Dosimetria della Pena: I Limiti del Sindacato della Cassazione
La corretta quantificazione della sanzione è un momento cruciale del processo penale. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sui limiti del proprio sindacato in materia di dosimetria della pena, chiarendo quando un ricorso che contesta la severità della condanna può essere considerato inammissibile. Questa decisione offre spunti importanti per comprendere i poteri discrezionali del giudice di merito e i confini del giudizio di legittimità.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello di Perugia. L’appellante lamentava, in sostanza, un’errata valutazione da parte del giudice nella determinazione della pena, contestando le scelte operate in sede di merito. Il ricorso mirava a ottenere una revisione della quantificazione della sanzione, ritenuta eccessivamente afflittiva.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Secondo i giudici supremi, le censure sollevate dal ricorrente non erano ammissibili nel giudizio di legittimità. Di conseguenza, la Corte ha condannato il ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro a favore della Cassa delle ammende, a titolo di sanzione pecuniaria.
Le Motivazioni: Il Principio della Discrezionalità nella Dosimetria della Pena
La Corte ha basato la propria decisione su un principio consolidato nella giurisprudenza penale: la dosimetria della pena rientra nei poteri ampiamente discrezionali del giudice di merito. Quest’ultimo, nel determinare la pena concreta da applicare, deve attenersi ai parametri indicati dall’articolo 133 del codice penale, che includono la gravità del reato e la capacità a delinquere del colpevole.
L’esercizio di questo potere discrezionale può essere sindacato in sede di legittimità solo in casi eccezionali. In particolare, la Cassazione può intervenire unicamente quando la determinazione della pena sia il risultato di “mero arbitrio o di ragionamento illogico”. Non è sufficiente, quindi, che la difesa prospetti una diversa e più favorevole valutazione degli elementi considerati dal giudice; è necessario dimostrare una palese irrazionalità o una totale assenza di motivazione.
Nel caso specifico, la Corte ha rilevato che il giudice di merito aveva correttamente motivato la sua decisione, escludendo in modo argomentato la sussistenza di elementi positivi che potessero giustificare la concessione delle attenuanti generiche previste dall’articolo 62-bis del codice penale. Poiché la valutazione era stata effettuata nel rispetto dei parametri legali e supportata da una motivazione congrua, non vi era spazio per un intervento correttivo da parte della Cassazione.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame ribadisce un concetto fondamentale per chi opera nel diritto penale: impugnare una sentenza in Cassazione contestando esclusivamente la quantificazione della pena è un’operazione complessa e dall’esito incerto. Per avere successo, non basta sostenere che la pena sia troppo severa, ma occorre provare che la decisione del giudice sia viziata da un’evidente illogicità o arbitrarietà. La decisione della Cassazione, dichiarando l’inammissibilità del ricorso e condannando il ricorrente a una sanzione pecuniaria, serve anche da monito contro la presentazione di ricorsi meramente dilatori o privi di fondamento giuridico, riaffermando la natura del giudizio di legittimità come controllo sulla corretta applicazione del diritto e non come un terzo grado di merito.
È possibile contestare in Cassazione la quantità della pena decisa da un giudice?
Sì, ma solo in casi limitati. È possibile farlo unicamente se la decisione del giudice è frutto di mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico, e non semplicemente perché si ritiene la pena troppo severa.
Perché il ricorso in questo caso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le critiche mosse alla sentenza riguardavano la valutazione discrezionale del giudice sulla pena, un’area in cui la Corte di Cassazione non può intervenire se l’esercizio di tale potere è stato motivato e non illogico, come nel caso di specie.
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
La persona che ha presentato il ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso, 3.000 euro) a favore della Cassa delle ammende, come sanzione pecuniaria, come previsto dall’art. 616 c.p.p.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 27276 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 27276 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/01/2023 della CORTE APPELLO di PERUGIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso proposto da NOME COGNOME avverso sentenza recante l’affermazione di responsabilità in ordine al reato ascritto è inammissibile, perché contenent censure non consentite nel giudizio di legittimità.
Giova rammentare che la valutazione dei vari elementi rilevanti ai fini dell dosimetria della pena rientra nei poteri discrezionali del giudice il cui esercizio effettuato nel rispetto dei parametri valutativi di cui all’art. 133 c.p., come nel di specie) è censurabile in cassazione solo quando sia frutto di mero arbitrio o d ragionamento illogico. Ciò che qui deve senz’altro escludersi (sez. 2, n.45312 del 03/11/2015; sez. 4 n.44815 del 23/10/2015), avendo il giudicante motivatamente escluso la sussistenza di elementi positivamente valutabili ai fini della concession delle attenuanti generiche ex art. 62-bis cod. pen.
Segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrerke al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di C 3.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 26 giugno 2024
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