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Dosimetria della pena: quando il ricorso è inammissibile

Un imputato ricorre in Cassazione lamentando una pena eccessiva. La Corte dichiara il ricorso inammissibile perché generico e non specifico. La decisione sottolinea che la dosimetria della pena è un potere discrezionale del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se la motivazione è logica e congrua, specialmente in presenza di numerosi precedenti penali a carico del ricorrente.

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Pubblicato il 19 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dosimetria della Pena: I Limiti al Controllo della Cassazione

La determinazione della giusta pena è uno dei compiti più delicati del giudice penale. La dosimetria della pena, ovvero il processo di quantificazione della sanzione, è regolata da precisi criteri legali ma lascia al giudice un’ampia discrezionalità. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre lo spunto per analizzare i limiti entro cui questa discrezionalità può essere contestata in sede di legittimità e le ragioni per cui un ricorso generico è destinato all’inammissibilità.

I Fatti del Caso: Un Ricorso contro la Misura della Pena

Nel caso in esame, un imputato, condannato dalla Corte di Appello di Bologna, ha presentato ricorso per Cassazione. La sua doglianza principale riguardava la dosimetria della pena applicata, ritenuta eccessiva e non adeguatamente motivata. Secondo la difesa, i giudici di merito non avrebbero tenuto nel debito conto gli indici di valutazione previsti dall’articolo 133 del codice penale, che guidano il giudice nella commisurazione della sanzione.

L’obiettivo del ricorrente era ottenere l’annullamento della sentenza impugnata, sostenendo che la pena inflitta fosse sproporzionata rispetto ai fatti commessi.

La Decisione della Corte di Cassazione: Inammissibilità per Genericità

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La decisione si fonda su un punto cruciale: la manifesta infondatezza e l’assoluta genericità dei motivi presentati. Secondo gli Ermellini, il ricorrente non si è confrontato adeguatamente con la motivazione della Corte d’Appello, che invece era stata ritenuta logica, congrua e corretta in punto di diritto.

In sostanza, il ricorso si limitava a una critica assertiva e non specifica, incapace di evidenziare un vero e proprio vizio di legittimità nella decisione dei giudici di secondo grado. Di conseguenza, oltre alla condanna al pagamento delle spese processuali, il ricorrente è stato condannato al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende.

Le Motivazioni: Il Principio della Discrezionalità nella Dosimetria della Pena

La Corte di Cassazione ribadisce un principio consolidato nella sua giurisprudenza: la determinazione della pena, tra il minimo e il massimo edittale, rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito. Questo potere non è sindacabile in sede di legittimità se la motivazione è sufficiente e non manifestamente illogica.

Nel caso specifico, i giudici di appello avevano correttamente motivato la loro decisione, valorizzando elementi concreti come i numerosi precedenti penali dell’imputato (oltre 50 annotazioni) e la scarsa funzione rieducativa delle precedenti esperienze giudiziarie. Questi fattori sono pienamente riconducibili ai criteri dell’art. 133 c.p., in particolare alla capacità a delinquere del reo.

La Corte precisa che l’obbligo di motivazione è assolto anche quando il giudice usa espressioni sintetiche come “pena congrua” o “pena equa”, specialmente se la sanzione si attesta su livelli medi o prossimi al minimo. Una motivazione più dettagliata e specifica è richiesta solo quando la pena si discosta notevolmente dalla media edittale, avvicinandosi al massimo.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche per la Difesa

Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica. Chi intende impugnare una sentenza per questioni relative alla dosimetria della pena non può limitarsi a lamentare che la sanzione sia “eccessiva”. È necessario, invece, articolare un motivo di ricorso specifico, che si confronti punto per punto con la motivazione del giudice di merito e che dimostri una violazione di legge o un vizio logico manifesto nel suo ragionamento. La semplice affermazione di sproporzione, senza un’analisi critica della decisione impugnata, è destinata a scontrarsi con la declaratoria di inammissibilità, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.

È possibile contestare in Cassazione una pena ritenuta eccessiva?
Sì, ma solo se si riesce a dimostrare una violazione di legge o un vizio logico manifesto nella motivazione del giudice di merito. Non è sufficiente una critica generica sulla misura della pena, poiché la sua determinazione rientra nel potere discrezionale del giudice.

Quali elementi considera il giudice nella dosimetria della pena?
Il giudice deve tenere conto dei criteri indicati nell’art. 133 del codice penale, che includono la gravità del reato (natura, specie, mezzi, oggetto, tempo, luogo e modalità dell’azione) e la capacità a delinquere del colpevole (precedenti penali, condotta di vita, etc.).

Cosa succede se un ricorso per Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, come nel caso di specie, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, in assenza di una valida giustificazione per l’inammissibilità, anche al pagamento di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, il cui importo è stabilito dalla Corte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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