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Dosimetria della pena: quando è inammissibile il ricorso

Un imputato, condannato per furto pluriaggravato, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando l’eccessività della sanzione. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che la dosimetria della pena è una valutazione discrezionale del giudice di merito. Un ricorso su questo punto è possibile solo se la motivazione è palesemente illogica o arbitraria, circostanze non riscontrate nel caso di specie, dove la pena era giustificata dalla gravità dei fatti, dall’intensità del dolo e dal danno alle vittime.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dosimetria della Pena: La Discrezionalità del Giudice e i Limiti del Ricorso

L’ordinanza in esame offre un importante chiarimento sui limiti del sindacato della Corte di Cassazione in materia di dosimetria della pena. La Suprema Corte ha affrontato il caso di un ricorso avverso una condanna per furto pluriaggravato, in cui l’imputato lamentava l’eccessività della sanzione applicata. La decisione finale, dichiarando inammissibile il ricorso, riafferma un principio cardine del nostro sistema processuale: la quantificazione della pena è una prerogativa del giudice di merito, censurabile in sede di legittimità solo in casi eccezionali.

Il caso: Ricorso contro una condanna per furto aggravato

L’imputato, condannato in primo e secondo grado per furto pluriaggravato e tentato furto pluriaggravato, ha proposto ricorso per cassazione. Il fulcro delle sue doglianze era il vizio di motivazione relativo al trattamento sanzionatorio. In particolare, la difesa sosteneva che la pena inflitta fosse eccessiva e che l’aumento calcolato a titolo di continuazione tra i reati fosse il risultato di una motivazione manifestamente illogica e contraddittoria.

Le doglianze difensive

La difesa non contestava i fatti, ma si concentrava esclusivamente sulla congruità della pena. Secondo il ricorrente, i giudici di merito non avrebbero adeguatamente giustificato la scelta di una pena così aspra, né l’entità dell’aumento per la continuazione, violando così i principi che regolano la discrezionalità del giudice in questa materia.

La decisione sulla dosimetria della pena: Il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha respinto le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. Secondo gli Ermellini, la decisione della Corte d’Appello era sorretta da un apparato argomentativo solido e coerente. I giudici di merito avevano infatti illustrato in modo esauriente le ragioni della loro scelta, sia per quanto riguarda la pena base sia per l’aumento per la continuazione.

Le motivazioni: il Principio della Discrezionalità del Giudice di Merito

La Corte ha ribadito che la dosimetria della pena è una questione rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito. Questo principio è codificato nell’art. 132 del codice penale, il quale affida al giudice il compito di determinare il quantum della pena da infliggere, entro i limiti di legge. Tale scelta deve essere compiuta sulla base dei parametri indicati dall’art. 133 c.p., che includono:

* La gravità dei fatti.
* L’intensità del dolo.
* L’entità dei danni arrecati alle persone offese.

Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva correttamente ponderato questi elementi per giustificare la propria decisione. Di conseguenza, una censura che mira a ottenere in sede di legittimità una nuova valutazione sulla congruità della pena è inammissibile. L’intervento della Cassazione è consentito solo qualora la determinazione della pena sia frutto di mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico, circostanze che non ricorrevano nel caso esaminato. La Corte ha richiamato un suo precedente consolidato (Sez. 5, n. 5582 del 2014), che conferma come il giudizio di cassazione non possa trasformarsi in una terza istanza di merito.

Le conclusioni: Implicazioni pratiche della pronuncia

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale pacifico e di fondamentale importanza pratica. Chi intende impugnare una sentenza per l’eccessività della pena deve essere consapevole che non è sufficiente lamentare la severità della sanzione. È necessario, invece, dimostrare un vero e proprio vizio logico nella motivazione del giudice, un’argomentazione che si riveli irragionevole o arbitraria. La Corte di Cassazione non è un “terzo grado” di giudizio dove si possono rivalutare i fatti o la congruità della pena, ma un giudice di legittimità che vigila sulla corretta applicazione della legge e sulla coerenza logica delle decisioni. Pertanto, un ricorso focalizzato unicamente sul disaccordo con la pena inflitta, senza evidenziare un palese errore nel ragionamento del giudice, è destinato all’inammissibilità, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

È possibile ricorrere in Cassazione se si ritiene che la pena inflitta sia troppo alta?
No, non semplicemente perché si ritiene la pena eccessiva. Il ricorso è ammissibile solo se la decisione del giudice sulla quantificazione della pena è frutto di mero arbitrio o di un ragionamento manifestamente illogico, e non se è semplicemente una valutazione discrezionale con cui non si concorda.

Quali criteri usa il giudice per decidere l’entità della pena?
Il giudice deve basare la sua scelta discrezionale sui parametri indicati dall’art. 133 del codice penale. Nel caso specifico, sono stati considerati la gravità dei fatti, l’intensità del dolo (l’intenzione criminale) e l’entità dei danni arrecati alle vittime.

Cosa succede se il ricorso per cassazione viene dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna definitiva della sentenza impugnata e obbliga il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle Ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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