Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35655 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35655 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a PESCARA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/10/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo violazione di legge e vizio motivazionale in ordine alla dosimetria della pena, ritenendo che quella irrogata, sia eccessiva e non abbia adeguatamente tenuto conto degli indici di cui all’art. 133 cod. pen.
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
I motivi sopra richiamati sono manifestamente infondati, in quanto assolutamente privi di specificità in tutte le loro articolazioni e del tutto essertiv deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.
Il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente con la motivazione della Corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto -e pertanto immune da vizi di legittimità.
La motivazione in punto di dosimetria della pena nel provvedimento impugNOME è logica, coerente e corretta in punto di diritto (sull’onere motivazionale del giudice in ordine alla determinazione della pena cfr. Sez. 3, n. 29968 del 22/2/2019, COGNOME, Rv. 276288-01; Sez. 2, n. 36104 del 27/4/2017, COGNOME, Rv. 271243).
I giudici del gravame del merito, hanno dato infatti conto di avere valutato a tal fine, i numerosi precedenti penali da cui è gravato l’odierno ricorrente (come si ricorda a pag. 3 50 annotazioni complessive nel certificato penale, con plurime condanne per reati contro la persona) e della scarsa funzione risolcializzante delle esperienze giudiziarie pregresse.
L’obbligo motivazionale è dunque assolto laddove questa Corte di legittimità ha più volte precisato che la determinazione della pena tra il minimo ed il massimo edittale rientra, tra i poteri discrezionali del giudice di merito ed è insindacab nei casi in cui la pena sia applicata in misura media e, ancor più, se prossima al minimo, anche nel caso -che peraltro non è quello che ci occupa- in cui il giudicante si sia limitato a richiamare criteri di adeguatezza, di equità e simili, nei quali so impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. (così questa Sez. 4, n. 46412 d 5/11/2015, COGNOME, Rv. 265283; Sez. 4, n. 21294 del 20/3/2013, COGNOME, Rv. 256197; conf. Sez. 2, n. 28852 dela/5/2013, COGNOME e altro, Rv. 256464; Sez. 3, n. 10095 del 10/1/2013, COGNOME, Rv. 255153; Sez. 2, n. 36245 del 26/6/2009, COGNOME, Rv. 245596). E ancora di recente, è stato ribadito che la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale, per assolvere al relativo obbligo di motivazione, è sufficiente che dia conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. c
espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, come pure con il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (Sez. 2, n. 36104 del 27/4/2017, COGNOME ed altro, Rv. 271243).
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle mende.
Così deciso il 17/09/2024