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Dosimetria della pena: quando è inammissibile il ricorso

Un imputato ha contestato la sua condanna per resistenza e lesioni, ritenendo la pena eccessiva. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, affermando che le critiche sulla dosimetria della pena, basate su valutazioni di merito, non sono ammesse in sede di legittimità. La Corte ha ritenuto logica la motivazione della sentenza d’appello, sottolineando che una pena base fissata nella fascia bassa della forbice edittale non richiede una giustificazione rafforzata.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dosimetria della Pena: i Limiti del Ricorso per Cassazione

La determinazione della giusta pena è uno dei momenti più delicati del processo penale. Ma cosa succede quando un imputato ritiene la condanna eccessiva? Un’ordinanza della Corte di Cassazione ci offre l’occasione per analizzare i limiti entro cui è possibile contestare la dosimetria della pena in sede di legittimità. Il caso riguarda un uomo condannato per resistenza a pubblico ufficiale e lesioni, che ha visto il suo ricorso respinto perché basato su critiche non ammesse davanti alla Suprema Corte.

Il Contesto del Ricorso: Resistenza e Lesioni

Il ricorrente era stato condannato in primo grado e in appello per i reati di cui agli articoli 337 (resistenza a un pubblico ufficiale) e 582-585 (lesioni personali aggravate) del codice penale. L’imputato ha deciso di presentare ricorso per Cassazione, lamentando un vizio di motivazione da parte della Corte d’Appello riguardo alla quantificazione della pena inflitta. Secondo la sua difesa, la pena era sproporzionata e ingiustificata.

La Decisione della Cassazione sulla Dosimetria della Pena

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato nel nostro ordinamento: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. Vediamo nel dettaglio le ragioni.

Le Doglianze di Fatto e l’Inammissibilità

I giudici supremi hanno chiarito che i motivi del ricorso erano costituiti da ‘mere doglianze in punto di fatto’. In altre parole, l’imputato non contestava un’errata applicazione della legge o un vizio logico nella motivazione, ma cercava di ottenere una nuova e diversa valutazione della gravità del suo comportamento. Questo tipo di richiesta esula dalle competenze della Corte di Cassazione, il cui compito è assicurare l’osservanza della legge e non riesaminare i fatti.

La Congruità della Pena Base

La Corte ha inoltre osservato che la motivazione della Corte d’Appello era completa e logicamente ineccepibile. La pena base per il reato più grave (resistenza a pubblico ufficiale) era stata fissata in un anno di reclusione, una misura che si colloca nella fascia bassa della forbice edittale (che va da sei mesi a cinque anni). Questo aspetto è cruciale per comprendere le conclusioni della Corte.

Le Motivazioni della Corte

La decisione della Cassazione si sofferma su due aspetti fondamentali: la valutazione del comportamento dell’imputato e l’obbligo di motivazione per il giudice.

Valutazione del Comportamento dell’Imputato

La Corte d’Appello aveva giustamente attribuito ‘il dovuto rilievo al comportamento violento e incivile dell’imputato’, che si era dimostrato ‘del tutto incapace di controllare la propria aggressività’ anche nei confronti di un agente di polizia giudiziaria. La gravità del contegno e le sue conseguenze sono state quindi considerate elementi sufficienti a giustificare sia la pena inflitta sia l’esclusione delle attenuanti generiche.

L’Obbligo di Motivazione Rafforzata

Richiamando un precedente giurisprudenziale (Sez. 5, n. 35100 del 2019), la Corte ribadisce un principio importante: una motivazione specifica e dettagliata sui criteri di dosimetria della pena (elencati nell’art. 133 c.p.) è necessaria solo quando il giudice irroga una pena base pari o superiore al medio edittale. Poiché in questo caso la pena era ben al di sotto della media, la motivazione fornita dalla Corte d’Appello è stata ritenuta adeguata e congrua.

Le Conclusioni: Quando il Ricorso sulla Pena è Inutile

L’ordinanza in esame conferma che tentare di rimettere in discussione la dosimetria della pena davanti alla Cassazione attraverso critiche di merito è una strategia destinata a fallire. La valutazione della congruità della pena è una prerogativa del giudice di merito, e il suo giudizio è insindacabile in sede di legittimità se sorretto da una motivazione logica e non contraddittoria.

Implicazioni Pratiche per la Difesa

Per gli avvocati, questa decisione ribadisce la necessità di concentrare i ricorsi per Cassazione su vizi di legittimità, come l’errata interpretazione di una norma o una manifesta illogicità del ragionamento del giudice, evitando censure che implichino una nuova valutazione dei fatti. L’inammissibilità del ricorso comporta non solo la definitività della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria, in questo caso quantificata in tremila euro.

È possibile contestare in Cassazione la quantità della pena decisa dal giudice di merito?
No, non è possibile se la contestazione si basa su mere valutazioni di fatto (doglianze in punto di fatto). Il ricorso in Cassazione è ammissibile solo per vizi di legge o motivazione illogica o assente, non per rimettere in discussione l’apprezzamento del giudice sulla gravità del reato.

Quando il giudice è obbligato a motivare in modo specifico la scelta della pena?
Secondo la sentenza, una motivazione specifica e dettagliata sui criteri dell’art. 133 cod. pen. è necessaria solo quando la pena base inflitta è pari o superiore al medio edittale previsto dalla legge per quel reato. Per pene inferiori alla media, una motivazione più sintetica è sufficiente.

Cosa succede se il ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Se il ricorso è dichiarato inammissibile, la condanna diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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