Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 43995 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 43995 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 02/10/2024
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato in Ucraina il 19/06/1993
rappresentato e difeso in questa sede dall’avv. NOME COGNOME in qualità di sostituto processuale dell’avv. NOME COGNOME di fiducia avverso la sentenza del 16/02/2024 della Corte di appello di Bologna, prima sezione penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che non è stata richiesta dalle parti la trattazione orale ai sensi degli artt. 611, comma 1-bis cod. proc. pen., 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato in forza dell’art. 5-duodecies del d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall’art. 17 del d.l. 22 giugno 2023, n. 75, convertito con modificazioni dalla legge 10 agosto 2023, n. 112 e che, conseguentemente, il procedimento viene trattato con contraddittorio scritto;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria scritta ex art. 23, comma 8, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176 e succ. modif., con la quale il Sostituto procuratore generale, NOME COGNOME ha concluso chiedendo che si dichiari l’inammissibilità del ricorso; lette le conclusioni scritte depositate in data 18/09/2024 dal sostituto processuale, avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Bologna ha confermato la pronunzia emessa in data 24/05/2021 dal Tribunale di Bologna che, all’esito di giudizio abbreviato, aveva dichiarato NOME COGNOME responsabile dei delitti di tentato furto aggravato dalla violenza sulle cose e di ricettazione nell’ipotesi attenuata di cui all’art. 648, comma 2, cod. pen. (capi b e c di imputazione) e condannato lo stesso, ritenuto il vincolo della continuazione tra i reati, alla pena di mesi sei di reclusione ed euro 200,00 di multa, previo riconoscimento di attenuanti generiche stimate equivalenti alla aggravante contestata in relazione al delitto più grave di cui al capo b).
Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, tramite il difensore di fiducia, articolando un unico motivo con il quale si deduce erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 133 cod. pen. e vizio di motivazione.
Rileva il ricorrente che, con il quarto motivo di appello proposto avverso la sentenza di primo grado, era stato censurato il trattamento sanzionatorio sotto il profilo della mancata determinazione della sanzione base in misura pari al minimo edittale, della omessa diminuzione massima per l’ipotesi di tentato furto e dell’eccessivo aumento di pena stabilito a titolo di continuazione.
La Corte territoriale ha disatteso tali censure fornendo motivazione esclusivamente con riferimento alla mancata riduzione per il tentativo invocata nella massima estensione, mentre ha omesso di pronunciarsi in ordine alla quantificazione della sanzione base per il delitto di furto nel minimo edittale e sul minor aumento a titolo di continuazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile.
2. Effettivamente la Corte territoriale non si è pronunciata espressamente sul motivo di appello avente ad oggetto, da un lato, la dosimetria della pena base che il primo giudice, discostandosi dal minimo edittale, aveva determinato in mesi sei di reclusione ed euro 200,00 di multa per il delitto di furto (già computata la riduzione per il tentativo) e, dall’altro, la quantificazione dell’aumento operato, a titolo di continuazione per il reato di ricettazione in forma attenuata, nella misura di mesi tre di reclusione ed euro 100,00 di multa.
Tuttavia, i giudici di appello, pronunciandosi sulla invocata causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (si vedano le pagg. 3 e 4 della sentenza impugnata), hanno effettuato una valutazione globale del fatto sottoposto a giudizio, qualificandolo in termini di rilevante disvalore.
In particolare, è stato evidenziato che il tentativo di furto della biciclet contestato al capo B) era sussumibile nella più grave fattispecie di cui agli artt. 56, 624-bis cod. pen. atteso che l’imputato, per impossessarsi del velocipede, aveva fatto ingresso nel cortile di una privata abitazione munito di un arnese atto allo scasso; è stato altresì posto in luce come, quello stesso giorno, COGNOME aveva conseguito illecitamente il possesso di un’altra bicicletta di provenienza delittuosa (oggetto dell’imputazione di ricettazione di cui al capo B) che aveva poi utilizzato per portarsi sul luogo di realizzazione del tentato furto.
La sentenza impugnata (pag. 5) contiene anche l’esplicito riferimento ad una precedente condanna riportata dall’imputato con concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, revocato dal primo giudice ai sensi dell’art. 168, comma primo n. 1, cod. pen. in ragione della successiva commissione dei delitti oggetto del presente giudizio.
La Corte territoriale ha quindi, implicitamente formulato un giudizio di congruità del trattamento sanzionatorio applicato con la sentenza di primo grado, in aderenza ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen. secondo cui , nell’esercizio del potere discrezionale»l giudice deve tenere conto della gravità del fatto e della capacità a delinquere del reo.
Va ricordato al riguardo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui non è censurabile, in sede di legittimità, la sentenza che non motivi espressamente su una specifica deduzione prospettata con il gravame quando ne risulti il rigetto dalla struttura motivazionale complessivamente considerata (Sez. 5, n. 6746 del 13/12/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275500-01; Sez. 1, n. 27825 del 22/05/2013, COGNOME, Rv. 256340-01).
Con particolare riferimento al profilo della dosimetria della pena, la relativa censura deve ritenersi implicitamente disattesa dal giudice qualora la struttura argomentativa della sentenza richiami, anche rispetto a profili diversi, elementi che escludono una mitigazione del trattamento sanzionatorio ed in particolare gli
indici di gravità oggettiva del reato e il grado di colpevolezza dell’imputato, all stregua dell’art. 133 cod. pen. (Sez. 4, n. 27395 del 11/05/2022, Omogiate, Rv. 283420; Sez. 4, n. 5396 del 15/11/2022, COGNOME, Rv. 284096).
Alla inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali e, valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000 n. 186), al versamento della somma di euro tremila a favore della Cassa delle ammende, che si ritiene equa considerando che l’impugnazione è stata esperita per ragioni manifestamente infondate.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il giorno 02/10/2024