Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 15563 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 15563 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a RIMINI il 27/06/1975
avverso la sentenza del 29/11/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
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Motivi della decisione
COGNOME NOME ricorre, a mezzo del difensore, avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo inosservanza o erronea applicazione della legge penale rispetto all’eccessività della pena inflitta e rispetto alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche nella loro massima estensione.
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
In data 21 marzo 2025 è stata depositata memoria a firma dell’Avv. NOME COGNOME nell’interesse di COGNOME NOME che ha ulteriormente sviluppato i motivi proposti chiedendo la riassegnazione del fascicolo alla sezione ordinaria e insistendo per l’ammissibilità e l’accoglimento del ricorso.
I motivi in questione non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità perché sono riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e non sono scanditi da necessaria critica analisi delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata.
Gli stessi, altresì, afferiscono al trattamento punitivo benché sorretto da sufficiente e non illogica motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive
Il ricorrente, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione della Corte di appello di Milano che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto e pertanto immune da vizi di legittimità.
Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.
La motivazione in punto di dosimetria della pena nel provvedimento impugnato è logica, coerente e corretta in punto di diritto (sull’onere motivazionale del giudice in ordine alla determinazione della pena cfr. Sez. 3, n. 29968 del 22/2/2019, COGNOME, Rv. 276288-01; Sez. 2, n. 36104 del 27/4/2017, COGNOME, Rv. 271243).
Si ricorda in sentenza che il difensore contestava in quella sede l’eccessivo e immotivato rigore della pena inflitta, a tal fine richiamando: la quantità dello stu pefacente detenuto, tutto sommato limitata; il mancato espletamento di analisi chimico-tossicologiche sullo stupefacente sequestrato, dal momento che risultava essere stato effettuato solo il narcotest, non idoneo ad accertare la reale quantità e qualità della sostanza; la lontananza nel tempo dell’unico precedente penale gravante sull’imputato; e, infine, la documentata disintossicazione dell’imputato.
Ebbene, nel confutare tali argomentazioni i giudici del gravame del merito, hanno dato conto di avere valutato a tal fine, discostandosi dal minimo edittale, che la pena appare senz’altro congrua, in quanto proporzionata per un verso alla
tipologia e alla quantità dello stupefacente illecitamente detenuto dall’imputato (si tratta – come s’è visto della detenzione, pacificamente finalizzata allo spaccio, di oltre 50 grammi di una droga pesante qual è la cocaina); per altro verso alle subdole modalità e circostanze della condotta detentiva, che è stata invero caratterizzata dalla richiesta di un passaggio automobilistico senza informare né il guidatore né l’altro passeggero del trasporto di un cospicuo quantitativo di stupefacente; per altro verso ancora, infine, alla negativa personalità del reo, così come desumibile dal suo risalente ma specifico precedente.
Nel concludere per l’infondatezza del primo motivo d’appello, hanno poi osservato, con specifico riferimento all’elemento della disintossicazione, che questo elemento è stato da loro stessi valorizzato per il riconoscimento delle attenuanti generiche, mentre per la determinazione della pena rimane fermo il contrapposto e negativo elemento – del quale anche il difensore dà espressamente conto a pag. 5 dell’atto d’appello – della mancata partecipazione del reo al programma terapeutico-riabilitativo per lui appositamente predisposto dal SERT.
L’onere motivatorio, pertanto, è pienamente adempiuto costituendo ius receptum che la determinazione della misura della pena tra il minimo e il massimo edittale rientra nell’ampio potere discrezionale del giudice di merito, il quale assolve il suo compito anche se abbia valutato intuitivamente e globalmente gli elementi indicati nell’art. 133 cod. pen. (Sez. 4, n. 41702 del 20/09/2004, COGNOME, Rv. 230278).
Ed invero, il giudice del merito esercita la discrezionalità che la legge gli conferisce, attraverso l’enunciazione, anche sintetica, della eseguita valutazione di uno (o più) dei criteri indicati nell’art. 133 cocL pen. (Sez. 2, n. 36104 de 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243; Sez. 3, n. 6877 del 26/10/2016, dep. 2017, S., Rv. 269196; Sez. 2, n. 12749 del 19/03/2008, COGNOME, Rv. 239754).
Il sindacato di legittimità sussiste solo quando la quantificazione costituisca il frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico. Il che non è nel caso che ci occupa.
Manifestamente infondato è anche il motivo di ricorso afferente alla mancata massima riduzione per le generiche di cui la Corte territoriale dà conto nell’ambito dell’accoglimento di un motivo di appello in cui dà ampiamente conto di tutti gli elementi che, in positivo e in negativo, ha valutato per la dosimetri della pena.
Con tutta evidenza, non v’è alcuna violazione di legge nell’effettuare una riduzione della pena ex art. 62 bis c.p. in misura inferiore ad 1/3.
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N. GLYPH
R.G.
Va ricordato in proposito il dictum
di questa Corte di legittimità secondo cui deve ritenersi adempiuto l’obbligo di motivazione da parte del giudice di merito in
ordine alla misura della riduzione della pena per effetto dell’applicazione di un’at- tenuante, anche attraverso l’adozione, in sentenza, di una formula sintetica, quale
“si ritiene congruo” (cfr. Sez. 4, n. 54966 del 20/09/2017, COGNOME, Rv. 271524;
così sez. 6, n. 9120 del 2/7/1998, COGNOME e altri, Rv. 211583).
5. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissi-
bilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della san-
zione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle am-
mende.
Così deciso il 08.04.2025