Dosimetria della Pena: i Limiti del Ricorso per Cassazione
La determinazione della giusta pena è uno dei momenti più delicati del processo penale. Ma cosa succede quando un imputato ritiene la condanna eccessiva? Un’ordinanza della Corte di Cassazione ci offre l’occasione per analizzare i limiti entro cui è possibile contestare la dosimetria della pena in sede di legittimità. Il caso riguarda un uomo condannato per resistenza a pubblico ufficiale e lesioni, che ha visto il suo ricorso respinto perché basato su critiche non ammesse davanti alla Suprema Corte.
Il Contesto del Ricorso: Resistenza e Lesioni
Il ricorrente era stato condannato in primo grado e in appello per i reati di cui agli articoli 337 (resistenza a un pubblico ufficiale) e 582-585 (lesioni personali aggravate) del codice penale. L’imputato ha deciso di presentare ricorso per Cassazione, lamentando un vizio di motivazione da parte della Corte d’Appello riguardo alla quantificazione della pena inflitta. Secondo la sua difesa, la pena era sproporzionata e ingiustificata.
La Decisione della Cassazione sulla Dosimetria della Pena
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato nel nostro ordinamento: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. Vediamo nel dettaglio le ragioni.
Le Doglianze di Fatto e l’Inammissibilità
I giudici supremi hanno chiarito che i motivi del ricorso erano costituiti da ‘mere doglianze in punto di fatto’. In altre parole, l’imputato non contestava un’errata applicazione della legge o un vizio logico nella motivazione, ma cercava di ottenere una nuova e diversa valutazione della gravità del suo comportamento. Questo tipo di richiesta esula dalle competenze della Corte di Cassazione, il cui compito è assicurare l’osservanza della legge e non riesaminare i fatti.
La Congruità della Pena Base
La Corte ha inoltre osservato che la motivazione della Corte d’Appello era completa e logicamente ineccepibile. La pena base per il reato più grave (resistenza a pubblico ufficiale) era stata fissata in un anno di reclusione, una misura che si colloca nella fascia bassa della forbice edittale (che va da sei mesi a cinque anni). Questo aspetto è cruciale per comprendere le conclusioni della Corte.
Le Motivazioni della Corte
La decisione della Cassazione si sofferma su due aspetti fondamentali: la valutazione del comportamento dell’imputato e l’obbligo di motivazione per il giudice.
Valutazione del Comportamento dell’Imputato
La Corte d’Appello aveva giustamente attribuito ‘il dovuto rilievo al comportamento violento e incivile dell’imputato’, che si era dimostrato ‘del tutto incapace di controllare la propria aggressività’ anche nei confronti di un agente di polizia giudiziaria. La gravità del contegno e le sue conseguenze sono state quindi considerate elementi sufficienti a giustificare sia la pena inflitta sia l’esclusione delle attenuanti generiche.
L’Obbligo di Motivazione Rafforzata
Richiamando un precedente giurisprudenziale (Sez. 5, n. 35100 del 2019), la Corte ribadisce un principio importante: una motivazione specifica e dettagliata sui criteri di dosimetria della pena (elencati nell’art. 133 c.p.) è necessaria solo quando il giudice irroga una pena base pari o superiore al medio edittale. Poiché in questo caso la pena era ben al di sotto della media, la motivazione fornita dalla Corte d’Appello è stata ritenuta adeguata e congrua.
Le Conclusioni: Quando il Ricorso sulla Pena è Inutile
L’ordinanza in esame conferma che tentare di rimettere in discussione la dosimetria della pena davanti alla Cassazione attraverso critiche di merito è una strategia destinata a fallire. La valutazione della congruità della pena è una prerogativa del giudice di merito, e il suo giudizio è insindacabile in sede di legittimità se sorretto da una motivazione logica e non contraddittoria.
Implicazioni Pratiche per la Difesa
Per gli avvocati, questa decisione ribadisce la necessità di concentrare i ricorsi per Cassazione su vizi di legittimità, come l’errata interpretazione di una norma o una manifesta illogicità del ragionamento del giudice, evitando censure che implichino una nuova valutazione dei fatti. L’inammissibilità del ricorso comporta non solo la definitività della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria, in questo caso quantificata in tremila euro.
È possibile contestare in Cassazione la quantità della pena decisa dal giudice di merito?
No, non è possibile se la contestazione si basa su mere valutazioni di fatto (doglianze in punto di fatto). Il ricorso in Cassazione è ammissibile solo per vizi di legge o motivazione illogica o assente, non per rimettere in discussione l’apprezzamento del giudice sulla gravità del reato.
Quando il giudice è obbligato a motivare in modo specifico la scelta della pena?
Secondo la sentenza, una motivazione specifica e dettagliata sui criteri dell’art. 133 cod. pen. è necessaria solo quando la pena base inflitta è pari o superiore al medio edittale previsto dalla legge per quel reato. Per pene inferiori alla media, una motivazione più sintetica è sufficiente.
Cosa succede se il ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Se il ricorso è dichiarato inammissibile, la condanna diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23342 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23342 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
VENDITTO NOME nato a TORRE ANNUNZIATA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/09/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; dato avviso alle parti; esaminati i motivi del ricorso di COGNOME NOME;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che i motivi dedotti nel ricorso avverso la condanna per i reati di cui agli artt. 337, 582-585-61 n. 2 cod. pen. non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità, perché costituiti da mere doglianze in punto di fatto ed incentrati sulla denuncia del vizio di omessa motivazione che la lettura del provvedimento impugnato rivela essere completa e logicamente ineccepibile. Invero, in relazione alla dosimetria della pena irrogata, la Corte territoriale ha, in modo non illogico, ritenuto la congruità della misura irrogata in primo grado ai sensi dell’art. 133 cod. pen. dovendo “essere attribuito il dovuto rilievo al comportamento violento e incivile dell’imputato, dimostratosi del tutto incapace di controllare la propria aggressività anche nei riguardi di un agente appartenente ad un corpo di P.G.”; peraltro per il reato di cui all’art. 337 cod. pen., ritenuto più grave nell’ambito della continuazione, la pena base è stata fissata in anni uno di reclusione, misura che si colloca nella fascia bassa dell’editto sanzionatorio della fattispecie (che va da sei mesi a cinque anni); risulta dunque rispettato il principio secondo cui una specifica motivazione in ordine ai criteri soggettivi ed oggettivi elencati dall’art. 133 cod. pen., valutati ed apprezzati tenendo conto della funzione rieducativa, retributiva e preventiva della pena, è necessaria solo quando venga irrogata una pena base pari o superiore al medio edittale (Sez. 5, n. 35100 del 27/06/2019, Torre, Rv. 276932 – 01). L’esclusione delle attenuanti generiche, così come la conferma dell’aumento a titolo di continuazione (con l’eliminazione dell’incremento erroneamente operato in primo grado per l’aggravante di cui all’art. 61, n. 2. cod. pen. non contestato per il delitto ex art. 337 cod. pen.), sono state congruamente motivate richiamando la gravità del contegno tenuto dall’imputato e le conseguenze che ne sono scaturite. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Considerato che all’inammissibilità dell’impugnazione segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, che si ritiene conforme a giustizia liquidare come in dispositivo.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 31 maggio 2024
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