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Dosimetria della pena: quando è inammissibile il ricorso

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un’imputata condannata per tentato furto aggravato, che contestava unicamente la quantificazione della pena. La decisione ribadisce che la dosimetria della pena è un potere discrezionale del giudice di merito e non può essere riesaminata in sede di legittimità se la motivazione è logica e immune da vizi, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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Pubblicato il 24 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dosimetria della pena: i limiti al ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale del nostro ordinamento processuale penale: la dosimetria della pena, ovvero la quantificazione della sanzione, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito e non può essere oggetto di una nuova valutazione in sede di legittimità, se non in casi eccezionali. Questa pronuncia offre l’occasione per chiarire i confini del sindacato della Suprema Corte sulle decisioni relative all’entità della condanna.

I Fatti di Causa

Il caso in esame riguarda una persona condannata in appello per il reato di tentato furto aggravato. L’imputata ha deciso di presentare ricorso in Cassazione, non contestando la sua colpevolezza, ma unicamente l’entità della pena inflitta, ritenendola eccessiva. L’unico motivo del ricorso verteva, quindi, sulla concreta dosimetria della pena applicata dalla Corte d’Appello.

La Decisione della Cassazione sulla dosimetria della pena

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un orientamento consolidato secondo cui la graduazione della pena è espressione della discrezionalità del giudice di merito. Quest’ultimo esercita tale potere basandosi sui principi stabiliti dagli articoli 132 e 133 del codice penale, che impongono di valutare la gravità del reato e la capacità a delinquere del colpevole.

Un ricorso in Cassazione che si limiti a criticare la congruità della pena, senza evidenziare vizi logici o violazioni di legge nella motivazione del giudice, si traduce in una richiesta di un nuovo giudizio di merito, che è precluso in sede di legittimità. Il ruolo della Cassazione, infatti, è quello di verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione, non di sostituire la propria valutazione a quella dei giudici dei gradi precedenti.

Le Motivazioni della Decisione

Nel motivare la propria decisione, la Corte ha sottolineato come i giudici d’appello avessero fornito una giustificazione logica e non manifestamente illogica per la pena comminata. In particolare, la Corte territoriale aveva correttamente bilanciato le circostanze, concedendo le attenuanti generiche e ritenendole equivalenti alle aggravanti contestate. Questo processo logico aveva portato a una sanzione comunque vicina al minimo previsto dalla legge per quel tipo di reato.

Di conseguenza, non essendoci alcun vizio di “carenza grafica della motivazione” né illogicità, la censura dell’imputata è stata giudicata inammissibile. Come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale, l’inammissibilità del ricorso ha comportato la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.

Conclusioni

Questa ordinanza conferma che la strategia difensiva di impugnare una sentenza in Cassazione basandosi esclusivamente su una presunta eccessività della pena è, nella maggior parte dei casi, destinata al fallimento. Per poter ottenere un annullamento, è necessario dimostrare che il giudice di merito ha commesso un errore di diritto nell’applicare i criteri di cui agli artt. 132 e 133 c.p. o che la sua motivazione è palesemente illogica o contraddittoria. Al contrario, una richiesta di semplice ‘ricalcolo’ della pena, basata su una diversa ponderazione degli elementi di fatto, non troverà accoglimento presso la Suprema Corte.

È possibile contestare in Cassazione la quantità della pena decisa dal giudice?
No, di regola non è possibile. La dosimetria della pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Il ricorso in Cassazione è inammissibile se mira semplicemente a una nuova valutazione della congruità della pena, a meno che non si denunci un vizio logico palese o una violazione di legge nella motivazione del giudice.

Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
A norma dell’art. 616 del codice di procedura penale, la persona che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. In questo caso, la somma è stata fissata in tremila euro.

Come ha giustificato il giudice di merito la pena inflitta in questo caso?
Il giudice ha determinato la pena concedendo le circostanze attenuanti generiche e ritenendole equivalenti alle aggravanti contestate. La Corte di Cassazione ha considerato questa valutazione logica e immune da vizi, sottolineando che la sanzione finale era comunque prossima al minimo previsto dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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