Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 37255 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
Penale Ord. Sez. 7 Num. 37255 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/10/2025
SETTIMA SEZIONE PENALE
NOME DI COGNOME
– Relatore – ha pronunciato la seguente
Sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Palermo il DATA_NASCITA, avverso la sentenza della Corte di appello di Palermo del 17/02/2025 visti gli atti e la sentenza impugnata; dato avviso alle parti; esaminati i motivi del ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME,
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Con sentenza del 17/02/2025, la Corte di appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Palermo del 16/02/2023, che aveva condannato NOME COGNOME alla pena di anni 1 e mesi 2 di reclusione e alla pena accessoria dell’interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese per 1 anno per i reati di cui agli artt. 5 e 10 d. lgs. 74/2000, riduceva a mesi 7 la durata della pena accessoria inflitta all’imputato.
Avverso tale sentenza l’imputato propone ricorso per cassazione.
3.1. Con il primo motivo lamenta violazione dell’articolo 133 cod. pen. per non avere i giudici riconosciuto il minimo edittale assoluto.
3.2. Con il secondo motivo lamenta il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
3.3. Con il terzo motivo lamenta violazione degli artt. 157 e 161 cod. pen., 17 d. lgs. 74/2000, per non avere dichiarato la prescrizione dei reati.
Il ricorso Ł inammissibile.
3.1. Il primo e il secondo motivo sono manifestamente infondati in quanto contrastano con la consolidata giurisprudenza della Corte.
3.1.1. Quanto alla dosimetria della pena, il Collegio rammenta che la graduazione del trattamento sanzionatorio, in generale, anche in relazione agli aumenti e alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, che lo esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen..
Per assolvere al relativo obbligo di motivazione, Ł sufficiente che il giudice dia conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. con espressioni del tipo: «pena congrua», «pena equa» o «congruo aumento», come pure con il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura
Ord. n. sez. 15190/2025
CC – 31/10/2025
R.G.N. 16713NUMERO_DOCUMENTO
media di quella edittale
Nel giudizio di cassazione Ł dunque inammissibile la censura che miri ad una nuova valutazione della congruità della pena, la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 2, n. 39716 del 12/07/2018, COGNOME, Rv. 273819, in motivazione; Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243; Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259142; Sez. 1, n. 24213 del 13/03/2013, COGNOME, Rv. 255825; da ultimo v. Sez. 2, n. 1929 del 16/12/2020, dep. 2021, COGNOME, non mass.), come occorso nel caso in esame, in cui la pena per il reato piø grave Ł stata contenuta nella misura del minimo edittale e con un piccolo aumento per la continuazione.
La doglianza Ł quindi manifestamente infondata.
3.1.2. Quanto alle circostanze atipiche, la Corte territoriale, a pagina 8, ha motivato ampiamente il diniego in modo non manifestamente illogico, ritenendo di non poter ravvisare positivi elementi di valutazione per il loro riconoscimento, sottolineando, nel contempo, la natura elusiva dell’occultamento della contabilità rispetto agli accertamenti fiscali.
La sentenza fa buon governo del principio consolidato secondo cui le attenuanti generiche non possono essere intese come oggetto di benevola e discrezionale «concessione» del giudice, ma come il riconoscimento di situazioni non contemplate specificamente, non comprese cioŁ tra le circostanze da valutare ai sensi dell’art. 133 cod. pen., che presentano tuttavia connotazioni tanto rilevanti e speciali da esigere una piø incisiva, particolare, considerazione ai fini della quantificazione della pena” (cfr., Sez. 2, n. 14307 del 14.3.2017, COGNOME; Sez. 2, n. 30228 del 5.6.2014, COGNOME); il loro riconoscimento non costituisce, pertanto, un diritto dell’imputato, conseguente all’assenza di elementi negativi, ma richiede elementi di segno positivo (v. ex multis sez. 3, n. 24128 del 18/3/2021, COGNOME Crescenzo, Rv. 281590; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, n.m.); inoltre, stante la ratio della disposizione di cui all’art. 62bis cod. pen., al giudice di merito non Ł richiesto di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, essendo sufficiente l’indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti (sez. 2 n. 3896 del 20/1/2016, Rv. 265826; sez. 7 n. 39396 del 27/5/2016, Rv. 268475; sez. 4 n. 23679 del 23/4/2013, Rv. 256201).
3.3. Il terzo motivo Ł manifestamente infondato.
3.3.1. Quanto al delitto di cui all’articolo 5 d. lgs. 74/2000 riferito all’annualità di imposta 2015, il termine massimo di prescrizione decennale, operato l’aumento di cui all’articolo 17, comma 1bis , d. lgs. 74/2000, non maturerà prima del 30 settembre 2026.
3.3.2. Quanto al delitto di cui all’articolo 10 d. lgs. 74/2000, il Collegio osserva che secondo la sedimentata giurisprudenza della corte – la condotta può consistere sia nella distruzione che nell’occultamento delle scritture contabili o dei documenti di cui Ł obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari, con conseguenze diverse rispetto al momento consumativo, giacchØ la distruzione realizza un’ipotesi di reato istantaneo, che si consuma con la soppressione della documentazione, mentre l’occultamento – consistente nella temporanea o definitiva indisponibilità della documentazione da parte degli organi verificatori – costituisce un reato permanente, che si protrae sino al momento dell’accertamento fiscale, dal quale soltanto inizia a decorre il termine di prescrizione (Sez. 3, n. 14461 del 25/05/2016, COGNOME, Rv. 269898; Sez. 3, n. 38376 del 09/07/2015, Palermo, Rv. 264676; Sez. 3, n. 5974 del 05/12/2012, Rv. 254425; Sez. 3, n. 3055 del 14/11/2007, COGNOME, Rv. 238612).
Nel caso in esame, in cui Ł contestato l’occultamento, il termine prescrizionale decorre quindi dal 21 gennaio 2019, data dell’accertamento, con la conseguenza che il termine
massimo di prescrizione non Ł maturato.
Non può quindi che concludersi nel senso dell’inammissibilità del ricorso.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonchØ quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così Ł deciso, 31/10/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME