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Dosimetria della pena: no attenuanti se grave

La Corte di Cassazione conferma la condanna per guida senza patente, rigettando il ricorso incentrato sulla dosimetria della pena. La sentenza sottolinea che, in assenza di elementi positivi e di fronte a una violazione non di lieve entità, è corretta la decisione dei giudici di merito di non concedere le circostanze attenuanti generiche e di commisurare una pena adeguata alla gravità del fatto.

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Pubblicato il 5 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dosimetria della pena: quando la gravità del reato esclude le attenuanti

La corretta dosimetria della pena è un principio cardine del nostro ordinamento penale, che impone al giudice di calibrare la sanzione in base alla gravità del fatto e alla personalità del reo. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito l’importanza di questo principio, confermando la decisione di una Corte d’Appello che aveva negato la concessione delle attenuanti generiche a un imputato condannato per guida senza patente.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una sentenza del Tribunale di Ragusa, che aveva dichiarato un soggetto responsabile della contravvenzione prevista dall’art. 116, commi 15 e 17, del Codice della Strada. La condanna era stata fissata in quattro mesi di arresto e 2.000,00 euro di ammenda, con sostituzione della pena detentiva e una sanzione finale di 3.200,00 euro.

La Corte di Appello di Catania, investita del caso, aveva confermato la sentenza di primo grado. In particolare, i giudici di secondo grado avevano rigettato il motivo di appello relativo alla commisurazione della pena e alla richiesta di concessione delle circostanze attenuanti generiche. La Corte territoriale aveva infatti ritenuto che la violazione commessa non potesse essere considerata di lieve entità o modesta gravità, giustificando così la pena inflitta e sottolineando l’assenza di elementi positivi valutabili ai sensi dell’art. 62bis del codice penale.

Il Ricorso in Cassazione e l’errata contestazione

L’imputato, tramite il proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione, lamentando una presunta mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. La difesa ha sostenuto che la Corte d’Appello avesse erroneamente giudicato l’imputato per un reato diverso da quello originariamente contestato, violando il principio di correlazione tra accusa e sentenza. Nello specifico, la difesa ha fatto riferimento alla fattispecie di guida in stato di ebbrezza (art. 186 C.d.S.), mentre la condanna riguardava la guida senza patente (art. 116 C.d.S.).

Le Motivazioni della Cassazione sulla Dosimetria della Pena

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso infondato, smontando le argomentazioni della difesa. I giudici supremi hanno chiarito che il nucleo della decisione della Corte d’Appello riguardava esclusivamente la questione della dosimetria della pena e la mancata concessione delle attenuanti generiche. Questi erano, infatti, gli unici punti sollevati nell’atto di appello.

La Corte ha evidenziato come la valutazione dei giudici di merito fosse stata corretta. La violazione accertata non era stata ritenuta di lieve entità, e mancavano elementi positivi che potessero giustificare una riduzione della pena tramite le attenuanti generiche. La decisione sulla dosimetria della pena era, quindi, immune da vizi logici o giuridici, in quanto basata su una valutazione concreta della gravità della condotta tenuta dall’imputato.

Il riferimento della difesa a un presunto reato diverso è stato considerato irrilevante e non pertinente, poiché la condanna era stata chiaramente pronunciata per la violazione dell’art. 116 del Codice della Strada, come contestato fin dall’inizio del procedimento.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: la concessione delle circostanze attenuanti generiche non è un atto dovuto, ma una facoltà discrezionale del giudice, che deve essere esercitata sulla base di elementi concreti e positivi. La gravità del comportamento, anche nel contesto di una contravvenzione stradale, può legittimamente portare all’esclusione di qualsiasi beneficio. La valutazione sulla dosimetria della pena, se motivata in modo logico e coerente con le risultanze processuali, non è sindacabile in sede di legittimità. Il caso dimostra come il ricorso in Cassazione debba concentrarsi su vizi di legge e non su una riconsiderazione del merito delle valutazioni operate dai giudici delle precedenti istanze.

Perché la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso?
La Corte ha ritenuto il ricorso infondato perché la Corte d’Appello aveva correttamente motivato la sua decisione sulla dosimetria della pena e sulla mancata concessione delle attenuanti generiche, che erano gli unici punti sollevati in appello. La valutazione sulla gravità del fatto è stata considerata logica e coerente.

La gravità di una violazione al Codice della Strada può giustificare il diniego delle attenuanti generiche?
Sì, secondo la sentenza, la violazione accertata non poteva essere considerata di lieve entità o modesta gravità. Questa valutazione, unita all’assenza di altri elementi positivi, ha legittimato la decisione del giudice di non concedere le circostanze attenuanti generiche previste dall’art. 62bis del codice penale.

Qual era l’argomento principale del ricorso presentato dall’imputato?
L’imputato ha lamentato la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, sostenendo che la Corte d’Appello lo avesse giudicato per un reato diverso (guida in stato di ebbrezza) da quello originariamente contestato (guida senza patente), violando così il principio di correlazione tra accusa e sentenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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