Dolo Specifico nel Commercio di Prodotti Contraffatti: Quando il Ricorso in Cassazione è Inutile
L’ordinanza in esame offre un’importante lezione sulla proposizione dei ricorsi in Cassazione, in particolare quando si contesta l’elemento soggettivo del reato, come il dolo specifico. La Suprema Corte ha chiarito che la mera riproposizione di argomenti già esaminati e rigettati nei precedenti gradi di giudizio non costituisce un valido motivo di ricorso, portando inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità e a ulteriori costi per il ricorrente.
I Fatti del Caso e la Condanna Iniziale
Il caso riguarda un’imputata condannata in primo e secondo grado per il reato previsto dall’articolo 474 del codice penale, che punisce l’introduzione nello Stato e il commercio di prodotti con segni falsi. La Corte d’Appello di Bologna aveva confermato la sentenza di condanna, ritenendo provata la responsabilità penale dell’imputata.
Contro questa decisione, l’imputata ha proposto ricorso per Cassazione, affidandosi a un unico motivo: la presunta insussistenza del dolo specifico.
Il Dolo Specifico come Unico Motivo di Ricorso
La difesa sosteneva che mancasse, nella condotta dell’imputata, la finalità specifica richiesta dalla norma incriminatrice. Il concetto di dolo specifico implica che l’agente non solo deve voler compiere l’azione materiale (ad esempio, vendere il prodotto), ma deve farlo con uno scopo ulteriore e preciso indicato dalla legge (in questo caso, trarre profitto dalla contraffazione a danno del titolare del marchio e dei consumatori).
Secondo la tesi difensiva, i giudici di merito non avrebbero adeguatamente provato questa particolare intenzione, limitandosi a constatare la materialità del fatto.
La Valutazione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha esaminato il motivo di ricorso e lo ha ritenuto palesemente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno osservato che l’argomento relativo al dolo specifico non introduceva alcun nuovo profilo di censura legale, ma si limitava a riproporre le stesse questioni già ampiamente vagliate e motivatamente disattese dalla Corte d’Appello.
In sostanza, il ricorso non contestava un errore di diritto commesso dal giudice di secondo grado, ma tentava di ottenere una nuova valutazione dei fatti, attività che è preclusa alla Corte di Cassazione, la quale è giudice di legittimità e non di merito.
Le Motivazioni
La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che il ricorso era ‘meramente riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito’. Questo significa che la Corte d’Appello aveva già fornito una spiegazione logica e giuridicamente corretta sul perché il dolo specifico fosse da ritenersi sussistente nel caso concreto. Un ricorso in Cassazione, per essere ammissibile, deve individuare un vizio specifico della sentenza impugnata (come una violazione di legge o un difetto di motivazione), non può limitarsi a esprimere un dissenso sulla valutazione delle prove.
Conclusioni
La decisione ribadisce un principio fondamentale del processo penale: il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. È uno strumento per correggere errori di diritto. La riproposizione di censure già respinte, senza evidenziare vizi di legittimità della sentenza impugnata, porta a una dichiarazione di inammissibilità. Tale esito comporta non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro. Questa ordinanza serve da monito sull’importanza di formulare motivi di ricorso specifici e pertinenti, per evitare conseguenze processuali ed economiche negative.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché è stato considerato una mera riproposizione di argomenti già esaminati e correttamente respinti dalla Corte d’Appello, senza sollevare nuove questioni di legittimità.
Qual era l’argomento principale del ricorso?
L’argomento principale era la presunta mancanza del dolo specifico, ovvero l’assenza dell’intenzione specifica richiesta dall’art. 474 del codice penale per la configurazione del reato.
Quali sono state le conseguenze per la persona che ha presentato ricorso?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, la ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36172 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36172 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CANICATTI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 07/11/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che l’imputata COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Bologna che ne ha confermato la condanna per il reato di cui all’art. 474 cod. pen.;
Ritenuto che l’unico motivo di ricorso, che contesta la sussistenza del dolo specifico, è meramente riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito (si veda pag. 2);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 24/09/2025