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Dosimetria pena: il giudice può motivare sinteticamente

Un imputato, condannato per reati di droga, ricorre in Cassazione lamentando una motivazione insufficiente sulla dosimetria della pena. La Corte di Cassazione respinge il ricorso, affermando che la discrezionalità del giudice permette una motivazione sintetica, purché adeguata, specialmente se le attenuanti generiche sono già state concesse.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dosimetria della pena: la motivazione sintetica del giudice è sufficiente?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, torna a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto penale: i confini della discrezionalità del giudice nella dosimetria della pena e l’adeguatezza della motivazione a sostegno della sua decisione. Il caso offre spunti di riflessione importanti su come il giudice di merito debba giustificare la quantificazione della sanzione, specialmente quando la difesa solleva specifiche circostanze personali e familiari a favore dell’imputato. La pronuncia conferma un orientamento consolidato, ribadendo che una motivazione, seppur sintetica, può essere considerata pienamente valida se riesce a dar conto del percorso logico seguito.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un uomo da parte del Tribunale e, successivamente, della Corte di Appello per un reato legato agli stupefacenti (art. 73, comma IV, D.P.R. 309/1990). La pena inflitta era di due anni di reclusione e 8.000 euro di multa, con il beneficio della sospensione condizionale. Ai fini della determinazione della pena, i giudici di merito avevano già concesso le circostanze attenuanti generiche, tenendo conto dell’incensuratezza dell’imputato, del suo comportamento processuale collaborativo e dell’immediata ammissione dei fatti.

L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando un vizio di motivazione. Secondo la difesa, la Corte di Appello avrebbe omesso di considerare adeguatamente le specifiche deduzioni presentate per ottenere un’ulteriore riduzione della pena. Tali deduzioni includevano elementi di natura personale e familiare significativi, come il licenziamento, la nascita di un secondo figlio, la disoccupazione della compagna e l’assenza di un supporto sociale e familiare.

La Discrezionalità del Giudice nella Dosimetria della Pena

Il cuore della questione giuridica risiede nell’interpretazione dell’art. 133 del codice penale, che elenca i criteri (gravità del reato e capacità a delinquere del colpevole) che il giudice deve seguire per esercitare il suo potere discrezionale nella quantificazione della pena. La giurisprudenza costante della Cassazione afferma che la dosimetria della pena è un’attività riservata al giudice di merito, il cui giudizio è insindacabile in sede di legittimità se sorretto da una motivazione adeguata e non manifestamente illogica.

Il giudice non è tenuto a fornire un’analitica esposizione di tutti gli elementi presi in esame, ma può anche limitarsi a una valutazione sintetica e globale. L’importante è che dal provvedimento emerga che la decisione è frutto di una ponderazione ragionata e non arbitraria dei criteri legali.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, ritenendo la motivazione della Corte di Appello adeguata, sebbene concisa. I giudici di legittimità hanno osservato che la Corte territoriale, nel confermare la pena, aveva specificato che questa appariva ‘congrua e proporzionata alla gravità del fatto’, soprattutto perché già mitigata dal riconoscimento delle attenuanti generiche in primo grado. Tale riconoscimento si basava sulle modalità dei fatti, sulla condotta processuale e sulle dichiarazioni confessorie dell’imputato.

Secondo la Cassazione, questa motivazione è idonea a spiegare l’iter logico-giuridico seguito. Il riferimento alla già avvenuta concessione delle attenuanti generiche e alla valutazione complessiva effettuata dal primo giudice costituisce una risposta implicita ma sufficiente alle richieste della difesa. In sostanza, la Corte d’Appello ha ritenuto che la valutazione positiva degli aspetti favorevoli all’imputato (come l’incensuratezza e la confessione) avesse già trovato la sua massima espressione nel riconoscimento delle attenuanti e nel beneficio della sospensione condizionale della pena. Pertanto, non era necessario un’ulteriore riduzione, né una motivazione più analitica per respingere la richiesta.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: nel processo penale, la valutazione sulla misura della pena è un’area di ampia discrezionalità del giudice di merito. Per la difesa, ciò significa che non è sufficiente elencare circostanze personali e familiari per ottenere automaticamente una riduzione della pena. È necessario dimostrare perché tali elementi dovrebbero incidere sulla valutazione complessiva della gravità del reato o della personalità dell’imputato in modo più significativo di quanto già considerato dal giudice.

Per i giudici, la decisione conferma che una motivazione sintetica è legittima, a patto che sia coerente e ancorata ai criteri dell’art. 133 c.p., dimostrando di aver ponderato gli elementi a disposizione. La valutazione può essere globale e fare riferimento alle statuizioni del giudice precedente, specialmente quando, come nel caso di specie, sono già stati concessi importanti benefici.

È sufficiente una motivazione sintetica del giudice per stabilire l’entità della pena?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, il giudice può motivare la sua decisione sulla misura della pena anche in modo sintetico, purché la motivazione sia adeguata e logica, facendo riferimento ai criteri stabiliti dall’art. 133 del codice penale.

La concessione delle attenuanti generiche può giustificare il rigetto di un’ulteriore richiesta di riduzione della pena?
Sì, nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che il riferimento della Corte di Appello al fatto che le attenuanti generiche erano già state concesse fosse una motivazione sufficiente per ritenere la pena congrua e per respingere la richiesta di un’ulteriore mitigazione.

Quali elementi considera il giudice nella dosimetria della pena?
Il giudice valuta tutti gli elementi indicati nell’art. 133 del codice penale, tra cui la gravità del fatto (modalità dell’azione, entità del danno) e la capacità a delinquere del colpevole (precedenti penali, condotta processuale, condizioni di vita). In questo caso, sono stati valorizzati la confessione e il comportamento processuale dell’imputato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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