Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 27246 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 27246 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/07/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME COGNOME nato a Milano il 24/09/1990
COGNOME NOME nato a Mileto il 21/08/1985
NOME COGNOME nato in Egitto il 24/07/1983
avverso la sentenza del 10/12/2024 della Corte di Appello di Milano
Esaminati gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
sentito il Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratrice generale NOME COGNOME che ha chiesto, in relazione al ricorso di NOME COGNOME l’annullamento con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano, limitatamente al capo 9, con inammissibilità nel resto; inammissibilità degli altri ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 10/12/2024 la Corte di Appello di Milano, in riforma della sentenza emessa con rito abbreviato dal Tribunale di Milano il 15/12/2022 -a seguito del ricorso per cassazione proposto dal P.M., convertito in appello ai sensi dell’art. 580 cod. proc. pen. , e de ll’ appello proposto da NOME COGNOME oltre che da NOME COGNOME -ha dichiarato l’NOME colpevole dei reati di cui ai capi 1, 3, 4, 5, e 6 -assorbito il capo 7 nel capo 1 -e, ritenuta la continuazione con i fatti di cui al capo 2 ed operata la riduzione per il rito, lo ha condannato alla pena di anni
due di reclusione ed euro 1.000 di multa; ha dichiarato NOME COGNOME e NOME COGNOME colpevoli dei reati loro rispettivamente ascritti, unificati dal vincolo della continuazione e, riconosciute per entrambi circostanze attenuanti generiche ed operata la riduzione per il rito, li ha condannati alla pena -sospesa alle condizioni di legge -di anni uno e mesi quattro di reclusione ed euro 400 di multa.
I l giudice di primo grado aveva riconosciuto l’Enea responsabile soltanto del reato di ricettazione di ricettari utilizzati per l’acquisto di sostanze dopanti , commesso nel luglio 2019 (capo 2), assolvendo il Sadek ed il Vignati dai reati ad essi ascritti (capi 9 e 10, il primo; capi 11 e 12, il secondo); la Corte di appello, in parziale accoglimento dell’appello del P .M. , aveva esteso la condanna dell’Enea ai suddetti capi (commercializzazione di farmaci dopanti, falsificazione di ricette mediche, ulteriori episodi di ricettazione di ricettari e di ricette mediche cd. rosse, truffa ai danni di farmacie milanesi), affermando la responsabilità penale degli altri due imputati in relazione ai delitti per i quali in primo grado erano stati prosciolti.
Avverso la sentenza di appello propongono ricorso per cassazione i suddetti imputati, tramite i rispettivi difensori di fiducia.
3.1. Nell’interesse di NOME si eccepisce:
violazione di legge e vizio di motivazione (artt. 163 e 175 cod. pen. e art. 125 cod. proc. pen.) per l’omessa valutazione da parte della corte territoriale della richiesta dei benefici di legge, ingiustificatamente negati dal primo giudice; per l’inadeguato esame dell’istanza ex art. 131bis cod. pen.; per il diniego delle circostanze attenuanti generiche; per l’omessa indicazione dei criteri utilizzati per determinare gli aumenti di pena per i reati posti in continuazione (primo motivo);
violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla affermata insussistenza dei presupposti per l’applicazione di pene sostitutive, in assenza di un concreto giudizio prognostico (secondo motivo).
3.2. Nell’interesse di NOME COGNOME sono articolati due motivi:
violazione di legge (art. 586bis cod. pen.), con particolare riferimento alla prova del dolo specifico, posto che l’intervento della Corte costituzionale (sentenza n. 105 del 22/04/2022) che aveva ampliato l’applicabilità della norma anche a i casi di dolo generico era successivo rispetto all’epoca di commissione dei reati (2019) e che le condotte contestate riguardavano la mera assunzione di sostanze dopanti e non il commercio delle stesse, previsto dal settimo comma della norma incriminatrice, oggetto della pronuncia di incostituzionalità; in particolare, la corte di appello -diversamente dal primo giudice -aveva ritenuto che il fine di alterazione delle prestazioni agonistiche degli atleti (dolo specifico) dovesse riferirsi anche a quelle sportive o atletiche non agonistiche, citando a tal fine due
precedenti di legittimità, in realtà inconferenti, perché relativi ad ipotesi diverse (in un caso, commercializzazione clandestina di anabolizzanti ; nell’altro, prestazioni agonistiche di atleta non iscritto a società sportiva o federazione); infine, il tenore letterale della norma richiamava in termini inequivoci l’attività sportiva caratterizzata da un contesto competitivo e regolamentato, escludendo pratiche amatoriali o ludiche, come quelle praticate dal ricorrente (primo motivo);
violazione di legge (art. 648 cod. pen.) e vizio di motivazione per insussistenza del reato presupposto, posto che l’acquisto di anabolizzanti per uso personale non era penalmente rilevante (secondo motivo).
3.3. Il ricorso di NOME COGNOME è articolato in tre motivi, con i quali si eccepisce: nullità per inosservanza di norma processuale (art. 580 cod. proc. pen.), in quanto la conversione in appello del ricorso del P.M. non aveva consentito il pieno esercizio del diritto di difesa (la rivalutazione del materiale probatorio, esclusa in sede di legittimità, era stata effettuata dalla corte territoriale, che aveva ribaltato le conclusioni del tribunale circa il ruolo dell’imputato nell’ambito delle attività sportive, senza possibilità per la difesa di proporre appello incidentale per confutare nel merito l’impugnazione del PM) (primo motivo);
erronea applicazione degli artt. 586bis e 648 cod. pen., per la mancata lesione di un interesse patrimoniale conseguente all’acquisto di anabolizzanti e per l’uso esclusivamente personale delle sostanze, al di fuori di competizioni agonistiche, nei termini ben evidenziati dalla sentenza di primo grado (secondo motivo);
omesso riconoscimento della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto ex art. 131bis cod. pen., in considerazione del ristretto arco temporale di commissione dei reati e della occasionalità della condotta delittuosa (terzo motivo).
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili perché presentati per motivi privi della specificità necessaria ex artt. 581, comma 1, e 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. e, comunque, manifestamente infondati.
Il primo motivo del ricorso del COGNOME ripropone il tema del dolo specifico del reato previsto dall’art. 586 -bis , primo comma, cod. pen.
Il ricorrente è stato condannato per aver assunto farmaci idonei a modificare le condizioni psicofisiche e biologiche dell’organismo al fine di alterare le prestazioni atletiche; sostiene a riguardo che l ‘assunzione è avvenut a in relazione
alla pratica di attività di body building svolta a livello amatoriale e non agonistico, circostanza che escluderebbe la specifica finalità prevista dalla norma.
Ha precisato a riguardo la Suprema Corte, con argomentazioni correttamente riportate nella sentenza impugnata e con le quali il ricorrente non si confronta, che per la configurabilità del delitto di detenzione di sostanze farmacologicamente o biologicamente attive (cosiddetti anabolizzanti) – previsto dall’art. 9, legge 14 dicembre 2000, n. 376, in materia di lotta contro il “doping” (fattispecie ora inserita nell’art. 586-bis cod. pen.) – non è richiesto che l’attività sportiva sia svolta a livello professionistico o comunque agonistico (Sez. 3, n. 16437 del 21/01/2020, Vergiani, Rv. 279274 -01; Sez. 3, n. 32963 del 18/04/2013, COGNOME, Rv. 257263 -01).
In particolare, la motivazione della sentenza n. 16437/2020 richiama quella di cui alla sent. n. 32963/2013 e ribadisce che non può essere condivisa la tesi difensiva -reiterata nel ricorso del COGNOME – tesa a limitare la sfera dei possibili autori del reato a chi svolga una attività di “atleta”; precisa altresì che, come la Corte di cassazione ha avuto modo di chiarire in pronunce anche risalenti (Sez. 2, n. 43328 del 15/11/2011, COGNOME, Rv. 251377 -01), l’ipotesi di reato in argomento costituisce fattispecie di pericolo e ha la finalità di prevenire i rischi legati all’utilizzo e all’abuso di sostanze dopanti nelle attività sportive.
A tale principio deve aggiungersi che non solo non vi è alcun elemento rinvenibile dalla descrizione della fattispecie normativa che consenta di limitare le attività sportive rilevanti alle sole svolte a livello professionistico o comunque agonistico, ma dalla collocazione operata della fattispecie nel Titolo XII, – Delitti contro la persona-, Capo I, – Dei delitti contro la vita e l’incolumità individuale – si trae la conferma della ratio legis della tutela dell’individuo e della sua salute da cui discende che devono essere prese in considerazione tutte le ipotesi in cui, anche nelle attività sportive svolte a livello amatoriale, la persona ricorre all’ausilio di sostanze vietate.
Ne consegue che per la configurabilità delle condotte vietate dall’art. 586bis cod. pen. (procura ad altri, somministra, assume o favorisce comunque l’utilizzo di farmaci o di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive, nonché commercializza le medesime sostanze) non è richiesto che l’attività sportiva sia svolta a livello professionistico o comunque agonistico.
3. Il secondo motivo dei ricorsi del COGNOME e del COGNOME riguarda l’applicazione dell’art. 648 cod. pen. con riferimento all’acquisto di anabolizzanti (capi 10 e 12 -‘perché, al fine di procurarsi un profitto, consapevole dell’illecita provenienza, acquistava o comunque riceveva sostanze dopanti’) .
Anche in questo caso la corte territoriale ha richiamato -a confutazione delle tesi difensive reiterate in questa sede -il consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui il profitto, il cui conseguimento integra il dolo specifico del reato di ricettazione, può avere anche natura non patrimoniale (Sez. 2, n. 15680 del 22/03/2016, COGNOME, Rv. 266516 -01, in fattispecie analoga, in tema di acquisto di farmaci anabolizzanti provento del delitto previsto dall’art. 9 della legge 14 dicembre 2000 n. 376, al fine di farne uso personale per la modifica della struttura muscolare; principio ribadito da Sez. 2, n. 45071 del 14/10/2021, COGNOME, Rv. 282508 -01).
Manifestamente infondata, oltre che reiterativa, è l’eccezione processuale oggetto del primo motivo di ricorso del Sadek.
Non sussiste infatti la dedotta compressione del diritto di difesa a seguito della conversione in appello del ricorso per cassazione proposto dal P.M. (‘se il Pubblico Ministero avesse depositato atto di appello…la difesa avrebbe potuto depositare appello incidentale, svolgendo ogni considerazione nel merito dei fatti anche offrendo una valutazione probatoria dei fatti differenti; circostanza invece preclusa dal ricorso per cassazione della Procura che, come noto, non consente il deposito del ricorso incide ntale’ pag. 3 del ricorso).
Da tempo, infatti, la Corte ha precisato -ritenendo manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 580 cod. proc. pen., per contrasto con gli artt. 3, 24, secondo comma, e 25, primo comma, Cost. -che la disposizione, che impone, nell’ipotesi considerata, la conversione del ricorso per cassazione in appello è tutt’altro che irragionevole, avendo lo scopo di evitare la molteplicità di giudizi sulle stesse questioni e si ispira, palesemente, non solo a criteri di economia e concentrazione processuale, ma anche alla finalità di evitare giudicati contrastanti; ha altresì affermato, in termini condivisibili, che la norma non comporta alcuna lesione del diritto di difesa, essendo pienamente garantito tale diritto nel giudizio di appello al quale l’imputato partecipa anche nel caso in cui sia convertito il ricorso per cassazione proposto dal pubblico ministero (Sez. 6, n. 13294 del 04/10/1999, COGNOME, Rv. 214895 -01).
L ‘istituto processuale in esame non determina, quindi, in astratto una limitazione dell’attività difensiva dell’imputat o; tale compressione non è riscontrabile neanche in concreto, con riferimento alla fattispecie in argomento, posto che la deduzione sul punto del ricorrente, riportata in precedenza, è generica, specie a fronte delle argomentazioni a riguardo della sentenza impugnata, attestanti che il giudizio ha offerto i normali spazi per esercitare il diritto di difesa , con un margine temporale rispetto all’avviso dell’udienza che consentiva il deposito di memorie e con la possibilità -a seguito della richiesta di
trattazione del processo in forma orale -di interloquire ampiamento in ogni profilo oggetto del ricorso e degli appelli (pagine 14 e 15 della sentenza).
Tutti i motivi di ricorso dell’Enea con i quali non si muovono rilievi all’affermazione di responsabilità per i vari reati oggetto di condanna sono reiterativi e privi di specificità.
Il diniego delle circostanze attenuanti generiche è stato motivato con esplicito riferimento alla personalità negativa dell’imputato, desumibile dalla spiccata e non comune capacità organizzativa nella gestione dell’attività illecita; l’esclusione dell’applicazione dell’art. 131 -bis cod. pen. ha trovato adeguato fondamento nella sistematicità ed abitualità della condotta , attesa l’articolata attività di r icezione di ricettari sottratti a medici, falsificazione di ricette, reclutamento di soggetti disposti ad ottenere farmaci presso le farmacie, accesso ad ulteriori canali illeciti per ottenere una varietà di prodotti farmacologici); gli aumenti per la continuazione sono stati determinati singolarmente, in relazione ai singoli reati, secondo criteri di proporzionalità ed adeguatezza; la richiesta di lavoro sostitutivo di pubblica utilità è stata disattesa con motivazione congrua, in considerazione del tipo di impegno prospettato, limitato a poco ore del giorno e con mansioni non precisate, a fronte di un allarmante rete delinquenziale, rimasta occulta, della quale l’NOME faceva parte.
Quanto all’omessa pronuncia sui benefici di legge ex artt. 163 e 175 cod. pen., si ribadisce che l’istanza di applicazione del lavoro di pubblica utilità sostitutivo, in quanto indicativa della volontà dell’imputato di eseguire la pena, comporta l’implicita rinuncia alla richiesta di concessione della sospensione condizionale della pena, con conseguente preclusione della formulazione, in sede di gravame, di doglianze riguardanti il difetto di motivazione circa il diniego del beneficio, attesa l’incompatibilità tra i due istituti (Sez. 3, n. 2223 del 24/09/2024, dep. 2025, COGNOME, Rv. 287394 -01).
A fronte del quadro prognostico negativo delineato dalla corte territoriale, la richiesta di non menzione -f inalizzata ad agevolare un processo di recupero attraverso la mancata pubblicità della condanna -non si giustificava; il ricorrente non ha altresì indicati ragioni in senso contrario, sì che il rilievo è generico.
Alla dichiarazione d’inammissibilità de i ricorsi segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen. la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma ritenuta equa di euro tremila a titolo di sanzione pecuniaria.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 3 luglio 2025