LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Doppia conforme e spaccio: inammissibile il ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per detenzione e coltivazione di stupefacenti. La decisione si fonda sul principio della “doppia conforme”, poiché i motivi di ricorso riproponevano questioni già respinte dai giudici di primo e secondo grado. La Corte ha ritenuto provato il pieno coinvolgimento dell’imputato, respingendo la tesi della mera connivenza con il figlio e la richiesta di riqualificare il reato come di lieve entità, data l’ingente quantità di droga sequestrata.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Doppia Conforme e Stupefacenti: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

Il principio della doppia conforme nel processo penale rappresenta un importante sbarramento per l’accesso al giudizio di Cassazione. Quando Tribunale e Corte d’Appello concordano sulla colpevolezza dell’imputato, le possibilità di ribaltare il verdetto si riducono drasticamente. Un’ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come questo principio si applichi ai reati in materia di stupefacenti, dichiarando inammissibile un ricorso basato su argomenti già vagliati e respinti nei precedenti gradi di giudizio.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da una condanna per detenzione ai fini di spaccio e coltivazione di sostanze stupefacenti. Durante una perquisizione domiciliare, le forze dell’ordine avevano rinvenuto:

* Nella cucina, all’interno di un contenitore per biscotti, 137 grammi di hashish e una modesta quantità di marijuana.
* Nella camera da letto dell’imputato, nascosti sotto una pila di maglie nel suo armadio, 200 grammi di hashish suddivisi in panetti.
* Addosso al figlio dell’imputato, una piccola quantità di hashish.
* Piantine di marijuana in coltivazione.

Sulla base di questi elementi, l’uomo veniva condannato in primo grado, con sentenza poi confermata integralmente dalla Corte d’Appello.

I Motivi del Ricorso e la Tesi Difensiva

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione articolandolo su tre punti principali:

1. Travisamento della prova: Si sosteneva che la Corte avesse errato nel giudizio di responsabilità, poiché la droga e lo strumentario sarebbero stati riconducibili esclusivamente al figlio. L’imputato si sarebbe trovato in una posizione di mera “connivenza non punibile”.
2. Difetto di motivazione: La difesa lamentava una carenza di argomentazioni a sostegno della responsabilità penale per la coltivazione delle piante di marijuana.
3. Mancata riqualificazione del reato: Si chiedeva di inquadrare il fatto nell’ipotesi di lieve entità prevista dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990, data la presunta modesta offensività della condotta.

Le Motivazioni della Cassazione sul Principio della Doppia Conforme

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni sua parte. La decisione si fonda principalmente sul concetto di doppia conforme. I giudici hanno evidenziato come tutti e tre i motivi di ricorso fossero semplici riproposizioni di argomenti già adeguatamente analizzati e respinti sia dal Tribunale che dalla Corte d’Appello.

La Corte ha specificato che, a fronte di due sentenze conformi, gli argomenti difensivi non erano riusciti a “disarticolare il ragionamento logico giuridico” posto a fondamento della condanna. Il pieno coinvolgimento dell’imputato era dimostrato non solo dalla quantità totale dello stupefacente, ma soprattutto dalla sua collocazione: una parte significativa (200 grammi) era stata trovata nascosta proprio nell’armadio della sua camera da letto, un luogo che smentiva la tesi della semplice tolleranza passiva dell’attività del figlio.

Anche la richiesta di derubricazione a fatto di lieve entità è stata rigettata. I giudici hanno confermato la valutazione della Corte d’Appello, secondo cui la quantità e qualità della sostanza, sufficiente a ricavare ben 2538 dosi, insieme al materiale per il confezionamento, erano elementi oggettivi che impedivano di considerare l’offesa come di “particolare tenuità”.

Le Conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio cardine del nostro sistema processuale: il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove riesaminare i fatti. In presenza di una doppia conforme, l’imputato che intende appellarsi alla Suprema Corte deve presentare critiche che evidenzino un vizio logico manifesto o una chiara violazione di legge, non limitarsi a riproporre la propria versione dei fatti. In questo caso, la coerenza delle valutazioni dei giudici di merito e la solidità delle prove raccolte hanno reso il ricorso inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano una semplice riproposizione di censure già esaminate e respinte sia dal Tribunale che dalla Corte d’Appello (c.d. “doppia conforme”), senza introdurre argomenti capaci di invalidare il ragionamento logico dei giudici di merito.

La difesa ha sostenuto che la droga appartenesse al figlio. Perché questa tesi non è stata accettata?
La tesi non è stata accettata perché le prove dimostravano un pieno coinvolgimento dell’imputato. La droga era stata trovata in diverse aree della casa, inclusi 200 grammi di hashish nascosti nel suo armadio personale, indicando una responsabilità diretta e non una semplice connivenza passiva con le attività del figlio.

Perché il reato non è stato considerato di “lieve entità”?
Il reato non è stato riqualificato come di “lieve entità” a causa della notevole quantità e qualità della sostanza stupefacente sequestrata, dalla quale era possibile ricavare oltre 2500 dosi, e della presenza di materiale per il confezionamento. Questi elementi sono stati ritenuti incompatibili con un’offesa di particolare tenuità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati