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Dosimetria della pena: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso contro una sentenza di condanna, ribadendo che la valutazione sulla dosimetria della pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. L’intervento della Corte è possibile solo in caso di decisioni arbitrarie o illogiche, circostanze non riscontrate nel caso di specie, dove era stata motivatamente esclusa la concessione delle attenuanti generiche.

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Pubblicato il 4 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dosimetria della Pena: I Limiti del Sindacato della Cassazione

La corretta quantificazione della sanzione è un momento cruciale del processo penale. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sui limiti del proprio sindacato in materia di dosimetria della pena, chiarendo quando un ricorso che contesta la severità della condanna può essere considerato inammissibile. Questa decisione offre spunti importanti per comprendere i poteri discrezionali del giudice di merito e i confini del giudizio di legittimità.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello di Perugia. L’appellante lamentava, in sostanza, un’errata valutazione da parte del giudice nella determinazione della pena, contestando le scelte operate in sede di merito. Il ricorso mirava a ottenere una revisione della quantificazione della sanzione, ritenuta eccessivamente afflittiva.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Secondo i giudici supremi, le censure sollevate dal ricorrente non erano ammissibili nel giudizio di legittimità. Di conseguenza, la Corte ha condannato il ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro a favore della Cassa delle ammende, a titolo di sanzione pecuniaria.

Le Motivazioni: Il Principio della Discrezionalità nella Dosimetria della Pena

La Corte ha basato la propria decisione su un principio consolidato nella giurisprudenza penale: la dosimetria della pena rientra nei poteri ampiamente discrezionali del giudice di merito. Quest’ultimo, nel determinare la pena concreta da applicare, deve attenersi ai parametri indicati dall’articolo 133 del codice penale, che includono la gravità del reato e la capacità a delinquere del colpevole.

L’esercizio di questo potere discrezionale può essere sindacato in sede di legittimità solo in casi eccezionali. In particolare, la Cassazione può intervenire unicamente quando la determinazione della pena sia il risultato di “mero arbitrio o di ragionamento illogico”. Non è sufficiente, quindi, che la difesa prospetti una diversa e più favorevole valutazione degli elementi considerati dal giudice; è necessario dimostrare una palese irrazionalità o una totale assenza di motivazione.

Nel caso specifico, la Corte ha rilevato che il giudice di merito aveva correttamente motivato la sua decisione, escludendo in modo argomentato la sussistenza di elementi positivi che potessero giustificare la concessione delle attenuanti generiche previste dall’articolo 62-bis del codice penale. Poiché la valutazione era stata effettuata nel rispetto dei parametri legali e supportata da una motivazione congrua, non vi era spazio per un intervento correttivo da parte della Cassazione.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in esame ribadisce un concetto fondamentale per chi opera nel diritto penale: impugnare una sentenza in Cassazione contestando esclusivamente la quantificazione della pena è un’operazione complessa e dall’esito incerto. Per avere successo, non basta sostenere che la pena sia troppo severa, ma occorre provare che la decisione del giudice sia viziata da un’evidente illogicità o arbitrarietà. La decisione della Cassazione, dichiarando l’inammissibilità del ricorso e condannando il ricorrente a una sanzione pecuniaria, serve anche da monito contro la presentazione di ricorsi meramente dilatori o privi di fondamento giuridico, riaffermando la natura del giudizio di legittimità come controllo sulla corretta applicazione del diritto e non come un terzo grado di merito.

È possibile contestare in Cassazione la quantità della pena decisa da un giudice?
Sì, ma solo in casi limitati. È possibile farlo unicamente se la decisione del giudice è frutto di mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico, e non semplicemente perché si ritiene la pena troppo severa.

Perché il ricorso in questo caso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le critiche mosse alla sentenza riguardavano la valutazione discrezionale del giudice sulla pena, un’area in cui la Corte di Cassazione non può intervenire se l’esercizio di tale potere è stato motivato e non illogico, come nel caso di specie.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
La persona che ha presentato il ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso, 3.000 euro) a favore della Cassa delle ammende, come sanzione pecuniaria, come previsto dall’art. 616 c.p.p.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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