Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 26244 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 26244 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a REGGIO CALABRIA il 11/10/1989
avverso la sentenza del 13/03/2025 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME ricorre, a mezzo del difensore, avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo violazione di legge e vizio motivazionale in relazione all’entità dell’operata riduzione per le circostanze attenuanti generiche, pari ad un sesto.
In data 11/06/2025 sono stati depositati motivi aggiuntivi e nuovi a firma dell’avv. COGNOME con cui si lamenta, sotto il profilo della violazione di legge’ che la diminuzione in questione, seppure di un sesto, avrebbe portato ad un errato calcolo nella pena finale.
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
I proposti motivi non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità perché riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e non scandito da necessaria critica analisi delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata e sono privi della puntuale enunciazione delle ragioni di diritto giustificanti il ricorso e de correlati congrui riferimenti alla motivazione dell’atto impugnato (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione, in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione) e perché afferiscono al trattamento punitivo benché sorretto da sufficiente e non illogica motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive (sull’onere motivazionale del giudice in ordine alla determinazione della pena, Sez. 3, n. 29968 del 22/2/2019, COGNOME, Rv. 276288-01; Sez. 2, n. 36104 del 27/4/2017, COGNOME, Rv. 271243).
Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.
Il ricorrente, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione della Corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto e pertanto immune da vizi di legittimità.
La motivazione in punto di dosimetria della pena nel provvedimento impugnato è logica, coerente e corretta in punto di diritto (sull’onere motivazionale dei giudice in ordine alla determinazione della pena cfr. Sez. 3, n. 29968 del 22/2/2019, COGNOME, Rv. 276288-01; Sez. 2, n. 36104 del 27/4/2017, COGNOME, Rv. 271243). Questa Corte di legittimità ha da tempo chiarito che la determinazione della pena tra il minimo ed il massimo edittale rientra, tra i poteri discrezionali del giudice di merito ed è insindacabile nei casi in cui la pena sia applicata in
misura media e, ancor più, se prossima al minimo, anche nel caso in cui il giudicante si sia limitato a richiamare criteri di adeguatezza, di equità e simili, nei quali sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. (così questa Sez. 4, n. 46412 del 5/11/2015, COGNOME, Rv. 265283; Sez. 4, n. 21294 del 20/3/2013, COGNOME, Rv. 256197; conf. Sez. 2, n. 28852 dell’8/5/2013, COGNOME e altro, Rv. 256464; Sez. 3, n. 10095 del 10/1/2013, Monterosso, Rv. 255153; Sez. 2, n. 36245 del 26/6/2009, COGNOME, Rv. 245596).
I giudici del gravame del merito hanno confermato la pena base fissata dal giudice di primo grado, di anni 6, mesi 6 di reclusione e euro 30.000 (superiore al minimo edittale di sei mesi e euro 4.000 di multa) operando un giudizio comparativo tra quantitativo di stupefacente e numero di dosi ricavabili e l’incensuratezza del prevenuto.
Quanto alla misura in cui sono state concesse le circostanze attenuanti generiche la Corte territoriale ha ritenuto di poterle applicare in misura inferiore al massimo riducendo la pena sopra detta in anni 5, mesi 6 e euro 24.000 di multa. La pena è stata ulteriormente ridotta, correttamente in relazione alla pena individuata, per effetto della scelta del rito abbreviato ad anni 3, mesi 8 e euro 16.000 di multa.
I giudici del gravame del merito hanno solo dato conto di avere operato una riduzione per le concesse circostanze attenuanti generiche “in misura inferiore al massimo”, ovvero ad un terzo, ma non si comprende per quale motivo, come ritiene il ricorrente, avrebbe dovuto operarla in misura di un sesto.
La sentenza impugnata, pertanto, si colloca nel solco della costante giurisprudenza di questa Corte di legittimità secondo cui la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale, per assolvere al relativo obbligo di motivazione, è sufficiente che dia conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. con espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, come pure con il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (Sez. 2, n. 36104 del 27/4/2017, COGNOME ed altro, Rv. 271243). E’ stato altresì sottolineato che in tema di determinazione della pena, nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale, non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione da parte del giudice, se il parametro valutativo è desumibile dal testo della sentenza nel suo complesso argomentativo e non necessariamente solo dalla parte destinata alla quantificazione della pena. Sez. 3, n. 38251 del 15/6/2016, COGNOME, Rv. 267949).
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Deve ritenersi adempiuto l’obbligo di motivazione da parte del giudice di me- rito in ordine alla misura della riduzione della pena per effetto dell’applicazione di
un’attenuante, attraverso l’adozione, in sentenza, di una formula sintetica, quale
“si ritiene congruo” (cfr. Sez. 4, n. 54966 del 20/09/2017, COGNOME, Rv. 271524;
così sez. 6, n. 9120 del 2/7/1998, COGNOME e altri, Rv. 211583).
4. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissi-
bilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della san-
zione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 08/07/2025