Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 11482 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 11482 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI CAGLIARI
nel procedimento a carico di
COGNOME NOME nato a Milano il 08/10/1960
COGNOME NOME nato a Trieste il 21/05/1972
COGNOME NOME nato a Ivrea il 23/04/1966
COGNOME NOME nato a La Spezia il 04/08/1958
NOME COGNOME nato nella ex Jugoslavia il 17/04/1959
NOME nato in Irlanda 25/07/1969
NOME NOME nato a Sanremo il 01/07/1969
avverso la sentenza del 11/06/2024 della Corte di appello di Cagliari visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona della Sostituta Procuratrice generale NOME. NOME COGNOME che ha chiesto di dichiararsi la inammissibilità del ricorso;
lette le conclusioni dei difensori Avv. NOME COGNOMEper COGNOME), Avv. NOME COGNOME e Avv. NOME COGNOMEper COGNOME, COGNOME e COGNOME) e Avv. NOME COGNOME, COGNOME e COGNOME), che hanno chiesto l’ inammissibilità o il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa ex art. 428 cod. proc. pen. in data 11 giugno 2024 la Corte di appello di Cagliari confermava la sentenza con la quale il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Cagliari aveva dichiarato non luogo a procedere con la formula ‘il fatto non sussiste’ nei confronti di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME nonché di NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME, imputati -i primi quattro -del reato di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (art. 648ter cod. pen.) e gli altri tre del reato di riciclaggio (art. 648bis cod. pen.), per avere, tra il 2015 e il 2016, acquistato ingenti quantitativi di petrolio greggio di provenienza delittuosa, impiegandolo nell’esercizio della loro attività imprenditoriale (capo A) ovvero trasferendolo o compiendo su di esso operazioni volte ad ostacolare l’accertamento di tale provenienza (capo C).
La Corte territoriale condivideva integralmente la decisione del G.u.p., avuto particolare riguardo alla dirimente circostanza che nel caso in esame mancherebbe la doppia punibilità, in Italia e in Irak, del preteso reato presupposto di contrabbando, furto o appropriazione indebita, che già il primo Giudice aveva segnalato essere il punto critico nell’ambito della vicenda di cui si tratta, riguardante l’acquisto di una consistente quantità di petrolio greggio di provenienza irachena, privo della certificazione rilasciata dalla RAGIONE_SOCIALE ( State Organization for the RAGIONE_SOCIALE ), ente pubblico controllato dal Ministero per il petrolio che in base all’ordinamento federale iracheno ha l’esclusiva del commercio del petrolio.
Accertato che il petrolio veniva immesso in commercio direttamente dal G overno regionale del Kurdistan (KRG), uno degli Stati della Repubblica dell’Iraq, la tesi accusatoria era che la sottrazione degli oli minerali allo Stato e al popolo iracheno integrasse un delitto e che le operazioni successive contestate agli imputati avessero avuto lo scopo e l’effetto di occultarne la provenienza illecita.
Secondo i G iudici di merito, invece, dall’evoluzione dei rapporti tra Iraq e Kurdistan si evince che la commercializzazione diretta del petrolio da parte della regione autonoma fosse penalmente lecita, trovando un riferimento normativo nell’art. 112 della Costituzione e nella legge regionale del 2007 e che la vertenza
con lo Stato riguardo alla gestione delle risorse petrolifere aveva natura politica e non si prestava a essere inquadrata in alcuna fattispecie penale.
La Corte d’appello ribadiva che la disciplina normativa vigente al momento dei fatti consentiva al KRG di commercializzare il petrolio estratto dai pozzi presenti sul territorio dell’entità federale autonoma curda e, come già il G.u.p., sosteneva la irrilevanza del l’intervenuta declaratoria di illegittimità costituzionale della legge curda n. 22 del 2007 da parte della Corte federale irakena con la sentenza del 15 febbraio 2022.
2. Ha proposto ricorso il Procuratore generale presso la Corte di appello di Cagliari , chiedendo l’annullamento della sentenza per i motivi indicati nell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) , cod. proc. pen. (violazione della legge penale nonché mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione), qui enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173 disp. att. del codice di rito .
Dopo una lunga premessa in fatto, nella quale sono espresse anche valutazioni critiche sull’interpretazione di alcune norme costituzionali irakene da parte dei Giudici del merito, il P.G. ricorrente ha osservato che gli stessi non si sono interrogati sulle ragioni per le quali le altre compagnie avessero lasciato un affare così redditizio alla RAGIONE_SOCIALE e alla RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE, essendovi evidentemente una diffusa consapevolezza in capo alle società petrolifere che, sul piano giuridico, insormontabili ostacoli si opponevano all’acquisto degli idrocarburi offerti a basso costo dal Governo regionale.
Gli imputati, poi, avrebbero agito in malafede, interponendo due società per occultare l’origine curda del greggio acquistato.
Sul piano soggettivo -si legge nel ricorso -il ‘compendio probatorio cristalliz zatosi nel corso delle indagini preliminari’ avrebbe evidenziato la piena consapevolezza in capo agli imputati circa il difetto di legittimazione del venditore.
Una decisione adottata dalla corte arbitrale di Parigi in data 11 febbraio 2022, anche se non riguardante la questione relativa alla titolarità del greggio, avvalora la tesi dell’atteggiamento spregiudicato (‘ moral hazard ‘) tenuto dai compratori di quel greggio che sono riusciti a spuntare un prezzo significativamente inferiore.
La sentenza della Corte federale irakena del 15 maggio 2022, richiamata in premessa, nel dichiarare incostituzionale la legge regionale n. 22/2007 su petrolio e gas, non solo determinò l’impegno del Kurdistan a consegnare l’intera produzione di petrolio al Governo federale, ma consentì allo Stato federale di attivarsi ‘per ottenere lo scioglimento dei contratti petroliferi stipulati dal
governo del Kurdistan con Stati e imprese estere riguardanti l’esplorazione, l’estrazione e la vendita del petrolio’.
Detta sentenza avrebbe risolto qualsiasi questione sulla proprietà del petrolio e quindi sulla sussistenza dell’elemento materiale del delitto presupposto di furto.
In conclusione -sostiene il P.G. ricorrente -a monte delle operazioni contestate è emersa una pluralità di reati commessi all’estero, il primo dei quali è stato quello derivante dalla sottrazione degli idrocarburi al Governo iracheno, stante il difetto di legittimazione del KRG. A cascata ne sono seguiti altri, fra i quali quello contestato agli imputati, connessi agli espedienti escogitati al fine di occultare la provenienza curda del prodotto.
I difensori degli imputati hanno depositato ampie memorie chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o comunque rigettato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso del Procuratore generale è inammissibile sotto vari profili.
In primo luogo va ricordato che -secondo la costante giurisprudenza di questa Corte -la denunzia cumulativa, promiscua e perplessa della inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, nonché della mancanza, della contraddittorietà e della manifesta illogicità della motivazione rende i motivi aspecifici ed il ricorso inammissibile, ai sensi degli artt. 581, comma 1, lett. c) , e 591, comma 1, lett. c) , cod. proc. pen. (cfr., da ultimo, Sez. 4, n. 8294 del 01/02/2024, COGNOME, Rv. 285870 -01).
Come si è visto, nel ricorso di cui si tratta, detti vizi sono stati cumulativamente denunziati e soprattutto -quel che più rileva -ciò si è fatto obliterando che il comma 3bis dell ‘ art. 428 cod. proc. pen., introdotto dall ‘ art. 1, comma 40, della legge 23 giugno 2017, n. 103, stabilisce che «contro la sentenza di non luogo a procedere pronunciata in grado di appello possono ricorrere per cassazione l ‘ imputato e il procuratore generale solo per i motivi di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1 dell’articolo 606», con una previsione in linea con la disciplina di ordine generale dettata dal comma 1bis dell’art. 608 cod. proc. pen., introdotto dalla stessa legge, per la ipotesi del ricorso proposto dal pubblico ministero contro la sentenza di appello che confermi quella di proscioglimento.
Detta scelta -si è evidenziato -«è altresì giustificata dal fatto che la valutazione della Corte di cassazione, mancando necessariamente una
rinnovazione istruttoria in appello, non farebbe altro che replicare, appesantendo inutilmente la procedura, la valutazione già effettuata dal giudice di secondo grado» (Sez. 6, n. 57871 del 18/09/2018, COGNOME, Rv. 274944 -02).
Il ricorrente, invece, non solo in rubrica ma anche nel corpo dell’atto ha censurato espressamente la motivazione, con argomentazioni che si collocano ex lege al di fuori del perimetro entro il quale questa Corte può esercitare il proprio sindacato, limitato alla valutazione della «inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge penale» (art. 606, comma 1, lett. c) , cod. proc. pen., unica altra norma evocata dal Procuratore generale).
Questo difetto strutturale dell’impugnazione , inoltre, è aggravato da una esposizione disordinata di fatti e argomentazioni, dalla quale riesce arduo estrapolare le deduzioni suscettibili di essere esaminate.
Va in proposito ricordato che -secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità -è inammissibile il ricorso per cassazione che si sviluppi mediante una esposizione disordinata, generica e caotica che fuoriesca dai canoni di una ragionata censura del percorso motivazionale della sentenza impugnata, senza consentire un ordinato inquadramento delle ragioni di doglianza nella griglia dei vizi di legittimità deducibili ai sensi dell ‘ art. 606 cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 3126 del 29/11/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285800 -01; Sez. 2, n. 29607 del 14/05/2019, COGNOME, Rv. 276748 -01; Sez. 2, n. 57737 del 20/09/2018, COGNOME, Rv. 274471 -01; Sez. 6, n. 57224 del 09/11/2017, COGNOME, Rv. 271725 -01; Sez. 6, n. 10539 del 10/02/2017, COGNOME, Rv. 269379 -01).
Peraltro, il ricorso del P.G. ha riproposto in gran parte, anche testualmente, le medesime doglianze espresse nell’atto di appello contro la sentenza di proscioglimento del G.u.p., difettando, quindi, anche di specificità estrinseca, avendo omesso di confrontarsi con le sia pur sintetiche motivazioni della sentenza impugnata.
In ogni caso, le sentenze di merito hanno ritenuto che, alla luce di una interpretazione della normativa costituzionale irachena, le operazioni di commercializzazione del greggio realizzate nel 2015-2016 dal Kurdistan Regional Government risultassero lecite e, in ogni caso, per plurime ragioni, non integrassero alcun reato ai sensi della normativa irachena.
Il ricorrente, nella parte relativa alla ‘premessa’, in relazione alla locuzione presente nell’art. 112, primo comma, della Costituzione irakena (‘ present fields ‘), ha censurato la interpretazione datane dai Giudici di merito (giacimenti esistenti al momento dell’approvazione della Costituzione ) , ritenendo ‘preferibile la diversa esegesi, più generale, di giacimenti petroliferi presenti nella nazione’,
con una deduzione che evidentemente è inidonea ad attivare l’intervento di questa Corte quanto alla denuncia di una violazione di legge.
Anche in ordine al rilievo della sentenza della Corte suprema federale irakena del 2022 ( che ha fondato l’illegittimità della legge regionale curda del 2007 su una violazione non dell’art. 112 bensì dell’art. 110 della Costituzione, che disciplina le competenze esclusive dello Stato centrale in materia di politica economica e commerciale estera), dalle censure del ricorrente non emerge alcuna violazione di legge da parte dei Giudici di merito, i quali hanno rimarcato che ‘la condotta che secondo la contestazione integrerebbe un reato contro il patrimonio fu posta in essere in esecuzione di una legge regionale, n. 22/2007, regolarmente approvata dal parlamento curdo e, all’epoca dei fatti, in vigore’ (così la sentenza del G.u.p. -pag. 37).
Inoltre, dalla incostituzionalità della legge regionale n. 22 del 2007, la stessa sentenza della Corte irakena non ha tratto alcuna conseguenza penalistica, nulla avendo statuito circa la natura delittuosa delle condotte precedentemente tenute dal KRG e avendo invece previsto solo la possibilità di azionare strumenti civilistici di risoluzione dei contratti in essere, nel 2022, fra KRG e aziende petrolifere.
Il primo Giudice, con valutazione condivisa nella sentenza impugnata, ha affermato che una complessa vicenda di politica interna, incentrata sui rapporti costituzionali tra Stato centrale e Regione federale del Kurdistan, non può essere ricondotta alle categorie penalistiche dell’appropriazione indebita e del furto , difettando i presupposti giuridici dei reati ipotizzati: quanto al furto, non vi è traccia della sottrazione della cosa mobile al terzo detentore, posto che i pozzi petroliferi sono sempre stati nella disponibilità del KRG; in relazione all’appropriazione indebita, manca l’impossessamento animo domini della cosa mobile altrui, atteso che il KRG ha costantemente riconosciuto al Governo centrale la sua quota di profitti in relazione al petrolio venduto.
Neppure può essere individuato nel contrabbando il delitto presupposto, anche solo perché -come già evidenziato dal G.u.p. (pag. 16) -detto reato non è evocato nell’imputazione, che parla di oli minerali ‘illecitamente sottratti’.
4. Va rilevato, infine, un ulteriore motivo di inammissibilità del ricorso, là dove, nella conclusione finale, fa riferimento alla sussistenza di un ‘solido quadro probatorio meritevole di approfondimento dibattimentale’, obliterando la sostanziale modifica normativa intervenuta fra le due sentenze di merito, a seguito della quale la Corte di appello ha escluso che vi sia ‘ alcuna seria possibilità che la coltivazione dell’azione penale possa portare a una sentenza di condanna’.
Infatti, il decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, entrato in vigore il 30 dicembre 2022, ha modificato il giudizio prognostico sotteso alla decisione fra rinvio a giudizio e sentenza di non luogo a procedere.
Prima il giudice doveva emettere sentenza ex art. 425 cod. proc. pen. «anche quando gli elementi acquisiti risultano insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere l’accusa in giudizio»: ciò significava, secondo il diritto vivente, che il giudizio prognostico riguardava l’utilità o l ‘ inutilità del dibattimento e non già la colpevolezza dell’imputato , divenuta invece l’oggetto del giudizio prognostico richiesto dalla norma come modificata, secondo la quale il giudice «pronuncia sentenza di non luogo a procedere anche quando gli elementi acquisiti non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna».
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Così deciso in data 11/03/2025.