Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 11961 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 11961 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/11/2024
SENTENZA
COGNOME NOMECOGNOME nata a Foggia il 27/07/1951
sul ricorso proposto da e
COGNOME NOME PaoloCOGNOME nato a Manfredonia il 18/12/1954 avverso la sentenza del 18/03/2024 della Corte di appello di L’Aquila; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni rassegnate ex art. 23, comma 8, del d.l. n. 137 del 2020 dal Procuratore generale, dott.NOME COGNOME;
Con sentenza del 17 ottobre 2023 il giudice per l’udienza preliminare presso il Tribunale di Pescara ha ritenuto NOME e COGNOME NOME imputati,nelle rispettive qualità,dei reati di cui agli artt. 81 e 110 cod.pen., e d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 (capo a) e di cui agli artt. 81 e 110 cod.pen., e 8 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 (capo b)- colpevoli del reato loro ascritto al capo a, e li ha condannati alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione ciascuno, oltre al pagamento delle spese processuali; li ha dichiarati, entrambi, interdetti dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese per anni uno e mesi quattro; incapaci di contrattare con la pubblica amministrazione per anni uno e mesi quattro; interdetti dalle funzioni di rappresentanza ed assistenza in materia tributaria per anni uno e mesi quattro; interdetti in perpetuo dall’ufficio componente di Corte di Giustizia Tributaria; ha ordinato la pubblicazione per estratto della sentenza; ha concesso alla sola Caputo il beneficio della sospensione condizionale della pena.
Li ha assolti, invece, dal reato di cui al capo b)perché il fatto non sussiste.
Con sentenza del 18 marzo 2024 la Corte di appello di L’Aquila ha confermato la sentenza del Tribunale di Pescara e condannato gli appellanti al pagamento delle ulteriori spese processuali.
Avverso la sentenza della Corte di appello di L’aquila, COGNOME NOME e COGNOME NOME COGNOME tramite il difensore di fiducia, hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi.
3.1.Con il primolamentano mancanza di motivazione -ex art. 606 comma 1, lette), cod.proc.pen.-in ordine alla sussistenza del dolo specifico del reato di cui all’art. 5 d.lgs. n.74/2000 in capo agli imputati .
La Corte di appello di L’Aquila, con motivazione apparente ed apodittica, avrebbe respinto il primo motivo di appello -che censurava esattamente quanto in questa sede nuovamente contestato- e ritenuto la sussistenza dell’elemento soggettivo sol perché gli imputati rivestivano la qualità di presidenti della RAGIONE_SOCIALE Gargano e di gestori della stessa associazione sportiva, da ciò deducendo la consapevolezza della gestione e il vantaggio diretto dell’evasione fiscale.
Quello di cui all’art. 5 d.lgs. n.74/2000 è reato a dolo specifico, costituito da finalità di evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto. La motivazione
al proposito -resa dal tribunale, e fatta propria dalla Corte-è frutto del riconoscimento in capo agli imputati, coniugi, del ruolo formale di legali rappresentanti della associazione, della circostanza che riuscissero ad agire contestualmente e di comune accordo, quali gestori di fatto, per lucrare illecitamente sui profitti maturati dall’ente, piegando l’associazione alla soddisfazione dei propri interessi patrimoniali, così apoditticamente deducendo, dall’assunto dell’attribuibilità oggettiva delle condotte agli imputati, il do specifico, necessario alla configurazione della fattispecie.
3.2. Col secondo motivo lamentanoerronea applicazione – ex art. 606 comma 1 lett b cod.proc.pen.- dell’art. 5 d.lgs. n.74/2000, dell’art. 43 cod.pen. e dell’ar 27 Cost., nonchécarenza, apparenza, illogicità della motivazione – ex art. 606 comma 1 lettilAcod.proc.pen.-.
La Corte di L’Aquila avrebbe errato laddove ha fatto discendere la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato dal mero possesso delle cariche in capo al COGNOME legale rappresentante della ASD dal 24/11/2014 al 5/1/2015, e, a partire da tale data, in capo a COGNOME, pur non essendo emersa prova della consapevolezza e preordinazione della omessa dichiarazione alla evasione dell’imposta e per quantità sopra soglia (il dolo deve riguardare anche il superamento della soglia rappresentata dall’ammontare dell’imposta evasa che ha natura di elemento costitutivo del reato e come tale deve formare oggetto di rappresentazione e volizione da parte dell’agente).
Gli imputati erano privi di qualsivoglia competenza in materia contabile, l’associazione era soggetto giuridico privo di scopo di lucro, non vi sarebbe prova che gli imputati fossero in possesso di tutta la documentazione afferente all’associazione, e, peraltro, non sarebbe emerso alcun interesse degli imputati all’evasione dell’imposta dovuta.
3.3. Col terzo motivo lamentano mancanza di motivazione in ordine alla dosimetria della pena ed in ordine al riconoscimento delle attenuanti generiche ex art 606, comma 1, lett e cod.proc.pen.-.
La Corte di appello non avrebbe offerto motivazione alcuna in merito alle censure poste coi motivi di appello in ordine alla eccessività della pena e al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. Gli imputati sono entrambi in età avanzata, sono percettori di pensione sociale e non mostrano alcuna propensione al crimine; i precedenti del solo COGNOME sono remoti; se le operazioni contestate sono inesistenti -come da prospettazione accusatoriaallora nessun debito verso l’erario può dirsi maturato.
3.4. Col quarto motivo il ricorso lamenta, con riferimento al solo COGNOME, mancanza di motivazione in ordine al rigetto della richiesta del beneficio della
La Corte si è appellata, al proposito, ai precedenti penali dell’imputato, senza rispondere alle argomentazioni difensive relative,da un lato, a quanto sostanzialmente risultante nei cinque punti del certificato del casellario dell’imputato che reca sì indicazione di precedenti, ma non specifici, e relativi, il primo, a condotta depenalizzata, il secondo ad una sentenza di fallimento, il terzo a condanna con pena sospesa ormai estinta, il quarto a condanna per cui è stato pronunciato indulto, il quinto a reato contravvenzionale, dall’altro,alla età avanzata dell’imputato, oltre che alla sua assente propensione al crimine.
3.5. Col quinto motivo il ricorso lamenta, sempre con riferimento al solo COGNOME, erronea applicazione – ex art. 606 comma 1 lett b cod.proc.pen.- degli artt. 163 e 164 cod.pen..
Errata sarebbe la mancata concessione al Di COGNOME del beneficio della sospensione condizionale della pena, irrogata in misura inferiore a due anni. Alla concessione del beneficio non ostava la condanna del 7 ottobre 2002, con pena sospesa, in quanto il reato è estinto; in ogni caso la predetta condanna non era ostativa al beneficio invocato in quanto la pena, anche ove oggetto di cumulo, non avrebbe superato il limite di cui all’art. 163 cod.pen.
3.6. Il ricorso invoca, pertanto, cassazione della impugnata sentenza con assoluzione degli imputati dal reato loro ascritto perché il fatto non sussiste, perché gli imputati non lo hanno commesso, o perché non costituisce reato; in subordine sentenza di assoluzione ai sensi dell’art. 530, comma 2, cod.proc.pen., con le formule di cui sopra; in ulteriore subordine l’applicazione del minimo della pena, con minimo aumento per la continuazione, concessione delle attenuanti generiche e applicazione di tutti i benefici ivi compresi, per il COGNOME, sospensione condizionale della pena; con ogni altro provvedimento idoneo ed opportuno.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi di ricorso sono svolti con riferimento a questioni tutte sottoposte alla attenzione della Corte di merito, dalla stessa decise con motivazione adesiva a quella del giudice per l’udienza preliminare.
Il primo e il secondopossono essere trattati congiuntamente, inerendo, entrambi, al tema dell’elemento soggettivo del reato di cui alli art. 5 d.lgs. n.74/2000.
In sede di appello già la difesa aveva censurato la sentenza del giudice dell’udienza preliminare, in quanto laconica e generica sul punto dell’elemento soggettivo del reato contestato, da quel giudice desunto dalle funzioni formali espletate dai ricorrenti nell’ente, dal rapporto di coniugio, circostanze di fatto ritenute a sostegnodella prova del concorso, di fatto e di diritto, dei due imputati «nella gestione effettiva della Scuderia RAGIONE_SOCIALE Gargano piegando l’associazione alla soddisfazione dei propri interessi patrimoniali, rendendo quindi evidente che gli imputati, oltre a ricoprire nella struttura dell’associazione cariche formali erano anche gli amministratori effettivi e di fatto», rilevando che le argomentazioni addotte potevano riferirsi all’attribuibilità delle omesse dichiarazioni agli imputati, giammai al richiesto dolo specifico.
Al cospetto di tali censure, nel disattendere i rilievi difensivi, la Corte appello si è limitata a affermare che, non contestato il ruolo rivestito in ambito sociale dagli imputati, «si deve necessariamente ritenere sussistente l’elemento soggettivo del reato in capo ad entrambi gli imputati, in quanto gli stessi erano i soggetti che gestivano consapevolmente l’associazione, di conseguenza avevano diretto vantaggio dall’evasione fiscale. Ed in una tale situazione appare ben difficile ritenere che gli imputati non avessero consapevolezza, contezza e coscienza e volontà nella sussistenza dell’illecito vantaggio economico derivante dalla omessa presentazione delle dichiarazioni iva relative alle imposte dovute».
Lamenta, ora, la difesa, col primo motivo, mancanza di motivazione in ordine alla sussistenza del dolo specifico del reato di cui all’art. 5 d.lgs. n.74/2000 in capo agli imputati, e, col secondo, erronea applicazione degli artt. 5 d.lgs. n.74/2000, 43 cod.pen. e 27 Cost., nonché carenza, apparenza, illogicità della motivazione, sempre in merito all’elemento soggettivo del reato, non potendo discendere, apoditticamente, la sua affermazione dalla mera ricognizione del possesso delle cariche in capo al Di COGNOME legale rappresentante della ASD dal 24/11/2014 al 5/1/2015, e, a partire da tale data, in capo a COGNOME coniugi, peraltro in difetto di valutazione delle loro assenti competenze in materia contabile, di prova della disponibilità di tutta la documentazione afferente all’associazione, di interesse degli imputati all’evasione dell’imposta dovuta, nonchèdella qualità dell’associazione -soggetto giuridico privo di scopo di lucro-.
Si rammentacome questa sezione, da ultimo con sentenza Sez. 3, n. 44170 del 04/07/2023 Ud. (dep. 03/11/2023 ) Rv. 285221 – 01, ha affermato che se il reato di cui all’art. 5, d.lgs. n. 74 del 2000 si consuma nel momento in cui scade
il termine ultimo stabilito dalla legge per la presentazione della dichiarazione, momento nel quale deve sussistere il dolo specifico di evasione il quale, a sua volta, presuppone la consapevolezza dell’ammontare delle imposte evase e non dichiarate, è proprio il dolo di evasione a qualificare la condotta sul piano penale. Gli elementi di indagine che qualificano l’offesa degli interessi erariali e giustificano la rilevanza penale della condotta non esauriscono e sostituiscono quelli atti ad accertare il richiesto dolo specifico di evasione, che nei reat dichiarativi concorre a tipizzare la condotta, dolo che «esprime l’autentico disvalore penale della condotta» e che non può derivare dalla mera consapevolezza dell’entità dell’imposta evasa, poiché «l’entità dell’imposta evasa costituisce solo uno degli elementi del fatto tipico, la cui consapevolezza potrebbe, al più, giustificare un addebito a titolo di dolo generico, non di certo di dolo specifico che richiede un quid pluris rispetto alla mera consapevolezza dell’oggetto dell’omissione. Tale dato può essere certamente valorizzato insieme con altri dai quali possa essere tratta la convinzione che l’omissione era finalizzata all’evasione dell’Imposta: il mancato pagamento postumo dell’imposta evasa, in tempi naturalmente ragionevoli e non, per esempio, a distanza di anni, può certamente essere preso in considerazione; così come può essere utilmente valutata la reiterazione dell’omissione per più anni di imposta o, , disinteresse rispetto alle richieste e verifiche tributarie.4.6.In ultima analisi dev essere ripudiato un metodo di accertamento del dolo che si risolve nella (indiretta) affermazione del dolus in re ipsa».
6. La Corte territoriale, si ribadisce, ha desunto la sussistenza del dolo dalla qualifica di amministratori di diritto e/o di fatto della RAGIONE_SOCIALE Gargano, associazione sportiva che però svolgeva attività di impresa commerciale. Ne ha dedotto che gli imputati, in quanto amministratori di diritto e/o di fatto della predetta società,erano a conoscenza dei limitati settori di operatività di una società sportiva e della circostanza che l’esercizio diattività di impresa avrebbe imposto loro di rispettare gli obblighi imposti dalla normativa tributaria, corredando tale assunto con la ricognizione del rapporto di coniugio a riscontro della gestione societaria posta in essere dagli stessi in concorso, con ciò rimanendo, tuttavia, sempre sul piano della materialità della condotta, mai da alcuno negata, e senza tuttavia fornire, con adeguata motivazione, ragione della asseritamente derivata «consapevolezza, contezza e coscienza e volontà nella sussistenza dell’illecito vantaggio economico derivante dalla omessa presentazione delle dichiarazioni iva relative alle imposte dovute», con ciò
elemento soggettivo del reato; la dedotta correttezza, in parte qua, dei rilievi difensivi, fa sì che gli stessi risultano assorbenti ogni altra questione posta ulteriori motivi.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appell di Perugia.