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Dosimetria della pena: quando il ricorso è infondato

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato contro la rideterminazione della pena per bancarotta impropria. La Corte ha stabilito che la valutazione del giudice di merito sulla dosimetria della pena e sulla concessione delle attenuanti è discrezionale e, se adeguatamente motivata, non può essere contestata in sede di legittimità. Il ricorso è stato giudicato manifestamente infondato, sottolineando l’importanza della coerenza tra i motivi di appello e quelli del ricorso in Cassazione.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dosimetria della pena: i limiti del sindacato della Cassazione

La corretta dosimetria della pena rappresenta uno dei momenti più delicati del processo penale, in cui il giudice è chiamato a bilanciare la gravità del reato con la personalità dell’imputato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre spunti importanti per comprendere i limiti entro cui la decisione del giudice di merito può essere contestata. In questo articolo, analizzeremo il caso di un ricorso rigettato perché manifestamente infondato, chiarendo quando le scelte sulla quantificazione della pena e sulla concessione delle attenuanti diventano insindacabili.

I Fatti del Caso

Un imputato, a seguito di un giudizio di rinvio, veniva assolto dal reato di bancarotta impropria per operazioni dolose, ma vedeva rideterminata la pena per altri illeciti a un anno e otto mesi di reclusione. L’imputato decideva di presentare ricorso in Cassazione, lamentando una manifesta illogicità e contraddittorietà nella motivazione relativa alla dosimetria della pena.

In particolare, i motivi del ricorso si concentravano su tre aspetti principali:
1. La mancata concessione della circostanza attenuante prevista dall’art. 62, n. 4 del codice penale.
2. La mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche nella loro massima estensione.
3. L’illegittima valutazione, ai fini della pena, di elementi non provati (come la distruzione delle scritture contabili) o irrilevanti (una condanna risalente a tredici anni prima).

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile in quanto manifestamente infondato. Gli Ermellini hanno smontato punto per punto i motivi presentati dalla difesa. In primo luogo, la doglianza relativa alla mancata applicazione dell’attenuante specifica è stata ritenuta inammissibile perché non era stata sollevata nel precedente motivo di appello. Le altre censure, invece, sono state qualificate come doglianze di merito che non si confrontavano adeguatamente con le solide argomentazioni della sentenza impugnata.

Le Motivazioni della Corte sulla dosimetria della pena

La Corte ha ribadito un principio fondamentale: la valutazione sulla dosimetria della pena e sulla concessione delle attenuanti generiche rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Tale valutazione non è censurabile in sede di legittimità se la motivazione è congrua, logica e priva di vizi evidenti.

Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva giustificato la sua decisione sulla base di due elementi chiave:
* La particolare spregiudicatezza dimostrata dall’imputato.
* I precedenti penali, per i quali l’imputato aveva già espiato la pena e usufruito di benefici finalizzati al reinserimento sociale, senza tuttavia coglierne il significato rieducativo.

Secondo la Cassazione, a fronte di questi argomenti, spetta al giudice di merito decidere se concedere o meno le attenuanti generiche e in quale misura, poiché tale beneficio richiede la presenza di specifici elementi positivi. Se la decisione è sufficientemente motivata, come nel caso in esame, essa sfugge al controllo della Corte di Cassazione.

Le Conclusioni

Questa ordinanza conferma che il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito. La valutazione sulla quantificazione della pena è una prerogativa del giudice che ha esaminato le prove e conosciuto direttamente il caso. Solo una motivazione palesemente illogica, contraddittoria o assente può aprire le porte a un annullamento. Di conseguenza, l’imputato che intende contestare la dosimetria della pena deve dimostrare un vizio palese nel ragionamento del giudice, e non semplicemente proporre una diversa e più favorevole valutazione dei fatti. Il ricorso è stato quindi rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Perché il ricorso sulla dosimetria della pena è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto manifestamente infondato. Le censure mosse erano doglianze di merito che non si confrontavano con la motivazione della sentenza impugnata e, in un caso, riguardavano una questione non sollevata nel precedente grado di appello.

La valutazione del giudice sulle circostanze attenuanti generiche può essere contestata in Cassazione?
No, la concessione delle circostanze attenuanti generiche e la determinazione della loro entità sono frutto di una valutazione discrezionale del giudice di merito. Questa decisione non può essere contestata in Cassazione se è supportata da una motivazione sufficiente, logica e non contraddittoria, come nel caso di specie.

Quali elementi ha considerato la Corte d’Appello per determinare la pena?
La Corte d’Appello ha basato la sua decisione sulla particolare spregiudicatezza dimostrata dall’imputato e sui suoi precedenti penali, evidenziando che, pur avendo già espiato pene e avuto accesso a benefici per il reinserimento, non ne aveva colto il significato rieducativo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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