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Dosimetria della pena: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per detenzione di cocaina. L’impugnazione contestava la dosimetria della pena e il diniego della sospensione condizionale, ma è stata respinta perché non affrontava specificamente le ragioni della Corte d’Appello, quali la gravità del fatto, i precedenti penali e gli indici di un’attività di spaccio strutturata.

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Pubblicato il 25 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dosimetria della Pena: I Requisiti di Ammissibilità del Ricorso in Cassazione

L’ordinanza della Corte di Cassazione in esame offre un importante chiarimento sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi che contestano la dosimetria della pena. Il caso riguarda un uomo condannato per detenzione di stupefacenti, il cui ricorso è stato dichiarato inammissibile per la sua genericità, non avendo affrontato in modo specifico le motivazioni della sentenza di secondo grado. Questa decisione ribadisce un principio fondamentale: per criticare una decisione del giudice, non basta dissentire, ma è necessario smontare analiticamente il suo ragionamento.

I Fatti del Caso

Un individuo veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di illecita detenzione di 53,70 grammi di cocaina. La Corte d’Appello di Bologna aveva confermato la sentenza del Tribunale, condannandolo e negandogli il beneficio della sospensione condizionale della pena. Avverso questa decisione, la difesa proponeva ricorso per cassazione, affidandolo a un unico motivo di impugnazione.

I Motivi del Ricorso e la Contestazione sulla Dosimetria della Pena

Il ricorrente lamentava due aspetti principali della sentenza d’appello:

1. L’eccessività della pena: Si contestava la dosimetria della pena applicata dai giudici di merito, ritenendola sproporzionata.
2. Il diniego della sospensione condizionale: Si criticava la decisione di non concedere il beneficio della sospensione della pena.

Secondo il ricorrente, i giudici non avevano valutato correttamente gli elementi a sua disposizione per mitigare la sanzione e per formulare una prognosi positiva sul suo futuro comportamento. Tuttavia, come vedremo, la sua critica si è rivelata troppo generica per superare il vaglio di ammissibilità della Suprema Corte.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato, richiamato anche dalle Sezioni Unite: il ricorso (sia esso d’appello o di cassazione) non può limitarsi a una generica contestazione della decisione impugnata, ma deve instaurare un confronto critico e specifico con le motivazioni che la sorreggono. In altre parole, l’appellante o il ricorrente ha l’onere di spiegare perché e in che modo il ragionamento del giudice precedente sia errato, indicando le specifiche parti della motivazione che intende censurare.

Le Motivazioni: Il Principio del Necessario Confronto

La Corte ha ritenuto che il ricorso fosse carente proprio sotto questo profilo. I giudici di secondo grado, infatti, avevano ampiamente e congruamente giustificato sia la quantificazione della pena sia il diniego della sospensione condizionale.

Per quanto riguarda la dosimetria della pena, la Corte d’Appello aveva valorizzato elementi di sicuro rilievo, quali:
– Le modalità della condotta.
– Il dato ponderale non trascurabile della sostanza stupefacente.
– Il possesso di due telefoni cellulari e della somma di 910,00 euro, considerati indizi di un inserimento in una rete di spaccio di medio livello.

Per quanto riguarda la sospensione condizionale, la prognosi negativa era stata formulata sulla base di:
– L’assenza di un effettivo radicamento sul territorio.
– La presenza di precedenti penali, di cui uno della stessa indole.
– La gravità complessiva della condotta.

Il ricorrente, nel suo atto, non ha mai preso in esame questi specifici argomenti, limitandosi a una doglianza astratta e generica. Di conseguenza, non avendo attivato quel ‘necessario confronto’ con la motivazione della sentenza impugnata, il suo ricorso è stato giudicato inammissibile.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per la Difesa

Questa ordinanza è un monito per la prassi forense. Per avere successo, un’impugnazione non può essere una semplice riproposizione delle proprie tesi o una lamentela generica contro la severità della pena. È indispensabile un’analisi puntuale della sentenza che si intende criticare, individuandone le presunte falle logiche o giuridiche e argomentando specificamente su di esse. Un ricorso che ignora le ragioni del giudice è destinato, come in questo caso, a essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

È sufficiente contestare genericamente la quantità della pena in un ricorso per cassazione?
No, non è sufficiente. Secondo la Corte, il ricorso deve contenere un confronto specifico e critico con le motivazioni usate dal giudice di merito per giustificare la pena inflitta. Una contestazione generica è causa di inammissibilità.

Quali elementi possono giustificare una pena più severa per detenzione di stupefacenti?
Nel caso di specie, i giudici hanno considerato aggravanti le modalità della condotta, la quantità della sostanza, il possesso di due telefoni cellulari e di una somma di denaro significativa (910,00 euro), elementi ritenuti indicativi di un inserimento in una rete di spaccio.

Perché è stata negata la sospensione condizionale della pena in questo caso?
La sospensione condizionale è stata negata a causa di una prognosi negativa sul futuro comportamento dell’imputato, basata sull’assenza di radicamento sul territorio, sulla presenza di precedenti penali (uno dei quali specifico) e sulla gravità della condotta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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