Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 15711 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 15711 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 02/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ROMA il 04/08/1971
avverso l’ordinanza del 09/12/2024 del TRIB. LIBERTA di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni scritte pe, – l’udienza camerale non partecipata del PG in persona del Sostituto Proc. Gen. NOME COGNOME che ha chiesto ii rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 9/12/2024 il Tribunale di Roma ha rigettato la richiesta di riesame personale avverso l’ordinanza emessa in data 9/11/2024 con l quale il GIP del Tribunale di Roma ha applicato la misura della custodia cautel in carcere nei confronti di NOME COGNOME in quanto indagato per il rea cui all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990.
La difesa aveva dedotto: a) la nullità dell’ordinanza per difetto di doman cautelare, non avendo il PM, dopo il rigetto del 6/11/2024, rivolto al GIP ulte e specifiche richieste; b) il difetto di gravi indizi di colpevolezza a carico priotti in relazione all’addebito sub 6 bis) in quanto la mancanza di ogni con tra l’indagato e i coindagati COGNOME e COGNOME giammai si concilierebbe con il rilevante “scambio” dell’intera indagine, in quanto nelle due giornate del 21 aprile 2022 gli operanti in servizio o.c.p. non hanno mai assistito al passagg qualcosa che sia anche astrattamente compatibile con il quantitativo di cocaina valore di 60 mila euro; d’altra parte, il caricamento dell’auto in INDIRIZZO rebbe del tutto coerente con gli altri tre incontri effettuati dall’Argenziano ne della giornata; c) il difetto di esigenze cautelari e in ogni caso l’idoneit misura gradata come quella degli arresti domiciliati, già rivelatasi in passato guata a neutralizzare, altri possibili atti illeciti.
Ricorre il COGNOME a mezzo del proprio difensore di fiducia, deducend i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivaz come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.
Con un primo motivo si lamentano inosservanza o erronea applicazione degli artt. 130, 291 e 292, comma 1, cod. proc. pen. e manifesta illogicità motivazione, quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti, quali: la nota dei Carabinieri del 6 novembre 2024 contenuta missiva trasmessa dal Pubblico Ministero al GIP e pervenuta in data 7 novembre 2024; la scheda identificativa relativa all’indagato NOME COGNOME conte alla pag. 410 dell’informativa conclusiva di p.g. datata 17 marzo 2023..
Il ricorrente ricorda che con l’ordinanza impugnata il Tribunale del Riesam di Roma ha confermato il provvedimento cautelare emesso in data 9 novembre 2024 dal GIP in sede, attraverso il quale, nei confronti dell’indagato COGNOME stata applicata la misura cautelare della custodia in carcere in ordine all’ipo reato meglio descritta al Capo 76 bis.
Preliminarmente, in sede di procedura ex art. 309 cod. proc. pen. la difesa ricorda che aveva eccepito la nullità del genitivo provvedimento cautelare per vi lazione del c.d. “principio della domanda cautelare”.
Ciò in quanto:
in data 27 febbraio 2024 il Pubblico Ministero ha avanzato richiesta di misura cautelare, tra gli altri, anche nei confronti dell’indagato COGNOME;
in data 6 novembre 2024 il GIP si è pronunciato sulla relativa richiesta, rigettando la richiesta cautelare avanzata nei confronti del nominato;
in data 7 novembre 2024, a seguito di nota trasmessa dai Carabinieri (con allegato il certificato del casellario giudiziale recante la data di nascita corretta de COGNOME posto che all’informativa conclusiva ne era stato allegato uno che, riportando tale data errata, aveva dato un esito negativo quanto ai suoi precedenti penali), il PM disponeva la correzione delle generalità del COGNOME erroneamente riportate sulla sua richiesta e riformulava il capo d’imputazione, contestando altresì la recidiva reiterata, con trasmissione al GIP dei certificati del casellario giu diziario e dei carichi pendenti corretti inviati dalla PG;
– in data 9 novembre 2024 il medesimo GIP emetteva una nuova ordinanza cautelare, questa volta applicativa della custodia in carcere nei confronti del COGNOME, sull’assunto della seguente argomentazione: “vista la nota, depositata dal PM in data 7.11.2024, nella quale si attesta e documenta che la richiesta di applicazione, di misura cautelare contiene un errore materiale circa le generalità di COGNOME NOME… richiamata l’ordinanza già emessa in data 6.11.2024 (non ancora eseguita) quanto alla gravità indiziaria. . . rilevato, altresì, che in dett ordinanza è stata respinta la richiesta di applicazione di misura cautelare nei confronti del COGNOME in ragione del suo stato di incensuratezza (valutato sulla base di un certificato penale erroneo..). . . ritenuto di dover rivedere il suddetto giudizio alla luce della correzione dell’errore materiale relativo alla data di nascita dell’in dagato… “.
Per il ricorrente in buona sostanza, dunque, come si evince dalla sequenza sopra sinteticamente riportata, il GIP ha ritenuto di poter “rivedere” la sua decisione cautelare, pur in assenza di una esplicita nuova domanda del PM il quale, dopo l’emissione dell’ordinanza del 6 novembre, si è semplicemente limitato a correggere le generalità dell’indagato COGNOME a trasmettere al GIP i “certificati” corretti, ed a riformulare il capo d’imputazione.
Orbene, si lamenta che il Tribunale del Riesame abbia ritenuto di poter rigettare l’eccezione difensiva attraverso un ragionamento che non convincerebbe, anche e soprattutto perché fondato su dati fattuali indicati in maniera non corretta.
Secondo il Collegio de libertate, la nota emessa in data 6 novembre 2024, e pervenuta al GIP il giorno successivo, deve considerarsi al pari di una “nuova domanda cautelare”, sorretta e giustificata dalla documentazione e correzione del predetto errore materiale sulle generalità del COGNOME, e posto che non
risulterebbe che il PM fosse già stato informato della decisione del GIP (di rigetto per il COGNOME) ai fini degli adempimenti esecutivi.
In ogni caso, prosegue il Tribunale, anche qualora il PM avesse già saputo della decisione del GIP, con la correzione dell’errore materiale quest’ultimo doveva ritenersi investito della medesima domanda cautelare originaria, potendosi ritenere quella del febbraio 2024, di fatto, ancora pendente nei confronti del COGNOME, dal momento che l’indicazione delle generalità sbagliate rendeva il provvedimento di rigetto emesso sul punto dal GIP come adottato nei confronti di un soggetto inesistente.
In pratica, seguendo il ragionamento proposto, l’errore indicato avrebbe reso il primo provvedimento cautelare come sostanzialmente tamquam non esset.
A parere del ricorrente, un tale ragionamento non appare condivisibile e nessuna delle due ipotesi alternative formulate a sostegno dell’ordinanza impugnata appaiono convincenti.
In primo luogo, si sottolinea essere dato oggettivo e pacifico quello per cui la nota emessa dal PM in data 6 novembre sia venuta ad esistere dopo che il procedimento cautelare instaurato con la domanda del 27 febbraio 2024 si era ormai esaurita. E ciò è comprovato dallo stesso GIP il quale, nella successiva ordinanza del 9 novembre, attesta la ricezione della nota del PM solo in data 7 novembre 2024, dopo l’adozione della sua decisione cautelare.
Pertanto, ai fini del ragionamento che interessa, la effettiva conoscenza da parte del PM del provvedimento del giudice sarebbe una circostanza del tutto ininfluente, posto che il relativo provvedimento giurisdizionale deve ritenersi venuto ad esistere al momento del suo formale deposito in cancelleria, a nulla rilevando il dato se Io stesso fosse stato ancora, o non, eseguito.
Al contrario, infatti, si arriverebbe all’assurda conseguenza in forza della quale l’esistenza di un provvedimento giurisdizionale sarebbe fatta dipendere dalla mera volontà di un organo amministrativo (quali le forze di p.g. che devono procedere all’esecuzione), ovvero all’iniziativa, più o meno tempestiva, del personale di cancelleria circa l’adempimento delle dovute comunicazioni e notifiche (le quali, semmai, rilevano solo in relazione al decorso del termine per una eventuale impugnazione).
Inoltre, se già il tenore letterale del documento del 6 novembre lasciava chiaramente intendere a come questo non contenesse alcuna nuova richiesta da parte del PM (e pur a fronte della decisione negativa, sul punto, del giudice), dal contenuto della nuova ordinanza del 9 novembre si coglie come il GIP abbia ritenuto di poter “rivedere” il suo giudizio, non perché ha interpretato la comunicazione pervenutagli come una nuova richiesta (come invece sostenuto dal Tribunale del Riesame), ma in considerazione del fatto che la sua ordinanza cautelare non
era ancora stata eseguita, così interpretando la situazione determinatasi intorno alla posizione del COGNOME alla, stregua di un mero “errore materiale”.
In secondo luogo, poi, non sarebbe affatto corretto ritenere che la prima decisione cautelare doveva ritenersi comunque ancora pendente in quanto emessa nei confronti di un soggetto inesistente. L’errore, infatti, aveva riguardato solo la data di nascita nel nominato (come riportata nell’elenco degli indagati), ma non anche la sua effettiva identificazione, come si coglie dall’informativa conclusiva di p.g. e come espressamente indicato dagli stessi Carabinieri nella nota del 6 novembre (“si comunica che nell’elenco degli indagati presente nell’informativa cui si fa seguito, è stata erroneamente riportata la data di nascita di COGNOME NOME, mentre quella corretta era stata indicata nel capitolo relativo all’identificazione degli indagati”).
Pertanto, l’ordinanza in questione – prosegue il ricorso – non riguardava affatto un soggetto inesistente, in considerazione della perfetta conoscenza da parte degli organi di p.g. di tutte le informazioni necessarie ad identificare l’indagato, non certo tali da determinare una situazione rilevante a mente dell’art. 292, comma 3, cod. proc. pen.
Ed invero, come espressamente riportato nel capitolo dell’informativa conclusiva di PG dedicato, NOME COGNOME viene correttamente generalizzato come nato a Roma in data 04.08.1971, residente in Roma alla INDIRIZZO ma di fatto domiciliato in Rocca di Papa, a carico del quale risultano numerosi precedenti per reati contro il patrimonio ed in materia di droga. E si tratta di informazioni che erano ben note al PM e che facevano parte anche del patrimonio conoscitivo del GIP, rappresentando parte del compendio probatorio offerto a sostegno della richiesta cautelare.
Dunque, contrariamente a quanto sostenuto dal Tribunale del Riesame, la non esatta indicazione della sua data di nascita avrebbe rappresentato un problema che non ha inciso minimamente sulla esatta identificazione dell’indagato e che, pertanto, non può essere ritenuto idonea ad escludere la validità formale del primo provvedimento cautelare adottato. (Ai sensi dell’art. 292, comma 3, cod. proc. pen. infatti, solo l’incertezza sulla persona nei cui confronti è disposta la misura esonera gli ufficiali di p.g. di darvi esecuzione. Viceversa, nel caso in esame, come visto, la Polizia Giudiziaria era in possesso di informazioni assolutamente corrette ed utili finanche ad individuare il domicilio effettivo del nominato)
Ne deriverebbe, quindi, la possibilità di considerare il provvedimento coercitivo del 9 novembre 2024 adottato in violazione del principio della domanda cautelare, in considerazione di quanto segue:
l’indagato NOME COGNOME al netto dell’errore sulla sua data di scita riportato sull’elenco dei destinatari della richiesta, risulta corretta sufficientemente identificato in atti;
la “nota” del pubblico ministero pervenuta la GIP in data 7 novembre 2024 risulta emessa dopo che quest’ultimo aveva assunto la sua ordinanza cautelare, fatto chiudendo l’iter instaurato con la domanda del 27 febbraio 2024;
in ogni caso, tale “nota” del PM non può ritenersi una nuova richiesta cautelare, se non altro perché non è stata intesa in questi termini nemmeno d GIP. Come indicato nello stesso provvedimento del 9 novembre 2024 infatti, questi ha ritenuto di poter rivedere la sua precedente decisione in ragione di un ravvis “mero” errore materiale e della circostanza che la sua precedente ordinanza no risultava ancora eseguita;
completamente diverso sarebbe stato, invece, il caso in cui il PM, preso atto della decisione cautelare assunta nei confronti del COGNOME fondata su un errato (quale quello della sua incensuratezza), avesse inteso formulare una nuov richiesta allegando a sostegno, quale “fatto nuovo”, proprio i certificati del lario giudiziale e dei carichi pendenti corretti
Né, infine, potrebbe comunque ritenersi corretta la qualificazione di quanto accaduto in termini di semplice “errore materiale”, come operata dal GIP con l’or dinanza genetica.
Ai sensi di quanto previsto dall’art. 130 cod. proc. pen., infatti, “la c zione di sentenze, ordinanze o decreti inficiati da errori o omissioni che non de minano nullità e la cui eliminazione non comporta una modificazione essenziale dell’atto è disposta anche d’ufficio dal giudice che ha emesso il provvedimento”
Dal tenore letterale della norma, dunque, si ricava la sua non corretta a plicabilità al caso in esame, dove l’errore in rilievo ha determinato una inequ cabile incidenza sulla “essenzialità” dell’atto, rappresentata addirittura dalla lutazione di esigenze di cautela tali da condurre all’applicazione della misura telare più severa, in luogo, invece, del precedente rigetto totale della medes domanda cautelare.
Con un secondo motivo si denunciano inosservanza o erronea applicazione degli artt. 192, comma 2 e 273, comma 1, cod. proc. pen. nonché mancanza o manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risulta dal testo del pro dimento impugnato ovvero da altri atti del processo (quali: le annotazioni di del 21 e 22 aprile 2022 compendiante agli allegati 185 e 186 dell’informativa con clusiva di p.g.).
Quanto al merito dei fatti, il ricorrente ricorda che il Tribunale del Ries ha ritenuto corretta la valutazione compiuta nell’ordinanza impugnata (la qual sul punto, risulta totalmente recettiva della richiesta cautelare) circa la sussi
della gravità indiziaria addotta a sostegno dei fatti di cui al Capo 76 bis del brica.
In particolare, con tale ipotesi, l’incolpazione provvisoria contesta al priotti di aver acquistato dal co-indagato COGNOME NOME un quantitativo sostanza stupefacente del tipo cocaina del valore corrispondente a 60 mila euro
A sostegno, il Collegio de libertate ricorda il contenuto delle conversazioni captate in ambientale all’interno dell’autovettura in uso all’Argenziano nelle nate del 21 e 22 aprile 2922 (RIT 1681/2022), nonché quanto compendiato nelle annotazioni di servizio redatte in pari date dalla pg operante (allegati 185 e all’Informativa Conclusiva).
Ad opinione del ricorrente, la motivazione così addotta appare, in realt meramente apparente, in quanto non adeguatamente rispettosa nei canoni valutativi descritti dal combinato disposto dagli artt. 192 e 273 cod. proc. pen..
Si sottolinea che l’ipotesi accusatoria secondo la quale il COGNOME avre acquistato il predetto valore economico di sostanza stupefacente del tipo cocain si basa sul contenuto dei dialoghi intercorsi nell’auto dell’Argenziano nel pomer gio del 21 aprile, quando i due farebbero riferimento a “dei cosi” apparentemen “diversi” e a dei “sessanta” che sarebbero stati seguiti da un “resto” da consegn l’indomani mattina.
Il Tribunale ritiene corretta la ricostruzione proposta dall’accusa, poi l’attività illecita posta in essere – e monitorata – in quel periodo dall’Arge ed il tenore del dialogo, non offrirebbero alcuna spiegazione alternativa diversa quella che vuole identificare anche il COGNOME come uno dei suoi acquirenti.
Il “fatto” ex art. 192 cod. proc. pen. che, quindi, si intende dimostr almeno in termini di gravità indiziaria, attiene, appunto, ad un acquisto, con c segna, di almeno 2 kg di cocaina, tenuto conto del corrispettivo in denaro che ipotizza versato (più di 60 mila euro).
A fronte di ciò, sempre secondo il tribunale, la difesa non avrebbe forni ipotesi alternative valide, limitandosi alla proposizione di teorie astratte non i a scalfire un tale assunto accusatorio (la possibile riconducibilità del dialogo biti economici di altra natura. In considerazione della “parallela” attività, dall’COGNOME e della sua iscrizione nel registro degli indagati anche per il di cui all’art. 644 cod. pen).
La motivazione proposta, ad avviso del ricorrente, non appare condivisibile.
Si sostiene che il ragionamento offerto dal Collegio de libertate, pare il frutto di una sostanziale “inversione dell’onere probatorio”, poiché, a fronte d potesi formulata dalla Pubblica Accusa, chiede alla difesa di fornire la dimost zione di quanto, invece, realmente avvenuto.
Secondo il ricorrente, infatti, il problema attiene proprio alla mancata dimostrazione da parte dell’organo inquirente del “fatto storico” posto alla base del capo 76 bis.
In proposito per il ricorrente vanno evidenziati una serie di dati oggettivi:
a) non vi è certezza circa il passaggio di sostanza stupefacente dall’COGNOME al COGNOME, posto che la PG operante non da riscontro di aver notato alcuno scambio nella giornata del 21 aprile, né che il COGNOME esca dalla vettura portando con se qualcosa (compatibile con due confezioni dal peso di 2 chili);
b) non vi è certezza nemmeno del passaggio di denaro tra i due. Anzi, dall’annotazione di servizio del 22, aprile, si ricaverebbe “lo scambio di qualcosa”, anche nella giornata successiva (circostanza, questa, poco compatibile con una ricostruzione secondo la quale, invece, in tale secondo incontro, il COGNOME avrebbe dovuto consegnare solo la rimanenza del corrispettivo in denaro precedentemente pattuito).
Ci si duole che il tribunale del riesame, da parte sua, “superi” queste criticità con mere congetture, incentrate sul fatto – del tutto ipotetico – secondo il quale il COGNOME avrebbe potuto benissimo occultare quanto ricevuto il 21 aprile nella giacca, senza destare sospetto agli operanti ivi in appostamento.
Ma se questo può ritenersi astrattamente sostenibile, poco si concilierebbe, comunque, con quanto espressamente visto, ed annotato, invece, proprio nella successiva giornata del 22 aprile (cfr. dall’annotazione di PG del 22 aprile 2022 (” … NOME NOME si fermava sulla strada restando seduto in macchina. Subito dopo il predetto veniva raggiunto a piedi da uno sconosciuto, il quale si avvicinava al lato guida della Renault Clio ed attraverso 11 finestrino si scambiavano qualcosa…”).
Il ragionamento proposto, dunque, apparirebbe in contrasto con il parametro valutativo di cui all’art. 192, comma 2, cod. proc. pen., posto che il fatto incerto e da dimostrare (l’acquisto da parte del Capriotti di cocaina per un valore di almeno 60mila euro) viene desunto da un fatto altrettanto incerto, ovverosia la realizzazione dello scambio prezzo-merce in occasione degli incontri monitorati del 21 e 22 aprile 2022.
Difatti, se è pur vero che nella materia cautelare la definizione di “indizio” rilevante non può essere totalmente equiparata allo standard probatorio del processo di merito (atteso il mancato richiamo nell’art. 273 cod. proc. pen. all’art. 192, comma 2), è altrettanto vero, però, che il necessario requisito di “gravità” richiesto dalla norma deve risultare pur sempre idoneo a qualificarlo in termini di capacità dimostrativa della probabilità di una futura condanna (il richiamo, sul punto, è a Sez. 1, n. 32038/2018).
Ed allora, ragionando in simile ottica prognostica, non si potrebbe non rilevare che, almeno allo stato, ed in assenza dei dovuti riscontri, l’ipotesi più ragionevole non potrebbe ritenersi aprioristicamente ed unicamente quella del capo d’accusa, attesa la più assoluta incertezza anche semplicemente sul quantum della merce oggetto dell’ipotetico scambio.
Ed invero, come affermato dalla più recente giurisprudenza di questa Suprema Corte, “in tema di misure cautelari personali, un indizio può definirsi grave qualora sia pertinente rispetto al fatto da provare, idoneo ad esprimere una elevata probabilità di derivazione del fatto noto da quello ignoto e dotato di un elevato grado di capacità dimostrativa de fatto da provare lei nel caso in cui sia denunciato, con ricorso per cassazione, il vizio della motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, la verifica, delle ragioni affermative della gravità del, quadro indiziario a carico dell’indagato e il controllo della congruenza della motivazione devono, nel caso di dubbio, tener conto della regola di giudizio del favor rei, da cui consegue che, se due significati possono ugualmente essere attribuiti a un dato probatorio, deve privilegiarsi quello più favorevole all’indagato, che può essere accantonato solo qualora risulti inconciliabile con altri univoci elementi di segno opposto” (il richiamo è a Sez. 3, n. 26284/2023)
Nell’ambito di una tale necessaria valutazione di “gravità”, allora, non potrebbe non essere evidenziato che il tribunale, pur a fronte del ragionamento proposto, non si sarebbe misurato adeguatamente con la considerazione logica secondo la quale, in forza della regola dell’id quod plerumque accidit, quella che dovrebbe rappresentare l’operazione più rilevante di tutta l’indagine (non si riscontrano altre contestazioni al duo COGNOME–COGNOME aventi ad oggetto un così rilevante quantitativo di cocaina) avrebbe necessariamente dovuto rinvenire una qualche traccia anche negli ulteriori atti di indagine, al pari di quanto accaduto, ad esempio, per transazioni illecite molto meno rilevanti (è la stessa ordinanza a dare conto delle numerose risultanze probatorie dimostrative della quotidiana attività di spaccio posta in essere dall’Argenziano per conto del Russo).
Chiede pertanto che questa Corte annulli l’ordinanza impugnata, con tutte le conseguenze di legge.
Il PG ha reso per l’udienza camerale non partecipata le conclusioni scritte riportate in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi sopra illustrati appaiono infondati e, pertanto, il proposto ricorso va rigettato.
Va rilevato, in primis, che il difensore ricorrente ripropone, per lo più, quelli che sono stati i motivi di riesame, contestando genericamente, in realtà senza confrontarvisi criticamente, le argomentazioni addotte dal tribunale capitolino a sostegno del rigetto del proposto gravame.
2.1. Quanto al primo motivo, come ricordato in premessa, il ricorrente aveva eccepito la nullità dell’ordinanza applicativa per difetto di domanda cautelare, sul rilievo che che l’ordinanza impugnata era stata emessa – dopo un primo rigetto in cui il giudizio sull’insussistenza delle esigenze cautelari era stato fuorviato dalle erronee generalità dell’indagato COGNOME NOME riportate nella richiesta (nato il 4.41971 anziché il 4.8.1971) e dalle risultanze negative del relativo certificato penale – in assenza di una specifica domanda cautelare ma solo sulla base di una nota in data 6/7.11.2024 con cui il PM contestava la recidiva reiterata e allegava il certificato penale “corretto” del COGNOME.
In proposito, va ricordato che l’indicazione delle generalità complete dell’indagato nell’ordinanza cautelare è indispensabile – essendone sanzionata da nullità l’omissione – quando possa determinare un errore sulla sua identità (Sez. 5, n. 45154 del 30/09/2013, Bauce, non massimata; Sez. 4, n. 3303 del 18/10/2012, dep. 2013, Manolache, Rv. 254960).
Ciò posto, nella fattispecie in esame, con provvedimento del 6 novembre 2024, il G.I.P. aveva rigettato la richiesta di custodia in carcere nei confronti di COGNOME NOME, nato a Roma il 4 aprile 1971 per insussistenza delle esigenze cautelari, trattandosi di soggetto incensurato.
Successivamente, il P.M., avendo rilevato un errore nell’indicazione delle generalità dell’indagato, nell’ignoranza dell’emissione del provvedimento di rigetto, provvedeva alla correzione dell’errore materiale, indicando la precise generalità (nato a Roma il 4 agosto 1971) in una successiva nota inviata al G.I.P., contenente in allegato il certificato penale ed i carichi pendenti, contestando la recidiva reiterata.
A questo punto il G.I.P. emetteva l’ordinanza custodiale, indicando le generalità corrette.
Ebbene, contrariamente a quanto dedotto dalla difesa, l’ordinanza custodiale non era stata emessa in difetto di richiesta, con conseguente violazione del principio della domanda cautelare.
Alla luce del principio sopra riportato, infatti, come ritenuto dai giudici cautela, il precedente provvedimento di rigetto, infatti, deve ritenersi nullo, p emesso nei confronti di un soggetto inesistente.
Il P.M. ha legittimamente rettificato ed integrato la richiesta di misura c telare, indicando l’esatto mese di nascita dell’indagato ed allegando i certi corretti. Non occorreva una nuova esplicita richiesta di misura cautelare, perch potere-dovere del G.I.P. di emettere una misura cautelare sostanzialmente non era mai stato esercitato, in quanto la prima ordinanza custodiale riguardava soggetto inesistente. A poco rilevano, pertanto, i dati della mancata conoscen da parte del P.M. dell’emissione del provvedimento (nullo) di rigetto e della c rettezza del mese di nascita negli atti allegati all’originaria richiesta.
2.2 Anche il secondo motivo di ricorso è infondato.
Va premesso sul punto che questa Corte Suprema è ferma nel ritenere, anche nei suoi più recenti arresti (cfr. Sez. 4, n. 19751 del 17/04/2024, Montic Rv. 286527 – 01) che, in tema di impugnazione delle misure cautelari personali il ricorso per cassazione con il quale si lamenti l’insussistenza dei gravi in colpevolezza è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norm di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, s condo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando (…) pone e sviluppa censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, ovvero che risolvono in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di me rito (vedasi anche ex multis, Sez. 6, n. 11194 dell’8/3/2012, COGNOME, Rv. 252178)
Conseguentemente, allorquando si censuri la motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indi di colpevolezza, alla Corte Suprema spetta solo il compito di verificare, in relaz alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso inerisc il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno i dotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e di trollare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elemen indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governan prezzamento delle risultanze probatorie (Sez. 4, n. 26992 del 29/5/2013, Rv 255460; conf. Sez. 4, n. 37878 del 6/7/2007, COGNOME e altri, Rv. 237475).
Parametro ermeneutico centrale ai fini della delimitazione della cognizione della Corte in materia cautelare è quello secondo il quale non è conferita a que giudice di legittimità alcuna possibilità di revisione degli elementi materiali tuali delle vicende indagate, né dello spessore degli indizi; e non è dato nemme alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche del fatto o di quelle sogge dell’indagato in relazione all’apprezzamento delle stesse che sia stato operat fini della valutazione delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adegu
Donde l’inammissibilità delle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono in realtà nella sollecitazione a compiere una diversa valutaz di circostanze esaminate dal giudice di merito (cfr., tra le altre, n.7445/2021).
Il controllo di logicità, peraltro, deve rimanere interno al provvedimen impugnato, non essendo possibile procedere a una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o a un diverso esame degli elementi materiali e fatt delle vicende indagate. In altri termini, è consentito in questa sede esclusivame verificare se le argomentazioni spese sono congrue rispetto al fine giustifica del provvedimento impugnato. Se, cioè, in quest’ultimo, siano o meno presenti due requisiti, l’uno di carattere positivo e l’altro negativo, e cioè l’esposizio ragioni giuridicamente significative su cui si fonda e l’assenza di illogicità evi risultanti, cioè, prima facie dal testo del provvedimento impugnato.
Questa Corte di legittimità, più volte ha ribadito come la nozione di gra indizi di colpevolezza in sede cautelare non sia omologa a quella che serve a qu lificare il quadro indiziario idoneo a fondare il giudizio di colpevolezza finale ex multis Sez. 5 n. 36079 del 5/6/2012, COGNOME ed altri, Rv. 253511). Al fin dell’adozione della misura cautelare, infatti, è sufficiente l’emersione di qualu elemento probatorio idoneo a fondare “un giudizio di qualificata probabilità” sul responsabilità dell’indagato» in ordine ai reati addebitati.
In altri termini, in sede cautelare, diversamente da quanto opina il ric rente che ne indica la specifica violazione, gli indizi non devono essere valu secondo gli stessi criteri richiesti, per il giudizio di merito, dall’art. 192, c cod. proc. pen.
Ciò lo si desume con chiarezza dal fatto che l’art. 273, comma ibis, cod proc. pen. richiama i commi 3 e 4 dell’art. 192, cod. proc. pen., ma non il com 2 del medesimo articolo, il quale oltre alla gravità, richiede la precisione e co danza degli indizi (così univocamente questa Corte, ex plurinnis Sez. 2, n. 2676 del 15/03/2013, Ruga, Rv. 256731; Sez. 6 n. 7793 del 05/02/2013, COGNOME, Rv. 255053; Sez. 4 n. 18589 del 14/02/2013, Superbo, Rv. 255928).
Se quelli appena illustrati sono, dunque, i limiti del sindacato di que Corte in punto di sussistenza della gravità indiziaria appare chiaro che con i condo motivo del presente ricorso si propongono e sviluppano censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, ovvero che si risolvono in una diversa valutazi delle circostanze esaminate dal giudice di merito, a fronte di argomentazioni spe nel provvedimento impugnato che appaiono congrue rispetto al fine giustificativo del provvedi-mento impugnato, per cui quello che si chiede è proprio quello ch questo giudice di legittimità non può fare, e cioè una rivalutazione nel merito compendio indiziario. Dunque, nel caso all’odierno esame non risulta essers
verificata né violazione di legge e nemmeno vizio di motivazione rilevante ex ar 606, co. 1, lett. e), cod. proc. pen.
La motivazione del tribunale del riesame in punto di gravità indiziaria stata prospettata in concreto e diffusamente in modo logico, senza irragionevo lezze, con completa e coerente giustificazione di supporto alla affermata pers stenza della misura e della sua adeguatezza.
Nel caso di specie l’ordinanza impugnata ha giustificato la propria valuta zione degli elementi indiziari relativi alla sussistenza degli ipotizzati reati c tivazione dotata di logica coerenza e linearità argomentativa, che come tale, le ragioni dette, si sottrae a censure nella presente sede di legittimità; i gi merito hanno infatti riscontrato le ipotesi accusatorie sulla base di una analiti esaustiva valutazione degli elementi di indagine,
Come ricorda il provvedimento impugnato le indagini hanno messo in luce l’esistenza di un gruppo di soggetti dediti stabilmente, con divisione di ruoli, tività di cessione di significativi quantitativi di stupefacente (cocaina) ad un trita platea di acquirenti a loro volta dediti allo spaccio, per lo più stanz territorio di Ardea. Le indagini – svolte mediante video sorveglianza dei luoghi stoccaggio e preparazione dello stupefacente via via individuati, intercettazioni lefoniche e ambientali, installazione di localizzatori GPS, servizi OCP, operazioni arresto e sequestro di partite di stupefacente hanno preso avvio all’inizio di gi 2021, quando la p.g., individuato in INDIRIZZO ad Ardea, il luogo in cui stata operata una cessione di oltre due etti di cocaina in favore di due sogg installava nella strada un impianto di videosorveglianza, che consentiva di iden ficare in COGNOME NOME, utilizzatore di una Fiat Punto targata DMOOIVX, il soggetto preposto alle vendite e di accertare, in particolare, la cessione di olt di cocaina operata dal predetto in data 24.6.2021 in favore di un individuo, giu a bordo di una Fiat Ulisse targata TARGA_VEICOLO, identificato, in occasione dell’arrest nell’indagato NOME COGNOME L’arresto di quest’ultimo, induceva il COGNOME stituire l’autovettura (avendo lo stesso manifestato il timore che il veicolo controllato) con una Fiat 500 targata TARGA_VEICOLO, il cui monitoraggio, avviato 21/08/2021 mediante intercettazione ambientale e apparato GPS, consentiva di acquisire i primi elementi idonei a mettere in luce come lo stesso operasse all terno di una struttura organizzata, con ripartizione di ruoli tra gli associati, i di movimentare significativi quantitativi di stupefacente grazie alla disponibilit basi logistiche, di veicoli modificati, di plurimi canali di approvvigionamento una significativa platea di acquirenti. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
La prosecuzione delle indagini consentiva di accertare che il gruppo poteva contare su diversi luoghi adibiti a stoccaggio e lavorazione della sostanza stupe cente: un appartamento in INDIRIZZO ad Ardea (nel periodo compreso tra
giugno e GLYPH ottobre 2021), una villetta ubicata in INDIRIZZO sempre ad Ardea (da ottobre a dicembre 2021), un immobile ubicato in INDIRIZZO ad Aprilia (per una settimana), un appartamento sito in INDIRIZZO a Roma (da marzo a giugno 2022), tutte basi logistiche, queste, monitorate mediante apparati di video sorveglianza, via via dismesse dopo episodi ritenuti allarmanti dall’organizzazione. Il primo sito, quello di INDIRIZZO, veniva gestito direttamente dal Ciriciofolo, che risulta avere effettuato le consegne di stupefacente a bordo della Fiat 500, prevalentemente presso il parcheggio del supermercato Eurospin di Ardea.
L’attività – si legge ancora nel provvedimento impugnato – si è protratta fino alI1.10.2021, quando il COGNOME, all’uscita dal condominio, subiva un tentativo di rapina da parte di quattro individui che simulavano un controllo spacciandosi per carabinieri in abiti civili. L’episodio induceva a ritenere la base ormai “bruciata” e a spostare l’attività in un altro sito, quello di INDIRIZZO che veniva messo a disposizione dal Solitario (trattandosi di un’abitazione di proprietà della propria compagna). In tale periodo, protrattosi per circa due mesi e mezzo, era sempre il COGNOME a svolgere materialmente l’attività di cessione delle partite, presso il parcheggio dei supermercati Eurospin e RAGIONE_SOCIALE di Ardea (sottoposti a monitoraggio mediante videosorveglianza), presso il bar “INDIRIZZO” di Aprilia o direttamente presso l’abitazione di alcuni acquirenti.
Nel corso dell’attività presso la villetta di INDIRIZZO, assumeva contorni più chiari la figura di NOME NOME NOME, in particolare quale organizzatore dell’attività di spaccio svolta dal RAGIONE_SOCIALE, ed emergeva quella di NOME NOME, all’evidenza il fornitore del gruppo, arrestato l’i I. 12.2021 poco dopo l’uscita dall’abitazione di INDIRIZZO dove, come da lui stesso riferito in una intercettazione, aveva recapitato 2 kg di sostanza stupefacente.
L’evento induceva il gruppo ad abbandonare la villetta di INDIRIZZO facente capo al Solitario e a trasferire la base logistica in un alloggio, di proprietà di Verna Alessio, sito in INDIRIZZO, utilizzato per un periodo ristretto in quanto l’arresto in data 29.12.2021 di Papa NOME (che in una strada limitrofa a INDIRIZZO aveva ricevuto dal COGNOME un pacchetto risultato contenere 825 grammi di cocaina), induceva a dismettere anche tale base logistica e a riorganizzare l’attività. in particolare, a partire da marzo/aprile 2022, il gruppo facente capo al RAGIONE_SOCIALE inìzìava a lavorare con l’organizzazione facente capo a COGNOME e COGNOME NOME oltre che per gli approvvigionamenti di stupefacente anche per quanto riguarda la logistica (la nuova base di INDIRIZZO, i corrieri preposti alle consegne (più che altro Argenziano) e i mezzi di trasporto della droga.
L’intensa attività di cessione, svolta dai corrieri (COGNOME, Argenziano, Busti) rifornendosi presso il sito di stoccaggio di INDIRIZZO a Roma gestito dal Russo, si fondava sulla disponibilità da parte-della compagine organizzata di vari
canali di approvvigionamento, tanto sul territorio (presso più soggetta, alcuni, come NOME COGNOME identificati, altri rimasti ignoti), quanto all’estero e segnatamente in Olanda, dalla quale, a maggio e a giugno 2022, venivano importate due ingenti partite di droga, entrambe sequestrate in occasione dell’arresto dei corrieri (Grumo e Argenziano), trovati in possesso, rispettivamente, di 19 kg e 8 kg di sostanza stupefacente del tipo cocaina.
Oltre alle indicate basi logistiche, l’organizzazione poteva contare sulla disponibilità di vari automezzi, alcuni (tra cui la Renault Clio in uso prevalentemente all’Argenziano) appositamente modificati mediante la realizzazione di vani occulti per il trasporto in sicurezza delle partite di stupefacente e del denaro ricavato dalle vendite, e di apparecchiature per comunicazioni riservate in uso ai vari sodali, come già desumibile in via logica (atteso che a fronte delle numerosissime consegne di droga documentate nel corso delle indagini, che non possono ragionevolmente prescindere da preventivi accordi di dettaglio, non sono mai state intercettate comunicazioni telefoniche finalizzate a concordare luoghi di incontro e orario) e come successivamente accertato a seguito del sequestro del telefono di Argenziano.
Il giudice del gravame cautelare ricorda che, tanto premesso sull’intensa attività di smercio di sostanze stupefacenti svolta dall’organizzazione contestata al capo 111 e sull’attività di corriere svolta in essa dall’Argenziano a partire dall’inizio di marzo 2022, risulta che il 21.4.2022 quest’ultimo, rifornitosi di stupefacente presso la base di INDIRIZZO gestita dal Russo, partiva per il giro di consegne, operando la prima in favore dell’odierno ricorrente COGNOME NOME (capo 76 bis). Precisamente risulta che, caricato intorno alle 16.30 lo stupefacente nel doppiofondo della Renault Clio presso il sito di INDIRIZZO l’Argenziano, dopo avere fatto una breve sosta alle 17.18 nel parcheggio di un discount sito in INDIRIZZO dove apriva e richiudeva il doppiofondo della vettura (evidentemente per prelevare lo stupefacente ivi riposto poco prima), raggiungeva alle ore 17.37 INDIRIZZO dove, come registrato dai militari in servizio OCP, faceva salire a bordo COGNOME NOME. In auto, l’COGNOME consegnava qualcosa al COGNOME in quanto diceva, rivolto al passeggero “è questo qua eh – te l’ho messi qua eh”. A questo punto, per prudenza, l’COGNOME, su suggerimento del COGNOME (“sì, ma ti devi mette bene però, parcheggiati bene, se no passa qualcuno. . . ti metti qua dentro …), faceva un breve spostamento, sostando “davanti a sto passo carrabile”, quindi il COGNOME chiedeva all’COGNOME se il giorno successivo sarebbe tornato lui, faceva dei commenti su quanto appena consegnatogli (“ma so uguali sti’ cosi? me parono diversi.., so incartati diversi”) e, ottenuta rassicurazione da NOME (“tutti uguali so”), gli consegnava un acconto di 60.000 euro,
rinviando al giorno successivo la consegna del saldo (“questi so sessanta domani mattina li do il resto. Alle 11.30…”).
Come concordato, il giorno seguente, alle 11,50, Argenziano giungeva in INDIRIZZO parcheggiava l’auto e veniva avvicinato dal COGNOME con il qu attraverso il finestrino, si scambiava qualcosa e contestualmente l’apparecchiatu di captazione ambientale sull’auto dell’Argenziano restituiva “rumore di zip”.
3. Dunque, dalla lineare e coerente la ricostruzione degli antecedenti all’e sodio criminoso in questione si comprende che l’Argenziano si riforniva di cocain presso il sito di stoccaggio di INDIRIZZO riponeva la droga nei vani occult veicoli dei quali aveva la disponibilità, per poi operare le consegne agli spaccia
In tale contesto, gli operanti di p.g. in osservazione visionavano l’incon tra i due del 21 aprile 2022; dal contenuto dei colloqui intercettati, si evi logicamente lo scambio di droga-danaro per la somma di euro 60.000; i due concordavano che l’importo doveva essere integrato il giorno successivo, data in c effettivamente i due si vedevano nuovamente.
I giudici della cautela hanno poi fornito adeguata ed esauriente risposta rilievi difensivi, confrontandosi analiticamente con gli stessi (pag. 5 dell’ordin impugnata).
Il provvedimento impugnato si confronta con la dedotta criticità nella rico struzione accusatoria e in particolare con il tema che non vi sarebbe traccia in di legami, contatti o accordi tra il COGNOME e qualcuno degli altri indagati fina a tessere legami illeciti, ovvero prodromici all’incontro del 21.4.2022, e parim difetterebbero riferimenti, tra Russo e COGNOME, all’ipotetica operazione illec
Il rilievo viene motivatamente ritenuto infondato sotto diversi profili: perché le indagini hanno permesso di individuare solo alcune utenze in uso a ta luno degli indagati, lasciando fuori dal perimetro investigativo, tra le alt utenze in uso al COGNOME, al Sabau, al Russo (fino al 30.4.2022), al Solitari perché le utenze sottoposte ad intercettazione non hanno restituito alcun risult utile per quanto riguarda gli accordi in materia di stupefacenti, e ciò in ra dell’evidente prudenza usata dagli utilizzatori nelle conversazioni telefoniche argomenti inerenti il traffico di droga, prudenza invece non utilizzata a bord tantomeno nelle vicinanze dei veicoli monitorati (la Fiat 500 del Ciriciofolo; la Me cedes classe A del Solitario; la Fiat Freennont del Giorgi; la Renault Clio in uso Argenziano); c) perché, come risulta dall’analisi forense del cellulare in uso all genziano sequestrato il 15.6.2022 avente IMEI NUMERO_DOCUMENTO e SIM CARD riportante l’utenza 3348405010 intestata ad Argenziano) ma associata per portabilità all’utenza 3408706364 (anch’essa intestata ad Argenziano) – l’unica c intrattenuta con, il Russo è quella del 11/12.6.2022 su Instagram con un accoun
della RAGIONE_SOCIALE (società di noleggio auto del Russo), il che dimostra che le comunicazioni con il Russo, verosimilmente giornaliere, avvenivano o tramite un altro telefono o altra utenza non caduti in sequestro, o tramite chiamate vocali su whatsapp tra l’account RAGIONE_SOCIALE in uso all’Argenziano e l’account jurnborider1995 in uso al Russo (chiamate vocali di cui contenuto, ovviamente, non può esservi traccia nel telefono in sequestro ma che risultano comunque dal registro chiamate) o tramite chat o. messaggi vocali di cui non si è conservata traccia.
Conferma, in tal senso, viene ritenuto essere offerta proprio dal messaggio vocale ricevuto dal Russo che l’Argenziano, alle ore 18.33 del 21.4.2022, ascoltava nell’auto con intercettazione ambientale (“guarda ci deve stare una pischella là”), messaggio del quale non è stata trovata traccia in sede di analisi forense del cellulare dell’Argenziano in sequestro;
Per i giudici del gravame cautelare anche la circostanza che nelle due giornate del 21 e 22.4.2022 gli operanti non hanno assistito al passaggio di qualcosa che possa essere astrattamente compatibile con l’equivalente in cocaina di circa 60 mila euro (e che in particolare il 21 aprile il COGNOME «in forza di quanto indicato nell’annotazione del 21 aprile 2022, viene visto uscire dalla macchina senza portare nulla al seguito) non può essere condivisa. In particolare, per quanto concerne l’incontro del 21 aprile, in cui si perfezionava lo scambio di qualcosa (stupefacente e acconto di 60 mila curo per quanto nel prosieguo messo in luce), viene evidenziato che dall’annotazione relativa all’OCP emerge solo che la p.g. aveva modo di notare che un uomo, poi identificato nel COGNOME, saliva a bordo dell’auto dell’Argenziano e ne riscendeva dopo pochi secondi allontanandosi a piedi, il che non consente in alcun modo di escludere che, quando scendeva, il COGNOME avesse in mano o sotto il giubbetto un pacco con un paio di chili di cocaina, in quanto nell’annotazione non si afferma affatto che il COGNOME non aveva nulla in mano. La scarsa nitidezza della fotografia scattata nell’occasione (non si sa se prima dell’ingresso in auto o. dopo la discesa dal mezzo) e riportata all’allegato 185, da un lato mette in luce che molto probabilmente gli operanti non si trovavano a breve distanza dall’auto dell’Argenziano (tanto da poter annotare solo la salita e la discesa dell’uomo dall’auto ma non altri dettagli), dall’altro consente di notare che il COGNOME indossava un giubbotto con cappuccio, sotto il quale ben poteva avere celato almeno due confezioni (giacché il COGNOME, a proposito della confezione, usava il plurale: ” ma so’ uguali sti cosi? Me parono diversi.., so incartati diversi”) d dimensioni analoghe – per stare all’esempio fatto dalla difesa – a due pacchi di farina da i kg ciascuno (ipotizzando che la cocaina pesi come la farina); Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Ancora il provvedimento impugnato si confronta criticamente con il rilievo che l’Argenziano, se ha caricato lo stupefacente in INDIRIZZO ha fatto nel corso della giornata almeno altri quattro incontri, sicché non vi sarebbe ragione logica
per ritenere che lo stupefacente eventualmente occultato dal duo COGNOME nell’auto fosse inequivocabilmente destinato proprio al COGNOME.
Ebbene, anche tale assunto viene motivatamente ritenuto infondato, in quanto il fatto che l’COGNOME abbia fatto altre consegne nel corso della giornata, non esclude in alcun modo che abbia fatto anche quella in favore del COGNOME. Del resto, il pur lapidario scambio verbale avvenuto tra i due, a bordo dell’auto non si presta per i giudici romani a ragionevoli letture alternative, in quanto si comprende inequivocabilmente che l’COGNOME consegnava al COGNOME delle confezioni di qualcosa (qualcosa di compromettente poiché l’auto veniva spostata di alcuni metri in un punto più al riparo dalla vista di qualcuno che passa) perché, quando COGNOME affermava “te l’ho messi qua” (con evidente riferimento a qualcosa destinato proprio all’interlocutore secondo quanto già in precedenza pattuito), il COGNOME faceva un commento sulle confezioni de “i cosi” presi in consegna (“ma so uguali sti cosi? me parono diversi.., so incartati diversi”) e, ottenuta rassicurazione da COGNOME sul fatto che “i cosi” erano tutti uguali, gli consegnava chiaramente del denaro e precisamente 60.000 euro, non vedendosi (in mancanza di una spiegazione alternativa, non offerta dall’indagato) cosa potrebbero essere i sessanta consegnati come anticipo in vista della consegna (le il resto la mattina del giorno dopo.
L’insieme degli elementi raccolti, in base ad una lettura unitaria, ha portato, dunque, il giudice del gravame cautelare, con motivazione che si sottrae alle proposte censure di legittimità, a ritenere idonea gravità indiziaria in ordine alla fornitura al COGNOME, da parte di Argenziano e del suo gruppo di appartenenza, di un quantitativo di cocaina del valore di oltre 60.000 euro, non risultando fondate su alcun elemento concreto ipotesi alternative (quella della gestione da parte dell’Argenziano di una attività di scommesse o di un’attività di usura, formulate dalla difesa come possibili ma senza confrontarsi con le specifiche circostanze accertate con riferimento all’episodio in esame), comunque smentite dalla stretta sequenza temporale tra il caricamento dello stupefacente nel doppiofondo dell’auto e il breve incontro con il COGNOME in strada, dal posizionamento dell’auto in un punto meno in vista, dalla consegna dall’Argenziano al COGNOME di almeno due involucri dietro pagamento di una somma di oltre 60.000 curo, involucri il cui contenuto è del tutto ragionevole – anche alla luce del complesso degli elementi raccolti sulla incessante attività di smercio di cocaina svolta, tra gli altri, dal Russo e dall’Argenziano identificare in una partita di cocaina di almeno 2 chili.
Le doglianze proposte in questa sede, benché formalmente dirette a denunciare la contraddittorietà e l’illogicità della motivazione della sentenza impugnata, si esauriscono in realtà in una contestazione, nel merito, di alcuni singoli elementi di fatto e delle risultanze d’indagine che il Giudice del gravame cautelare
giudicava idonei a integrare il compendio indiziario, senza valutare l’esauriente e logica ricostruzione operata nell’ordinanza impugnata.
La difesa non fornisce neanche una ricostruzione alternativa dell’episodio né indica le ragioni dell’incontro del proprio assistito con l’COGNOME, impegnato
stabilmente nelle attività di corriere di rilevanti quantitativi di cocaina, secondo le modalità illustrate nell’ordinanza impugnata.
la condanna di parte ricorrente
4. Al rigetto del ricorso consegue, ex lege,
al pagamento delle spese processuali.
Vanno dati gli avvisi di cui all’art. 94 comma 1 ter disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1- ter disp.
att. cod. proc. pen.
Così deciso il 02/04/2025