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Doppia conforme inammissibile: truffa bancaria

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un’ex dipendente bancaria condannata per truffa aggravata ai danni dei clienti. La sentenza consolida il principio della “doppia conforme”, limitando la possibilità di riesaminare i fatti. Viene confermata la qualificazione del reato come truffa, distinguendola dal furto e dalla frode informatica, poiché la condotta ingannevole ha indotto le vittime a un comportamento omissivo che ha permesso il reato.

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Pubblicato il 15 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Doppia Conforme Inammissibile: la Cassazione sulla Truffa Bancaria

Quando due gradi di giudizio giungono alla medesima conclusione, si parla di “doppia conforme”. In questi casi, le possibilità di ribaltare la sentenza in Cassazione si riducono drasticamente. Una recente pronuncia della Suprema Corte ha ribadito questo principio, dichiarando una doppia conforme inammissibile nel caso di una dipendente bancaria condannata per truffa aggravata. La sentenza offre spunti cruciali sulla distinzione tra truffa, furto e frode informatica, e sui limiti del ricorso in sede di legittimità.

I Fatti del Caso

L’imputata, una dipendente di un istituto di credito, era stata condannata in primo grado e in appello per aver commesso diversi episodi di truffa continuata e aggravata ai danni di alcuni clienti della banca. Le condotte contestate includevano la liquidazione non autorizzata di polizze vita e il trasferimento di fondi e titoli a proprio vantaggio, sfruttando la fiducia e la scarsa vigilanza dei correntisti.

La difesa aveva presentato ricorso in Cassazione basandosi su diversi motivi: l’errata valutazione delle prove, la scorretta qualificazione giuridica del reato (che a suo dire doveva essere furto aggravato o frode informatica), la mancanza della condizione di procedibilità per difetto di querela valida e la prescrizione di alcuni episodi.

L’Analisi della Cassazione e la Doppia Conforme Inammissibile

La Corte di Cassazione ha rigettato tutti i motivi, dichiarando il ricorso inammissibile. L’analisi della Corte si è concentrata su alcuni punti cardine della procedura e del diritto penale sostanziale.

Il Principio della “Doppia Conforme” e i Limiti del Ricorso

Il primo punto affrontato è stato quello della cosiddetta “doppia conforme”. La Corte ha ricordato che, quando le sentenze di primo e secondo grado sono concordi, il vizio di motivazione o di travisamento della prova può essere sollevato in Cassazione solo a condizioni molto stringenti. In sostanza, il ricorrente non può limitarsi a proporre una lettura alternativa delle prove, ma deve dimostrare che il giudice d’appello ha ignorato prove decisive o introdotto elementi probatori nuovi senza una corretta valutazione. Nel caso di specie, il giudice d’appello aveva riesaminato lo stesso materiale probatorio del primo grado, giungendo alle medesime conclusioni in modo logico e coerente. Pertanto, le due sentenze formano un unico corpo decisionale, difficilmente scalfibile in sede di legittimità, rendendo il ricorso su questo punto una doppia conforme inammissibile.

Truffa, Furto o Frode Informatica? La Qualificazione del Reato

Un altro motivo centrale del ricorso riguardava la qualificazione del reato. La difesa sosteneva che le condotte dovessero essere inquadrate come furto aggravato dall’uso del mezzo fraudolento o come frode informatica. La Cassazione ha respinto questa tesi, confermando la correttezza della qualificazione come truffa.

La Corte ha chiarito che si configura il delitto di truffa anche quando il danno della vittima deriva da un suo comportamento omissivo, purché determinato dalla condotta ingannevole dell’agente. Nel caso in esame, l’imputata aveva creato una falsa rappresentazione della realtà che aveva indotto i clienti a omettere i dovuti controlli e a continuare ad affidarle la gestione dei loro risparmi. Questo comportamento passivo, frutto di artifizi e raggiri, è sufficiente a integrare il reato di truffa.

Non si trattava di frode informatica perché non vi è stata alcuna manipolazione del sistema informatico, ma un semplice utilizzo dello stesso come strumento per compiere la truffa. Né poteva parlarsi di furto, poiché mancava l’elemento dello spossessamento avvenuto senza alcuna cooperazione (seppur viziata) della vittima.

Le Motivazioni

La decisione di dichiarare il ricorso inammissibile si fonda su una serie di motivazioni giuridiche solide. In primo luogo, la Corte ha sottolineato che il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un controllo di legittimità. Di fronte a una “doppia conforme”, il sindacato della Corte è limitato alla verifica della coerenza logica della motivazione, che in questo caso è stata ritenuta immune da vizi.

In secondo luogo, la Corte ha correttamente applicato i principi consolidati in materia di truffa, ribadendo che la cooperazione artificiosa della vittima può consistere anche in una “mancata reazione” o in un’omissione, quando questa è il risultato diretto dell’inganno perpetrato dall’autore del reato. Infine, sono stati respinti i motivi relativi alla prescrizione, poiché il momento consumativo della truffa coincide con l’ottenimento dell’ingiusto profitto (l’accredito delle somme sul conto dell’imputata), data che risultava successiva al termine di prescrizione ipotizzato dalla difesa.

Le Conclusioni

La sentenza in esame consolida importanti principi del diritto e della procedura penale. Insegna che un ricorso per Cassazione avverso una “doppia conforme” richiede l’individuazione di vizi logici o giuridici manifesti e non può limitarsi a una semplice rilettura dei fatti. Sotto il profilo sostanziale, la pronuncia chiarisce in modo efficace i confini tra la truffa e figure di reato affini come il furto aggravato e la frode informatica, evidenziando come la condotta ingannevole che determina un’omissione dannosa da parte della vittima rientri a pieno titolo nello schema dell’art. 640 c.p. La decisione finale di inammissibilità comporta la condanna definitiva dell’imputata e il suo obbligo di risarcire le parti civili, ponendo fine alla vicenda processuale.

Quando un ricorso in Cassazione si basa su due sentenze identiche (“doppia conforme”), quali sono i limiti per contestare le prove?
In caso di “doppia conforme”, il ricorso per travisamento della prova è ammesso solo se il ricorrente dimostra che l’argomento probatorio contestato è stato introdotto per la prima volta nella sentenza d’appello, oppure se il giudice d’appello, per rispondere alle critiche, ha richiamato atti probatori non esaminati in primo grado. Non è sufficiente proporre una diversa interpretazione del materiale già valutato conformemente da entrambi i giudici di merito.

Perché la condotta della dipendente è stata classificata come truffa e non come furto o frode informatica?
È stata classificata come truffa perché l’elemento centrale è stata la condotta ingannevole (artifizi e raggiri) che ha indotto in errore i clienti, portandoli a un comportamento omissivo (mancato controllo e prosecuzione dell’affidamento dei beni). Questa cooperazione passiva della vittima è tipica della truffa. Non è furto, perché manca lo spossessamento unilaterale senza alcuna interazione con la vittima. Non è frode informatica, perché l’imputata non ha alterato il funzionamento di un sistema informatico, ma lo ha semplicemente usato come strumento per eseguire le operazioni fraudolente.

In un caso di truffa su polizze vita, chi ha il diritto di sporgere querela?
Il diritto di sporgere querela appartiene alla persona offesa dal reato, ovvero a chi subisce direttamente il danno patrimoniale. Nel caso specifico, la Corte ha stabilito che i titolari delle polizze (i correntisti) sono le persone offese, poiché il loro patrimonio è stato direttamente leso dalla condotta dell’imputata che ha disinvestito le loro somme. Anche l’erede di una vittima deceduta può validamente sporgere querela, in quanto subentra nel patrimonio e negli strumenti di tutela ad esso collegati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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