Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22986 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22986 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 10/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a BENEVENTO il 18/11/1976
avverso la sentenza del 28/03/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Bari ha confermato la pronuncia in data 2 novembre 2018 del Tribunale di Foggia, con cui l’imputato NOME COGNOME è stato condannato alla pena di anni due di reclusione ed euro 4.000 di multa, per il reato di cui agli artt. 81 cod. pen. e 73, co. 4, d.P.R. n. 309/1990.E’ stat altresì, confermata la confisca e la distruzione di quanto in sequestro ad eccezione del denaro del quale era disposta la restituzione in favore all’avente diritto.
Avverso tale sentenza l’imputato, a mezzo del proprio difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione, articolato in tre distinti motivi.
2.1.- Con il primo si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) e c) cod. proc. pen., violazione degli artt. 192 e 533 cod. proc. pen. nonché il travisamento della prova avendo la Corte confermato il giudizio di responsabilità dell’imputato, piuttosto che ritenere la connivenza non punibile dello stesso, essendo chiara la riferibilità della droga e dello strumentario al proprio figlio.
2.2. Con il secondo si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., difetto della motivazione in ordine alla ritenuta responsabilità penale dell’imputato rispetto alla coltivazione di piantine di marijuana.
2.3. Con il terzo si deduce, ai sensi dell’ad. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen., violazione di legge e vizio della motivazione con riguardo alla mancata riqualificazione del fatto nell’ipotesi di cui al comma 5 dell’art. 73 D.P.R. n. 309/1990
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile poiché tutti e tre i motivi sono riproduttivi di profili di censure già adeguatamente vagliate e disattese dalla Corte di merito con percorso argomentativo logico e coerente con le emergenze acquisite. Peraltro a fronte di una ipotesi di c.d. doppia conforme, gli argomenti difensivi non si rivelano idonei a disarticolare il ragionamento logico giuridico posto a fondamento del giudizio di responsabilità dell’imputato, tanto con riferimento alla detenzione dello stupefacente quanto della coltivazione.
Le sentenze conformi hanno posto l’accento sugli elementi acquisiti in occasione dell’arresto del ricorrente che, in una valutazione complessiva, dimostrano il pieno coinvolgimento dell’imputato nell’attività illecita. All’interno dell’abitazione dove stata segnalata una probabile attività di spaccio erano rinvenuti all’interno del vano cucina, dentro un contenitore di biscotti, 137 grami di hashish oltre che un modesto quantitativo di marijuana; 200 grammi di hashish erano, invece, ritrovati, suddivisi in panetti celati “sotto una pila di maglie nell’armadio ubicato nella camera da letto dell’imputato”, 6,76 grammi nella stanza da letto del figlio in dosso al quale era rinvenuto un altro modesto quantitativo di hashish. I militari rinvenivano, altresì, un
bilancino di precisione, un coltello da cucina con lama intrisa di sostanza stupefacente, tre grinder, un contenitore per semi di marijuana, bustine monodose,
una forbice in metallo con lama ancora intrisa di stupefacente. Inoltre, nel soggiorno era collocata una piccola serra contenente vasi con alcune piantine di marijuana. La
Corte territoriale respingendo le censure mosse con il gravame e oggi riproposte, ha evidenziato la distribuzione all’interno della casa non solo della sostanza
stupefacente, del consistente materiale atto al confezionamento ma, vieppiù, la collocazione all’interno del soggiorno della serra rilevando, in maniera affatto illogica
che il mettere a disposizione l’abitazione costituiva ben più che un’ipotesi di mera connivenza laddove consentire al figlio di portare avanti la sua attività illecita
all’interno della sua abitazione e per un periodo di tempo non trascurabile costituiva contributo materiale all’attività. In proposito la Corte ha richiamato giurisprudenza
secondo cui mentre la connivenza non punibile postula che l’agente mantenga un comportamento meramente passivo, nel concorso è richiesto un consapevole
contributo che può manifestarsi anche in forma che agevoli il proposito criminoso del concorrente garantendogli anche implicitamente, una collaborazione sulla quale poter contare (Sez. IV, 20 novembre 2020, n. 34754)
Parimenti inammissibile in quanto meramente reiterativa è, altresì, la richiesta di riqualificare il fatto ai sensi dell’art. 73 co. 5 d.P.R. 309/1990. La Corte di appello nel solco tracciato da questa Corte di legittimità, ha osservato che gli elementi valorizzati dal ricorrente erano già stati presi in considerazione dal primo giudice e che nello specifico, la qualità e quantità di sostanza stupefacente, dalla quale era possibile ricavare ben 2538 dosi, in uno al materiale atto al confezionamento dello stupefacente non consentiva di ritenere l’offesa di particolare tenuità cfr. Cass., Sez. VI, n. 45061/2022).
Alla inammissibilità del ricorso a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla somma di euro 3.000, in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Deciso il 10 giugno 2025