Dosimetria della pena: i limiti del sindacato della Cassazione
La corretta dosimetria della pena rappresenta uno dei momenti più delicati del processo penale, in cui il giudice è chiamato a bilanciare la gravità del reato con la personalità dell’imputato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre spunti importanti per comprendere i limiti entro cui la decisione del giudice di merito può essere contestata. In questo articolo, analizzeremo il caso di un ricorso rigettato perché manifestamente infondato, chiarendo quando le scelte sulla quantificazione della pena e sulla concessione delle attenuanti diventano insindacabili.
I Fatti del Caso
Un imputato, a seguito di un giudizio di rinvio, veniva assolto dal reato di bancarotta impropria per operazioni dolose, ma vedeva rideterminata la pena per altri illeciti a un anno e otto mesi di reclusione. L’imputato decideva di presentare ricorso in Cassazione, lamentando una manifesta illogicità e contraddittorietà nella motivazione relativa alla dosimetria della pena.
In particolare, i motivi del ricorso si concentravano su tre aspetti principali:
1. La mancata concessione della circostanza attenuante prevista dall’art. 62, n. 4 del codice penale.
2. La mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche nella loro massima estensione.
3. L’illegittima valutazione, ai fini della pena, di elementi non provati (come la distruzione delle scritture contabili) o irrilevanti (una condanna risalente a tredici anni prima).
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile in quanto manifestamente infondato. Gli Ermellini hanno smontato punto per punto i motivi presentati dalla difesa. In primo luogo, la doglianza relativa alla mancata applicazione dell’attenuante specifica è stata ritenuta inammissibile perché non era stata sollevata nel precedente motivo di appello. Le altre censure, invece, sono state qualificate come doglianze di merito che non si confrontavano adeguatamente con le solide argomentazioni della sentenza impugnata.
Le Motivazioni della Corte sulla dosimetria della pena
La Corte ha ribadito un principio fondamentale: la valutazione sulla dosimetria della pena e sulla concessione delle attenuanti generiche rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Tale valutazione non è censurabile in sede di legittimità se la motivazione è congrua, logica e priva di vizi evidenti.
Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva giustificato la sua decisione sulla base di due elementi chiave:
* La particolare spregiudicatezza dimostrata dall’imputato.
* I precedenti penali, per i quali l’imputato aveva già espiato la pena e usufruito di benefici finalizzati al reinserimento sociale, senza tuttavia coglierne il significato rieducativo.
Secondo la Cassazione, a fronte di questi argomenti, spetta al giudice di merito decidere se concedere o meno le attenuanti generiche e in quale misura, poiché tale beneficio richiede la presenza di specifici elementi positivi. Se la decisione è sufficientemente motivata, come nel caso in esame, essa sfugge al controllo della Corte di Cassazione.
Le Conclusioni
Questa ordinanza conferma che il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito. La valutazione sulla quantificazione della pena è una prerogativa del giudice che ha esaminato le prove e conosciuto direttamente il caso. Solo una motivazione palesemente illogica, contraddittoria o assente può aprire le porte a un annullamento. Di conseguenza, l’imputato che intende contestare la dosimetria della pena deve dimostrare un vizio palese nel ragionamento del giudice, e non semplicemente proporre una diversa e più favorevole valutazione dei fatti. Il ricorso è stato quindi rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Perché il ricorso sulla dosimetria della pena è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto manifestamente infondato. Le censure mosse erano doglianze di merito che non si confrontavano con la motivazione della sentenza impugnata e, in un caso, riguardavano una questione non sollevata nel precedente grado di appello.
La valutazione del giudice sulle circostanze attenuanti generiche può essere contestata in Cassazione?
No, la concessione delle circostanze attenuanti generiche e la determinazione della loro entità sono frutto di una valutazione discrezionale del giudice di merito. Questa decisione non può essere contestata in Cassazione se è supportata da una motivazione sufficiente, logica e non contraddittoria, come nel caso di specie.
Quali elementi ha considerato la Corte d’Appello per determinare la pena?
La Corte d’Appello ha basato la sua decisione sulla particolare spregiudicatezza dimostrata dall’imputato e sui suoi precedenti penali, evidenziando che, pur avendo già espiato pene e avuto accesso a benefici per il reinserimento, non ne aveva colto il significato rieducativo.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 27792 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 27792 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 10/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a EBOLI il 02/07/1964
avverso la sentenza del 06/12/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Esaminato il ricorso proposto avverso la sentenza in data 8 ottobre 2024, con la quale la Corte di appello di Napoli, in sede di giudizio di rinvio, ha assolto NOME COGNOME dal reato di bancarotta impropria per operazioni dolose e con riferimento agli altri illeciti ha rideterminato la pena inflitta a NOME COGNOME in anni uno e mesi otto di reclusione;
Ritenuto che si censura la manifesta illogicità e la contraddittorietà della motivazione sulla dosimetria della pena, in particolare sulla mancata concessione della circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 4 cod. pen., e sulla mancata applicazione nella massima estensione delle circostanze attenuanti generiche (primo motivo di impugnazione), nonché ci si duole della valorizzazione, ai fini della dosimetria della pena, di circostanze non provate, come la distruzione e l’occultamento delle scritture contabili ovvero a elementi irrilevanti e non pertinenti, come una condanna risalente a tredici anni orsono(secondo motivo di ricorso);
che la doglianza in ordine alla mancata applicazione dell’art. 62 n. 4 cod. pen. è inammissibile, perché non era stata dedotta con motivo di appello;
che con riguardo alle altre questioni sollevate – a parte che quella sull’occultamento delle scritture contabili deve ritenersi coperta da giudicato interno – vengono proposte doglianze di merito senza confrontarsi con gli argomenti contenuti nella motivazione della sentenza impugnata, secondo la quale la commisurazione della pena doveva tenere conto della particolare spregiudicatezza dimostrata dall’imputato e dai precedenti penali per i quali aveva espiato le relative pene accedendo a benefici finalizzati al reinserimento sociale senza tuttavia coglierne il significato;
che, a fronte di questi snodi argomentativi congrui e immuni da vizi, occorre pure evidenziare che il beneficio delle circostanze attenuanti generiche concedibile solo in presenza di specifici elementi positivi comporta una valutazione discrezionale del giudice nelle sue ricadute rispetto all’entità della riduzione della pena, che, se sufficientemente motivate, sono insindacabili dal giudice di legittimità;
Per queste ragioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile perché manifestamente infondato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende; GLYPH
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Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 10 luglio 2025
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Il Presidente