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Dosimetria della pena: i limiti del giudice

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’imputata condannata per spaccio di sostanze stupefacenti. L’imputata lamentava una pena eccessiva e non motivata. La Corte ha ribadito che la dosimetria della pena rientra nell’ampia discrezionalità del giudice di merito. Una motivazione dettagliata è richiesta solo per pene molto superiori alla media edittale, mentre nel caso di specie la pena era inferiore e giustificata da elementi concreti come la natura e la quantità della sostanza (eroina, 41 dosi).

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dosimetria della Pena: La Cassazione Conferma l’Ampia Discrezionalità del Giudice

La corretta dosimetria della pena è uno dei pilastri fondamentali del diritto penale, un processo delicato in cui il giudice è chiamato a personalizzare la sanzione in base alla gravità del reato e alla personalità del reo. Ma quali sono i limiti di questa discrezionalità? Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione fa luce su questo punto, chiarendo quando la motivazione del giudice può essere sintetica e quando, invece, deve essere particolarmente dettagliata.

Il caso: una condanna per spaccio e il ricorso in Cassazione

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguardava una persona condannata in secondo grado dalla Corte di Appello di Firenze per detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti. La difesa aveva presentato ricorso in Cassazione lamentando un vizio di motivazione proprio in relazione alla quantificazione della pena. Nello specifico, si contestava che la pena base fosse stata fissata in misura pari a oltre il triplo del minimo edittale senza un’adeguata giustificazione da parte dei giudici di merito.

La discrezionalità del giudice e la dosimetria della pena

Il cuore della questione ruota attorno ai poteri discrezionali del giudice nel determinare la pena tra il minimo e il massimo stabiliti dalla legge per un certo reato. Questo potere, tuttavia, non è arbitrario, ma deve essere esercitato seguendo i criteri indicati dall’articolo 133 del codice penale, che includono la gravità del danno, l’intensità del dolo o il grado della colpa, e la capacità a delinquere del colpevole.
La Corte di Cassazione, nel dichiarare il ricorso manifestamente infondato, ha ribadito un principio consolidato: la valutazione di questi elementi rientra nel potere del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, a meno che la motivazione non sia palesemente illogica o contraddittoria.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha ritenuto la motivazione della Corte di Appello logica, congrua e corretta. I giudici di merito avevano infatti giustificato il loro discostamento dal minimo edittale sulla base di elementi concreti e specifici:

* Tipologia della sostanza: si trattava di eroina, una droga pesante.
* Confezionamento: la sostanza era suddivisa in tre diversi involucri, un chiaro indice della destinazione allo spaccio.
* Quantità: il peso complessivo era di 12,8 grammi, da cui era possibile ricavare un numero non insignificante di dosi (quantificate in 41).

Quando la motivazione deve essere rafforzata?

La Cassazione ha colto l’occasione per precisare un aspetto cruciale dell’obbligo di motivazione. Una spiegazione specifica e dettagliata del ragionamento seguito è necessaria soltanto quando la pena inflitta sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale. Al contrario, quando la pena si attesta su valori medi o, come nel caso di specie, addirittura al di sotto della media edittale (individuata in due anni e tre mesi per il reato contestato), il giudice può adempiere al suo obbligo motivazionale anche con espressioni più sintetiche come “pena congrua” o con un semplice richiamo alla gravità del fatto.

Conclusioni

L’ordinanza in esame conferma che la dosimetria della pena è un’attività squisitamente discrezionale del giudice di merito. Il controllo della Corte di Cassazione sulla motivazione è limitato ai casi di palese illogicità. Per pene che non si discostano eccessivamente dai valori medi previsti dalla legge, non è richiesta una motivazione analitica, essendo sufficiente che il giudice dia conto di aver considerato i criteri di legge. Questa pronuncia ribadisce l’importanza degli elementi fattuali del reato (qualità e quantità della sostanza, modalità della condotta) come guida fondamentale per una giusta ed equa determinazione della sanzione penale.

Quando un giudice deve motivare in modo dettagliato l’entità della pena inflitta?
Secondo l’ordinanza, una motivazione specifica e dettagliata è necessaria solo quando la pena si discosta notevolmente dalla media edittale. Per pene vicine al minimo o alla media, è sufficiente un richiamo a criteri generali come la congruità o la gravità del reato.

Quali elementi può considerare il giudice per aumentare la pena base rispetto al minimo edittale?
Il giudice può considerare vari elementi, come evidenziato nel caso di specie: la tipologia della sostanza stupefacente (eroina), il suo confezionamento in più involucri (che indica la destinazione allo spaccio), l’ammontare ponderale e il numero di dosi ricavabili.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale e confermato in questa ordinanza, la parte che ha proposto il ricorso inammissibile viene condannata al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, a meno che non dimostri l’assenza di colpa nel determinare la causa di inammissibilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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