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Dosimetria della pena: motivazione e limiti del giudice

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso contro una condanna, focalizzandosi sulla corretta dosimetria della pena. La decisione sottolinea che, quando la pena inflitta è vicina al minimo edittale, il giudice non è tenuto a una motivazione analitica, essendo sufficiente un richiamo a criteri di congruità. Il ricorso è stato respinto perché generico e non in grado di scalfire la logica motivazione della Corte d’Appello, che aveva considerato la gravità dei fatti e la pericolosità sociale dell’imputato, derivante da un lungo percorso criminale.

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Pubblicato il 19 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

La dosimetria della pena: obbligo di motivazione e discrezionalità del Giudice

La determinazione della giusta pena è uno dei compiti più delicati del giudice penale. La dosimetria della pena rappresenta quel processo logico-giuridico attraverso cui si quantifica la sanzione da infliggere al colpevole di un reato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 35680/2024, offre importanti chiarimenti sui limiti dell’obbligo di motivazione del giudice in questa fase, specialmente quando la pena si discosta di poco dal minimo previsto dalla legge.

I Fatti del Caso

Un imputato proponeva ricorso in Cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello che lo aveva condannato per reati in materia di stupefacenti e armi. Il ricorrente lamentava una pena eccessiva, sostenendo che i giudici di merito non avessero adeguatamente considerato le sue argomentazioni difensive, quali l’indole mite, il disagio economico e la difficoltà di reinserimento sociale.

La difesa chiedeva quindi l’annullamento della sentenza impugnata, ritenendo la pena sproporzionata e la motivazione carente.

La Decisione della Corte e la dosimetria della pena

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, giudicandolo manifestamente infondato e del tutto assertivo. Secondo gli Ermellini, il ricorrente non si era confrontato in modo specifico con le ragioni, logiche e congrue, esposte dalla Corte d’Appello.

I giudici di legittimità hanno evidenziato come la motivazione della sentenza impugnata fosse corretta sia sul piano logico che giuridico, e quindi immune da vizi. La Corte d’Appello aveva infatti bilanciato correttamente tutti gli elementi a disposizione.

La valutazione dei giudici di merito

Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, i giudici del gravame avevano preso in esame gli elementi favorevoli all’imputato (disagio economico, esperienza carceraria, etc.), ritenendoli però “decisamente travolti” da altri fattori di segno opposto. In particolare, è stato valorizzato lo “spessore del percorso criminale” dell’imputato, un soggetto con un’esperienza criminale trentennale in materia di stupefacenti e armi, con pesanti condanne passate. Questo profilo delineava un’indole delinquenziale e una capacità criminale allarmanti, confermate anche dalla contiguità mai interrotta con ambienti criminali e dall’ingente quantitativo di sostanze illecite detenute.

Le Motivazioni sulla dosimetria della pena

Il fulcro della decisione della Cassazione risiede nella spiegazione dei limiti dell’obbligo di motivazione in tema di dosimetria della pena. La Corte ribadisce un principio consolidato: un obbligo di motivazione specifico e dettagliato sussiste solo quando il giudice intende irrogare una pena base pari o superiore al medio edittale. In questi casi, è necessario che il giudice dia conto della valutazione e dell’apprezzamento dei criteri indicati dall’art. 133 del codice penale (gravità del reato, capacità a delinquere del colpevole).

I Limiti dell’Obbligo di Motivazione

Quando, invece, la pena si discosta in misura contenuta dal minimo edittale, come nel caso di specie, l’obbligo motivazionale è meno stringente. I giudici di legittimità hanno ricordato che la determinazione della pena tra il minimo e il massimo rientra nel potere discrezionale del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se la motivazione è adeguata. È sufficiente, in questi casi, che il giudice dia conto dell’impiego dei criteri legali con espressioni come “pena congrua” o “pena equa”, o con un semplice richiamo alla gravità del fatto, senza necessità di una spiegazione analitica per ogni singolo elemento considerato.

Nel caso analizzato, la Corte d’Appello aveva non solo inflitto una pena vicina al minimo, ma aveva anche riconosciuto le attenuanti generiche, seppur in assenza di meritevolezza, al solo fine di adeguare ulteriormente la sanzione al caso concreto. Pertanto, la pretesa di un’ulteriore riduzione della pena è stata giudicata infondata.

Conclusioni

L’ordinanza in commento offre una preziosa sintesi dei principi che governano la discrezionalità del giudice nella dosimetria della pena. Si conferma che il sindacato della Corte di Cassazione sulla motivazione è rigoroso, ma non si spinge fino a sostituire la valutazione del giudice di merito, a patto che questa sia logica, non contraddittoria e rispettosa della legge. L’obbligo di una motivazione analitica scatta solo quando la sanzione si allontana significativamente dal minimo edittale, mentre per pene più miti è sufficiente una motivazione sintetica che attesti la congruità della decisione rispetto ai parametri dell’art. 133 c.p. Questa impostazione garantisce un equilibrio tra la necessità di giustificare le decisioni e l’esigenza di non appesantire il processo con formalismi non necessari.

Quando un giudice deve fornire una motivazione particolarmente dettagliata per la pena inflitta?
Un obbligo di motivazione specifica e dettagliata sorge quando il giudice decide di irrogare una pena base che sia pari o superiore al medio edittale, cioè a metà tra il minimo e il massimo previsto dalla legge per quel reato.

Quali elementi può considerare il giudice nella dosimetria della pena?
Il giudice deve valutare tutti gli elementi indicati dall’art. 133 del codice penale. Tra questi vi sono la gravità del reato (desunta dalla natura, specie, mezzi, oggetto, tempo, luogo dell’azione, dalla gravità del danno o del pericolo) e la capacità a delinquere del colpevole (desunta dai motivi a delinquere, dal carattere del reo, dai suoi precedenti penali e giudiziari e dalla sua condotta di vita).

Perché un ricorso sulla dosimetria della pena può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso su questo punto può essere dichiarato inammissibile se i motivi sono manifestamente infondati, generici o assertivi, ovvero se non si confrontano specificamente con la motivazione della sentenza impugnata, limitandosi a riproporre le stesse argomentazioni già respinte dai giudici di merito con una motivazione logica e coerente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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