Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 6849 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 6849 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME nato a Silandro il 02/01/1958
NOMECOGNOME nato a Silandro il 14/06/1982
avverso la ordinanza del 25/07/2024 del Tribunale di Bolzano visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della ordinanza impugnata limitatamente ai sequestri di euro 320.000, e 603.000 e di 10.000 azioni;
lette le conclusioni del difensore, avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la ordinanza in epigrafe indicata, il Tribunale di Bolzano respingeva l’istanza di riesame proposta da NOME COGNOME e NOME COGNOME
avverso il provvedimento di sequestro preventivo emesso il 19 giugno 2024 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bolzano.
Il provvedimento del Tribunale dava atto che la Procura di Stoccarda (Germania) aveva chiesto il blocco di beni patrimoniali dei predetti, sulla base della decisione quadro 2003/577/GAI, attuata in Italia con d.lgs. n. 35 del 2016; che il Procuratore della Repubblica in sede aveva presentato richiesta di sequestro al Giudice per le indagini preliminari, che emetteva il decreto di riconoscimento e di sequestro.
I fatti per i quali era stato chiesto il provvedimento di sequestro erano così descritti nei certificati trasmessi dalla Procura di Stoccarda: entrambi gli indagati, padre e figlio, erano titolari presso un istituto altoatesino di conti di deposito titol (su quello del padre era autorizzato ad operare anche il figlio); era emerso che il 18 luglio 2017 tramite la Borsa di Stoccarda a distanza di un minuto era prima inserito un ordine di vendita dal conto del padre di azioni della RAGIONE_SOCIALE e poi un ordine di acquisto delle stesse azioni sul conto del figlio, operazione che veniva eseguita determinando il prezzo di borsa in quello della contrattazione; identica operazione era compiuta il 20 luglio 2017 con ordine di vendita dal conto del figlio di azioni della medesima società ad un prezzo più alto seguito a distanza di tre minuti dall’ordine di acquisto delle stesse azioni sul conto del padre, che anche in tal caso determinava il prezzo di borsa in quello della contrattazione.
Avverso la suddetta ordinanza gli interessati hanno proposto ricorso per cassazione con un unico atto, a mezzo del comune difensore, denunciando i motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge in relazione agli artt. 5 d.lgs. n. 35 del 2016, 321 cod. proc. pen. e 25 Cost.
Benché la Procura tedesca avesse chiesto il riconoscimento di 4 ordìnanze di sequestro, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bolzano limitava la sua richiesta di riconoscimento e di sequestro ad una sola di esse (quella n. 27 GS 3561/20 relativa a 150.000 azioni della RAGIONE_SOCIALE), che veniva a costituire l’unico oggetto del provvedimento di sequestro del Giudice per le indagini preliminari.
In sede di esecuzione il provvedimento veniva esteso anche ai beni oggetto degli altri provvedimenti tedeschi (va rilevato che per errore la Procura aveva inizialmente messo in esecuzione direttamente tutte le ordinanze tedesche, disponendo il sequestro, senza investire il Giudice per le indagini preliminari; solo una volta eseguito il sequestro, stante le eccezioni difensive, la Procura a,e ‘ va attivato la corretta procedura ma, come detto, limitata quanto all’oggetto)/
La questione sollevata con il riesame è stata inspiegabilmente definita generica e rigettata in quanto il provvedimento era ritenuto corretto.
La mancanza di un provvedimento di sequestro non poteva essere confinata a questione riguardante l’esecuzione del provvedimento (non vi è invero un provvedimento che sorregga il sequestro) e comunque era compito del Riesame rimuovere un atto illegittimo.
2.2. Violazione di legge in relazione agli artt. 3 e 6 d.lgs. n. 35 del 2016 e motivazione apparente.
Il Tribunale in modo errato ha ritenuto di superare la questione posta dalla difesa riguardante il difetto della doppia incriminabilità.
Il caso è analogo a quello già esaminato dalla Suprema Corte in tema di reati fiscali e soglia di punibilità (in un caso di estradizione verso gli Stati Uniti).
La difesa aveva allegato che la Procura di Stoccarda con provvedimento del 28 novembre 2022 aveva disposto non luogo a procedere per i fatti in esame per la loro particolare tenuità e difetto di interesse pubblico all’esercizio dell’azione penale.
In Italia il reato di manipolazione del mercato (art. 185 d.lgs. n. 58 del 1998) richiede sia la diffusione di notizie false sia l’idoneità della condotta a provocare una sensibile alterazione del prezzo degli strumenti finanziari. Elementi entrambi non riscontrabili nel caso in esame.
Difettava, contrariamente a quanto ritenuto dal Giudice per le indagini preliminari, una simulazione (si trattava di operazioni reali di borsa effettive) e la idoneità delle operazioni (come ampiamente illustrato dalla richiesta di riesame).
Neppure pertinente è il richiamo al reato ex art. 501 cod. pen., difettando il dolo specifico e gli artifizi, nonché la idoneità dei fatti a cagionare la variazione del prezzo del titolo (esclusa anche dalla missiva della Procura di Stoccarda, investita sul punto).
La risposta del Tribunale ha eluso le questioni sottoposte dalla difesa in sede di riesame.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
La difesa ha presentato, oltre alle conclusioni scritte, una memoria di replica, nella quale ha ribadito la assenza di doppia incriminabilità anche a livello di fumus.
CONSIDERATO IN DIRITI -0
Il comune ricorso proposto è da ritenersi infondato.
2. Va premesso che l’art. 9 del d.lgs. n. 35 del 2016, che ha dato attuazione alla decisione quadro 2003/577/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa all’esecuzione nell’Unione europea dei provvedimenti di blocco dei beni o di sequestro probatorio, prevede che l’indagato o imputato, il suo difensore, la persona alla quale la prova o il bene sono stati sequestrati e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione possono proporre richiesta di riesame, avverso il decreto di riconoscimento ed esecuzione del provvedimento di blocco o di sequestro, ai sensi dell’art. 324 cod. proc. pen.
La stessa norma esclude inoltre che in tale sede i richiedenti possano contestare i motivi di merito su cui si fonda il provvedimento di blocco o di sequestro.
3. Il primo motivo è palesemente infondato.
Il provvedimento di riconoscimento e sequestro del Giudice per le indagini preliminari, emesso ai sensi dell’art. 6 del d.lgs. n. 35 del 2016, riguardava soltanto alcuni dei beni oggetto della richiesta di cooperazione (contenuta in 4 certificati, che avevano ad oggetto altrettanti provvedimenti di sequestro emessi dalle autorità tedesche), trasmessa al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bolzano.
Il Tribunale ha ritenuto che l’apprensione in sede esecutiva di beni ulteriori rispetto a quelli del provvedimento genetico non riguardasse il titolo impugnato.
In tal senso è la consolidata giurisprudenza di legittimità, che ha affermato che è inammissibile il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza confermativa del sequestro preventivo impeditivo, nel caso in cui il ricorrente deduca l’illegittimità delle modalità esecutive stabilite dal pubblico ministero, trattandosi di questioni che devono essere proposte in sede di incidente di esecuzione (tra tante, Sez. 2, n. 9833 del 15/12/2023, dep. 2024, Rv. 286977).
4. Il secondo motivo non può essere accolto.
Il Tribunale ha rigettato la questione proposta dalla difesa della assenza della doppia incriminazione, ritenendo corretta la prospettazione del Giudice per le indagini preliminari, che aveva qualificato il fatto ascritto agli indagati come reato sia ai sensi dell’art. 185 d.lgs. n. 58 del 1998 (manipolazione del mercato) sia dell’art. 501 cod. pen. (rialzo e ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato o nelle borse di commercio).
Va preliminarmente ribadito che, per soddisfare la condizione della doppia punibilità prevista dagli strumenti del mutuo riconoscimento dell’Unione europea, non è necessario che lo schema astratto della norma incriminatrice
dell’ordinamento straniero trovi il suo esatto corrispondente in una norma dell’ordinamento italiano, ma é sufficiente che la concreta fattispecie sia punibile come reato in entrambi gli ordinamenti, a nulla rilevando l’eventuale diversità, oltre che del trattamento sanzionatorio, anche del titolo e di tutti gli elementi richiesti per la configurazione del reato (in tema di m.a.e., tra tante, Sez. 6, n. 27483 del 29/05/2017, Rv. 270405).
Quindi non ha alcuna rilevanza la qualificazione giuridica nello Stato di emissione (ovvero la presenza degli elementi tipici della fattispecie di reato secondo quell’ordinamento), dovendo l’autorità giudiziaria italiana verificare se “il fatto”, come descritto nel certificato o nel provvedimento allegato di blocco o di sequestro, sia punito come reato dalla legge italiana (art. 3, comma 2, d.lgs. n. 35 del 2016).
Secondo la prospettazione delle autorità tedesche, la condotta degli indagati era consistita in un’attività di contrattazione di borsa, volta a dare l’apparenza errata ai terzi partecipanti al trading dell’esistenza di domande e offerte tra loro indipendenti su un titolo quotato in borsa, che aveva determinato la fissazione di un prezzo e la rotazione del volume corrispondente, con lo scopo di far lievitare il prezzo del titolo.
Contrariamente alle deduzioni difensive, il fatto così descritto presenta gli elementi tipici della fattispecie incriminata ai sensi dell’art. 185 d.lgs. n. 58 del 1998: le operazioni simulate; la idoneità concreta delle operazioni a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari.
Quanto al primo requisito, le operazioni poste in essere dagli indagati – già definite da questa Corte come “pseudo cross orders” o “matched orders” (Sez. 2, n. 12989 del 28/11/2012, dep. 2013) – costituiscono una tipica condotta artificiosa per il loro valore particolarmente manipolativo del mercato telematico azionario: hanno carattere manipolativo perché sono operazioni che derivano da ordini di acquisto e di vendita immessi da soggetti apparentemente diversi, ma che agiscono di concerto, contemporaneamente o in un brevissimo lasso di tempo, in modo da raggiungere il risultato dello scambio. Esse contribuiscono a determinare le variazioni delle statistiche dei prezzi e dei volumi del mercato e risultano idonee ad influenzare i comportamenti e le scelte degli investitori in modo fittizio.
Secondo la giurisprudenza di legittimità, il fine perseguito dall’incriminazione di cui all’art. 185 cit. è di garantire che il prezzo del titolo, nelle relative transazion rifletta il suo valore reale e non sia invece influenzato da atti o fatti artificiosi, grado di minarne la genuinità e, contemporaneamente, di ridurre l’affidamento degli investitori (Sez. 1, n. 45347 del 06/05/2015, Rv. 265397).
Quanto all’effetto manipolativo, va rammentato che il reato di manipolazione di mercato in esame ha natura di mera condotta per la cui integrazione ,’
sufficiente che siano posti in essere comportamenti diretti a cagionare una sensibile alterazione del prezzo degli strumenti finanziari, senza che sia necessario il verificarsi di tale evento; tuttavia, la natura di pericolo concreto di tale delitto esige, ai fini del perfezionamento del reato, la manifestazione fenomenica della idoneità dell’azione a mettere in pericolo l’interesse protetto dalla norma, costituito dal corretto ed efficiente andamento del mercato al fine di garantire che il prezzo del titolo nelle relative transazioni rifletta il suo valore reale e non venga influenzato da atti o fatti artificiosi o fraudolenti (Sez. 1, Sentenza n. 45347 del 06/05/2015, Rv. 265397)
Pertanto, la “sensibile alterazione” del prezzo, sulla quale si impernia la rilevanza penale del fatto in termini di offensività, non richiede che l’evento manipolativo si sia realizzato, ma solo il pericolo concreto che l’azione possa realizzarlo.
Va pertanto espresso un giudizio prognostico in concreto e ex ante, che può valorizzare tutti gli elementi fattuali esistenti al momento della condotta.
Nella specie, non può escludersi tale idoneità della condotta, tenuto conto dell’aumento artificioso operato dagli indagati sul prezzo del titolo in modo repentino e ravvicinato, tale giustificare la prognosi in concreto e ex ante di sensibile alterazione del prezzo del titolo nelle future negoziazioni.
La cospicua oscillazione viene infatti a coniugarsi anche con l’arco di tempo in cui essa si verifica, perché tanto più è repentina ed improvvisa la mutazione del valore, tanto è più prossima alla connotazione oggettiva della fattispecie.
Per le considerazioni su esposte, dunque, il comune ricorso deve essere rigettato, con la conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 14/01[2025.