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Doping amatoriale: è reato secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi di tre imputati condannati per reati legati all’uso e alla commercializzazione di sostanze dopanti. La sentenza stabilisce due principi fondamentali: il reato di doping si applica anche in caso di doping amatoriale, poiché la norma tutela la salute individuale a prescindere dal livello agonistico; inoltre, l’acquisto di farmaci illeciti per uso personale configura ricettazione, in quanto il “profitto” può essere anche non patrimoniale, come il miglioramento fisico.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Doping Amatoriale: Anche l’Uso non Agonistico è Reato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale in materia di sostanze dopanti: il reato di doping amatoriale è pienamente configurabile, poiché la legge tutela la salute dell’individuo, indipendentemente dal fatto che l’attività sportiva sia svolta a livello professionistico o amatoriale. La Corte ha inoltre confermato che l’acquisto di tali sostanze di provenienza illecita integra il reato di ricettazione, anche se finalizzato al solo uso personale.

I fatti di causa

Il caso trae origine da una complessa indagine che ha coinvolto diversi soggetti. In primo grado, un imputato era stato condannato per la ricettazione di ricettari medici, mentre altri due erano stati assolti dall’accusa di uso di sostanze dopanti e ricettazione delle stesse. La Corte di Appello, riformando parzialmente la decisione, aveva esteso la condanna del primo imputato a reati più gravi come la commercializzazione di farmaci dopanti e la falsificazione di ricette, e aveva condannato anche gli altri due imputati, precedentemente assolti.

Contro questa decisione, i tre condannati hanno proposto ricorso per cassazione, sollevando diverse questioni di legittimità e di merito.

I motivi del ricorso in Cassazione

I ricorsi si fondavano su argomenti distinti:

* Un ricorrente sosteneva che l’uso di anabolizzanti per il body building a livello amatoriale non potesse integrare il reato previsto dall’art. 586-bis del codice penale. A suo dire, mancava il dolo specifico di alterare una prestazione agonistica in un contesto competitivo e regolamentato.
* Sia questo ricorrente che un altro contestavano la condanna per ricettazione (art. 648 c.p.), affermando che l’acquisto di sostanze per uso personale non configurasse il “profitto” richiesto dalla norma.
* Un terzo imputato lamentava una violazione del diritto di difesa, poiché la conversione del ricorso per cassazione del Pubblico Ministero in un appello ordinario gli avrebbe impedito di presentare un appello incidentale.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto tutti i ricorsi, dichiarandoli inammissibili e fornendo importanti chiarimenti su ogni punto sollevato.

Doping amatoriale e tutela della salute

La Corte ha smontato la tesi difensiva sulla distinzione tra sport agonistico e amatoriale. Richiamando la propria giurisprudenza consolidata, ha affermato che la norma anti-doping (art. 586-bis c.p.) non richiede che l’attività sportiva sia svolta a livello professionistico. La ratio legis della norma è la tutela della salute dell’individuo contro i rischi derivanti dall’abuso di sostanze dopanti. Pertanto, chiunque assuma farmaci per modificare le proprie condizioni psicofisiche al fine di alterare una prestazione atletica, anche se amatoriale, commette reato. La salute è un bene da proteggere a prescindere dal contesto competitivo.

Ricettazione e il concetto di profitto non patrimoniale

Anche l’argomento sulla ricettazione è stato giudicato infondato. La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: il “profitto” che integra il dolo specifico del reato di ricettazione non deve essere necessariamente di natura patrimoniale o economica. Può consistere in qualsiasi vantaggio o utilità personale, anche di natura non finanziaria. Nel caso di specie, il profitto consisteva nel conseguimento del vantaggio personale derivante dall’uso di farmaci anabolizzanti per modificare la propria struttura muscolare. Questo beneficio è stato ritenuto sufficiente per configurare il reato.

Conversione del ricorso e diritto di difesa

Infine, la Corte ha escluso qualsiasi violazione del diritto di difesa. La norma che prevede la conversione del ricorso del P.M. in appello (art. 580 c.p.p.) non è irragionevole, ma risponde a criteri di economia processuale e alla finalità di evitare giudicati contrastanti. L’imputato, partecipando al giudizio di appello, ha avuto piene garanzie di difesa, potendo interloquire su ogni aspetto del processo.

Le conclusioni

Con questa sentenza, la Corte di Cassazione consolida due orientamenti di grande rilevanza pratica. In primo luogo, l’applicazione delle norme sul doping amatoriale è molto ampia e mira a proteggere la salute pubblica prima ancora che la lealtà sportiva. Chiunque utilizzi sostanze illecite per migliorare le proprie prestazioni fisiche è penalmente perseguibile, anche se non partecipa a competizioni ufficiali. In secondo luogo, viene confermata un’interpretazione estensiva del concetto di “profitto” nel reato di ricettazione, che può includere qualsiasi vantaggio personale, consolidando la possibilità di perseguire anche chi acquista beni illeciti per un fine non strettamente economico.

L’uso di sostanze dopanti per attività sportiva non agonistica, come il body building amatoriale, è reato?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che la norma anti-doping (art. 586-bis c.p.) si applica anche alle attività sportive svolte a livello amatoriale e non agonistico, poiché il suo scopo primario è tutelare la salute dell’individuo, a prescindere dal contesto competitivo.

Acquistare farmaci dopanti di provenienza illecita per uso personale può configurare il reato di ricettazione?
Sì. Secondo la Corte, il “profitto” richiesto per il reato di ricettazione (art. 648 c.p.) non deve essere necessariamente di natura economica. Può consistere in qualsiasi vantaggio personale, incluso il miglioramento delle proprie prestazioni fisiche o la modifica della propria struttura muscolare, che deriva dall’uso di tali sostanze.

La conversione di un ricorso per cassazione del Pubblico Ministero in appello limita il diritto di difesa dell’imputato?
No. La Corte ha ritenuto che tale procedura, prevista dall’art. 580 c.p.p., non comprime il diritto di difesa. L’imputato ha la piena possibilità di difendersi nel giudizio di appello che ne deriva, e la norma serve a garantire economia processuale e a prevenire decisioni contrastanti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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