Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 34678 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
Penale Sent. Sez. 2 Num. 34678 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/07/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME
CC – 22/07/2025
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
NOME COGNOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 31/03/2025 del TRIB. LIBERTA’ di PALERMO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
ricorso trattato in camera di consiglio senza la presenza RAGIONE_SOCIALE parti in mancanza di richiesta di trattazione orale pervenuta nei termini secondo quanto disposto dagli articoli 610 comma 5 e 611 comma 1 bis e seguenti del codice di procedura penale.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 30/9/2024 la Corte di Appello di Palermo – decidendo in sede di annullamento con rinvio di precedente sentenza del 12/4/2018, disposto in sede di legittimità – ha riconosciuto COGNOME colpevole del delitto di cui all’art. 416bis cod. pen. e, con l’ordinanza in data 2/10/2024, riconosciuta la gravità indiziaria desumibile dall’esito del giudizio e ritenute le esigenze cautelari, ha disposto nei suoi confronti la misura coercitiva della custodia cautelare in carcere.
2.L’ordinanza cautelare Ł stata confermata dal Tribunale del riesame di Palermo con ordinanza del 24/10/2024, poi annullata con rinvio dalla sesta sezione penale della Corte di RAGIONE_SOCIALEzione, con sentenza del 19/2/2025, per vizio di motivazione.
Decidendo in sede di rinvio, il Tribunale del riesame con ordinanza del 31/3/2025 ha confermato l’ordinanza cautelare del 2/10/2024. Ad avviso del Tribunale, infatti, dalla sentenza di merito era emerso che il COGNOME, pur in mancanza di rituale affiliazione a ‘RAGIONE_SOCIALE‘, aveva svolto un ruolo di rilievo nel sodalizio mafioso, anche per la vicinanza allo zio NOME NOME, reggente del mandamento di Resuttana. Il ruolo così assunto nel sodalizio, la personalità emersa anche dalle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia COGNOME NOME, che lo ha descritto come soggetto tanto pericoloso che COGNOME NOME, al vertice della famiglia dell’Acquasanta, gli aveva consigliato di non incontrarlo se non armato, e la competenza ed affidabilità nell’assumere funzioni anche delicate, congiuntamente ai sacrifici anche personali – dallo stesso COGNOME ricordati in una conversazione intercettata per assicurare il mantenimento di COGNOME NOME, hanno indotto il Tribunale del riesame a
ritenere non superata la doppia presunzione di sussistenza di esigenze cautelari poste dall’art. 275 cod. proc. pen., anche in considerazione della potenzialmente imminente esecuzione della pena inflitta, tale da portare a riconoscere la concretezza RAGIONE_SOCIALE esigenze cautelari di cui all’art. 274 lett. b) cod. proc. pen.
3.Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, a mezzo del suo difensore, deducendo, con unico motivo di impugnazione, il vizio di motivazione del provvedimento impugnato in ordine all’asserita inesistenza di elementi dai quali desumere l’insussistenza di esigenze cautelari.
Il ricorrente premette che l’ordinanza impugnata riconosce solo ‘l’esigenza socialpreventiva’ e richiama alcuni arresti giurisprudenziali che riconoscono la necessità, anche in presenza di mafie storiche, di valutare il tempo trascorso dai fatti contestati. L’ordinanza, invece, non avrebbe nemmeno adeguatamente considerato la mancanza di affiliazione del COGNOME al sodalizio, nØ le condizioni di salute del ricorrente, colto da infarto al miocardio nel 2023, tale da necessitare di costanti cure mediche.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ø inammissibile perchØ fondato su motivi che attengono esclusivamente al merito della decisione impugnata, peraltro senza confrontarsi adeguatamente con tutti gli elementi da questa valorizzati nel riconoscere come non superata la doppia presunzione posta dall’ art. 275 co. 3 cod. proc. pen.
In tema di misure cautelari personali, infatti, il ricorso per cassazione che deduca insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza o – come nel caso in esame – assenza RAGIONE_SOCIALE esigenze cautelari, Ł ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, ma non anche quando propone censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito (Sez.2, n. 31553 del 17/05/2017, Rv. 270628), in quanto Ł consentita al giudice di legittimità, in relazione alla peculiare natura del giudizio ed ai limiti che ad esso ineriscono, la sola verifica RAGIONE_SOCIALE censure inerenti la adeguatezza RAGIONE_SOCIALE ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento RAGIONE_SOCIALE risultanze probatorie e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito(Sez.2, n. 27866 del 17/06/2019, Rv. 276976).
L’ordinanza impugnata, nel richiamare la doppia presunzione posta dall’art. 275 comma 3 cod. proc. pen., ha rilevato come questa non possa ritenersi superata da alcun elemento, ed in particolare non dal tempo trascorso dal periodo, tra il gennaio 2013 ed il giugno 2014, oggetto della contestazione del delitto di partecipazione ad associazione mafiosa di cui alla condanna nel giudizio di appello, evidenziando come le risultanze processuali abbiano rivelato una pluralità di elementi sintomatici della prosecuzione di una militanza attiva nell’associazione anche oltre il periodo in contestazione e, comunque, una personalità proclive al delitto, alla luce dei precedenti penali del COGNOME anche RAGIONE_SOCIALE modalità e gravità dei fatti di reato accertati, atteso che il ricorrente, pur in mancanza di rituale affiliazione a ‘RAGIONE_SOCIALE‘, aveva svolto il ruolo di accompagnatore prima di COGNOME NOME e poi di COGNOME NOME, suo zio, reggente del mandamento di Resuttana, ad incontri riservati con altri esponenti mafiosi, pur senza partecipare alle discussioni; aveva poi filtrato e mediato gli appuntamenti di NOME con altri esponenti mafiosi, anche di altri mandamenti; si era recato con continuità a Mestre dal COGNOME onde smistare in senso
bidirezionale i messaggi tra questo ed il COGNOME; aveva concorso al mantenimento economico del COGNOME durante il suo soggiorno obbligato a Mestre, mediante denaro di provenienza illecita della famiglia mafiosa; aveva custodito parte della dotazione di armi del mandamento di Resuttana.
2.1. Senza incorrere in vizi logici, pertanto, adeguandosi al dettato della sentenza della sesta sezione penale di questa Corte di RAGIONE_SOCIALEzione n. 10086/2025, che aveva evidenziato la necessità di valutare il lungo tempo trascorso dal commesso reato (quasi dieci anni) ed i suoi riflessi sull’attualità e sulla sussistenza stessa RAGIONE_SOCIALE esigenze cautelari, l’ordinanza impugnata ha evidenziato che i preziosi compiti ausiliari, di intermediazione e raccordo, svolti dal ricorrente in una posizione di diretta collaborazione con i soggetti apicali del sodalizio, fino a giungere alla funzione di custode di parte RAGIONE_SOCIALE armi in dotazione al mandamento, rivelano una disponibilità alle esigenze dell’associazione che lo espone a richieste di fornire ulteriori contributi alla casa comune, anche dopo lunghi periodi silenti, per inattività o detenzione.
2.2. Il ricorso pecca anche di aspecifictà laddove non si confronta con le argomentazioni con le quali l’ordinanza impugnata ha evidenziato che le esigenze cautelari di cui all’art. 273 lett. b) cod. proc. pen., lungi dal potersi ritenere superate dal tempo trascorso dai fatti e dalla durata dell’iter giudiziario, vanno ritenute attuali proprio l’approssimarsi della definizione dell’iter giudiziario, dopo l’annullamento della pronuncia assolutoria e la nuova condanna nel giudizio di appello, in quanto queste rendono concreto ed attuale il pericolo che il ricorrente si dia alla fuga, sfruttando la propria rete di relazioni criminali, proprio per la percezione della prospettiva di una possibile ormai prossima esecuzione di pena.
Si tratta di un percorso argomentativo immune da vizi logici ed aderente al dettato della sentenza rescindente, in alcun modo superabile sulla base della mera deduzione, in sede di ricorso per cassazione, della necessità di costanti cure mediche conseguenti ad un patito infarto, di per sØ non incompatibili con le esigenze cautelari come sopra riconosciute.
3.Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen. , la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del procedimento ed al pagamento a favore della RAGIONE_SOCIALE Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma ritenuta equa di euro tremila a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa RAGIONE_SOCIALE ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così Ł deciso, 22/07/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente
NOME COGNOME