Dosimetria Pena: quando la decisione del giudice è definitiva?
La determinazione della giusta pena è uno dei compiti più delicati del giudice. L’analisi della dosimetria pena è centrale nel diritto penale e una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: la valutazione del giudice di merito sulla quantità della sanzione è insindacabile in sede di legittimità, a patto che sia sorretta da una motivazione logica e non arbitraria.
I Fatti del Caso
Il caso analizzato riguarda un ricorso presentato da un imputato condannato in Corte d’Appello per il reato di furto aggravato. L’imputato non contestava la sua colpevolezza, ma si doleva esclusivamente della dosimetria pena, sostenendo che la pena base inflitta fosse superiore al minimo edittale previsto dalla legge senza un’adeguata giustificazione.
La Corte d’Appello aveva fissato la pena in 9 mesi di reclusione e 300 euro di multa, una sanzione di poco superiore al minimo, motivando tale scelta sulla base di due elementi chiave: la personalità negativa dell’imputato e i suoi numerosi precedenti penali per reati della stessa natura. Insoddisfatto, l’imputato ha portato la questione davanti alla Corte di Cassazione, sperando in una riduzione della sanzione.
La Decisione della Corte sulla Dosimetria Pena
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici supremi hanno sottolineato che il loro ruolo non è quello di effettuare una nuova valutazione nel merito della congruità della pena. Il compito della Cassazione è verificare la legittimità della decisione, ovvero controllare che il ragionamento del giudice di grado inferiore sia stato logico, coerente e privo di vizi giuridici.
Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che la sentenza impugnata fosse sorretta da un “conferente apparato argomentativo”. La scelta di discostarsi leggermente dal minimo edittale era stata ampiamente giustificata con elementi concreti, come la pericolosità sociale del soggetto desunta dai suoi precedenti specifici.
Le Motivazioni
La motivazione dell’ordinanza si fonda su un principio consolidato nella giurisprudenza. La determinazione della pena rientra nel “prudente apprezzamento” del giudice di merito. Questo potere discrezionale non può essere censurato in Cassazione se non risulta frutto di mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico.
La Corte ha ribadito che una censura che miri semplicemente a una “nuova valutazione” della congruità della pena è, per sua natura, inammissibile. Il ricorrente non può chiedere ai giudici di legittimità di sostituire la propria valutazione a quella del giudice che ha esaminato direttamente il caso. La decisione di irrogare una pena leggermente superiore al minimo, fondata sulla negativa personalità dell’imputato e sui suoi precedenti, è una scelta ponderata e non un atto arbitrario, e come tale sfugge al sindacato della Cassazione.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame conferma un caposaldo del nostro sistema processuale: la netta distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. La Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti o l’adeguatezza della pena. Il suo ruolo è quello di garante della corretta applicazione della legge. Pertanto, chi intende contestare la dosimetria pena deve dimostrare non che la sanzione sia “troppo alta”, ma che la motivazione del giudice sia manifestamente illogica, contraddittoria o del tutto assente, un onere probatorio molto difficile da assolvere quando la decisione, come in questo caso, è ancorata a elementi concreti e pertinenti.
È possibile contestare in Cassazione una pena ritenuta semplicemente ‘troppo alta’?
No. La Corte di Cassazione non può riesaminare la congruità della pena se la decisione del giudice di merito è basata su una motivazione logica e non arbitraria. Il ricorso è ammissibile solo se si dimostra un vizio di legittimità, come una motivazione inesistente o palesemente illogica.
Quali elementi ha considerato il giudice per stabilire una pena superiore al minimo?
Il giudice ha basato la sua decisione sulla “negativa personalità dell’imputato” e sui suoi “plurimi precedenti per reati della stessa indole”. Questi elementi sono stati ritenuti sufficienti a giustificare una pena leggermente superiore al minimo edittale previsto dalla legge.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che il ricorso non venga esaminato nel merito. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 45042 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 45042 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a SPOLETO il 09/07/1960
avverso la sentenza del 16/01/2024 della CORTE APPELLO di ANCONA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminato il ricorso proposto a mezzo del difensore da COGNOME COGNOME.
Rilevato che il ricorrente si duole della dosimetria della pena, deducendo carenza di motivazione con riferimento alla individuazione della pena base per il reato di furto aggravato (artt. 624, 625 n. 7 cod. pen.) in misura superiore al minimo edittale.
Considerato che la sentenza è sorretta da conferente apparato argomentativo sul punto, avendo la Corte di merito ritenuto congrua la pena base di mesi 9 di reclusione ed euro 300,00 di multa – di poco superiore al minimo edittale – in ragione della negativa personalità dell’imputato, gravato da plurimi precedenti per reati della stessa indole;
considerato che la determinazione della pena in concreto irrogata è rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito e che, nel giudizio di cassazione, è inammissibile la censura che miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione, come nel caso in esame, non sia frutto di mero arbitrio o di un ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013 – 04/02/2014, COGNOME, Rv. 259142).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 7 novembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente