Secondo i giudici di legittimità, le censure mosse dall’imputato non evidenziavano reali vizi di violazione di legge o difetti di motivazione, ma miravano unicamente a ottenere una nuova e più favorevole valutazione nel merito. Tale richiesta, tuttavia, esula dalle competenze della Corte di Cassazione, il cui ruolo non è quello di un terzo grado di giudizio, ma di garante della corretta applicazione della legge.

Le Motivazioni: la dosimetria della pena e la discrezionalità del giudice

Il cuore della decisione risiede nel richiamo ai principi che governano la dosimetria della pena. La Corte ha sottolineato come la graduazione della sanzione, inclusa la fissazione della pena base e la concessione o il diniego delle attenuanti, rientri nel potere discrezionale del giudice di merito. Questo potere deve essere esercitato in aderenza ai criteri guida stabiliti dagli articoli 132 e 133 del Codice Penale, che impongono al giudice di tenere conto della gravità del reato e della capacità a delinquere del reo.

Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione logica e coerente per le sue scelte sanzionatorie. Il ricorrente, nel suo atto di impugnazione, non si era confrontato specificamente con tale percorso argomentativo per evidenziarne eventuali illogicità o contraddizioni, ma si era limitato a contrapporre una propria valutazione, auspicando un esito più favorevole. Questo approccio rende il ricorso inammissibile, poiché chiede alla Cassazione di sostituire la propria valutazione a quella, incensurabile se correttamente motivata, del giudice di merito.

Conclusioni: limiti e conseguenze del ricorso

L’ordinanza in esame conferma che un ricorso per Cassazione in materia di trattamento sanzionatorio ha scarse possibilità di successo se si limita a lamentare un’eccessiva severità della pena. Per essere ammissibile, il ricorso deve individuare un vizio specifico nella motivazione della sentenza impugnata, come una manifesta illogicità, una contraddittorietà o la mancata considerazione di elementi decisivi. In assenza di tali vizi, la valutazione del giudice di merito è definitiva. La declaratoria di inammissibilità, come avvenuto nel caso di specie, comporta non solo la condanna al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, rendendo l’impugnazione un’opzione strategicamente svantaggiosa se non fondata su solidi motivi di diritto.

È possibile contestare in Cassazione la severità di una pena decisa dal giudice?
No, non è possibile chiedere alla Corte di Cassazione una semplice rivalutazione della congruità o severità della pena. Il ricorso è ammissibile solo se si lamenta una violazione di legge o un vizio logico manifesto nella motivazione con cui il giudice di merito ha determinato la sanzione.

Cosa significa che la ‘dosimetria della pena’ è un potere discrezionale del giudice?
Significa che il giudice, nel rispetto dei limiti minimi e massimi previsti dalla legge per un certo reato, ha il potere di scegliere la pena concreta da applicare, basando la sua decisione su criteri come la gravità del fatto e la personalità dell’imputato (artt. 132 e 133 c.p.).

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile in Cassazione?
A norma dell’art. 616 del codice di procedura penale, la parte che ha proposto un ricorso dichiarato inammissibile viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, come avvenuto nel caso in esame.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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