Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 23667 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 23667 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a REGGIO CALABRIA il 19/09/1964
avverso la sentenza del 28/01/2025 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Reggio Calabria ha confermato la decisione del Tribunale di quella stessa città, che ha dichiarato NOME COGNOME colpevole di furto di un quantitativo imprecisato di acqua potabile, sottratto all’acquedotto municipale, pluriaggravato ai sensi dell’art. 625 nn. 2 e 7 cod. pen., in quanto commesso avvalendosi dell’uso di un mezzo fraudolento e su cose destinate a pubblica utilità e servizio ( capo B). La medesima imputata era stata assolta dal primo giudice, ai sensi dell’art. 131bis cod. pen., dal delitto, sub A), di occupazione abusiva di un alloggio popolare.
Ricorre per cassazione l’imputata, per il tramite del difensore di fiducia avvocato NOME COGNOME che svolge due motivi, afferenti al delitto di furto sub B).
2.1. Con il primo, denuncia violazione di legge penale e processuale e correlati vizi della motivazione, per avere la Corte di appello affermato la responsabilità dell’imputata senza alcun supporto argomentativo dell’elemento soggettivo del reato, neppure potendo venire in rilievo una motivazione per relationem, atteso che anche il giudice di primo grado era incorso nel medesimo vizio motivazionale. Si duole la Difesa che non siano stati indicati gli elementi che avrebbero consentito alla ricorrente di essere a conoscenza della manomissione del contatore, tenuto conto che la medesima era subentrata nel possesso dell’alloggio a seguito del decesso del proprio genitore, che legittimamente lo deteneva, e che il verificatore ha riferito che essa risalirebbe all’epoca di realizzazione dell’alloggio. Parimenti immotivato l’elemento soggettivo relativamente alle contestate aggravanti, giacchè la Corte di appello ha del tutto obliterato la pacifica circostanza che la ricorrente avesse richiesto, oltre un anno prima dell’accertamento, il subentro nel possesso dell’alloggio e la voltura delle utenze.
2.2. Con il secondo motivo sono dedotti analoghi vizi con riguardo al mancato riconoscimento, anche per il delitto di cui al capo B), della causa di non punibilità di cui all’art. 131bis cod. pen., una volta esclusa la circostanza aggravante di cui all’art. 625 n. 2 cod. pen., non essendo stato mai provato che la manomissione sia stata commessa con violenza. La Corte di appello ha escluso tale causa di non punibilità con motivazione contraddittoria, tenuto conto del mancato accertamento del quantitativo di acqua sottratta -sotto tale profilo denunciandosi la genericità dell’imputazione -e della risalenza della manomissione rispetto al subentro della ricorrente.
Ha depositato memoria di replica alle conclusioni del P.G. il difensore della ricorrente, insistendo nei motivi di ricorso, che ripercorre e ribadisce, concludendo per l’accoglimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso è fondato, per quanto si dirà, e la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio.
2.Come premesso, la ricorrente formula censure afferenti allo scrutinio dell’elemento soggettivo, anche relativamente alle circostanze aggravanti contestate, lamentando che i giudici di merito non avrebbero argomentato in
merito agli elementi da cui si è tratta la consapevolezza dell’imputata circa la manomissione del contatore, tenuto conto di una pluralità di elementi, evidenziati dall’appellante, che si pongono in chiaro contrasto con la consapevolezza del fine di profitto.
2.1. La doglianza è fondata, giacchè, effettivamente, nella sentenza impugnata – ma anche in quella di primo grado, che si limita ad affermare apoditticamente la autoevidenza del dolo – è totalmente assente, pur a fronte di specifiche obiezioni difensive, lo scrutinio del dolo specifico che sorregge psicologicamente la fattispecie di furto contestata.
2.2. Omette la Corte di appello di confrontarsi con gli argomenti della difesa, che ha posto in luce sia la circostanza che la manomissione del contatore fosse molto risalente nel tempo (anzi riferibile all’epoca di realizzazione dell’immobile, precedentemente occupato legittimamente dal padre) rispetto al subentro dell’imputata e che il contatore si trovasse all’esterno dell’abitazione, sia che, come del pari pacificamente emerso nell’istruttoria dibattimentale, la ricorrente, almeno un anno prima dell’accertamento, avesse formalmente richiesto di subentrare, dopo la morte del padre, nel possesso dell’alloggio, e la voltura delle utenze. Tutti elementi significativamente apprezzabili nello scrutinio dell’elemento psicologico del reato e sui quali la Corte di appello è rimasta silente, pur sollecitata con l’atto di gravame per confutare la decisione con la quale il primo giudice aveva ravvisato, senza minimamente confrontarsi con tali deduzioni, la consapevolezza della manomissione con le modalità descritte in imputazione.
2.3. E’ noto che il legislatore, al pari della maggior parte dei delitti contro il patrimonio, ha incentrato la fattispecie di furto non solo sulla base oggettivistica dell’ offesa patrimoniale della vittima, ma anche su quella soggettivistica del profitto dell’agente, richiedendo non solo l’impoverimento dell’offeso ma anche il perseguimento di un vantaggio da parte dell’agente. Il furto è, quindi, connotato, dal punto di vista dell’elemento soggettivo, dal dolo specifico, costituito da una specifica finalità che l’agente mira a perseguire ( ‘ un movente normativamente qualificato, che si colloca al di là della coscienza e volontà del fatto ‘, cfr. Sez. Un. n. 41570/2023) che, tuttavia, non necessita si debba realizzare sul piano oggettivo per perfezionare il reato. Pertanto, per configurare il delitto di cui all’art. 624 cod. pen., è necessario che la condotta sia posta in essere “al fine di trarne profitto”, ma non è indispensabile che il profitto si sia concretamente realizzato su piano oggettivo. Quanto alla nozione di profitto, con esso, nella declinazione proveniente dalle Sezioni Unite di questa Corte, non ci si riferisce -ai fini della integrazione dell’elemento soggettivo – alla volontà di trarre un’utilità patrimoniale dal bene sottratto. Il profitto perseguibile dall’autore della condotta non possiede, cioè, necessariamente, un connotato lucrativo, ben potendo
l’agente avere di mira il soddisfacimento di un bisogno di altra natura, un’altra utilità, materiale o spirituale, e, altresì, qualunque piacere o soddisfazione che l’agente si procuri attraverso l’azione criminosa ( Sez. U n. 41570 del 25/05/2023 Ud. (dep. 12/10/2023 ), C. Rv. 285145).
2.4. Ebbene, nella sentenza impugnata, manca del tutto la motivazione con la quale la Corte di appello avrebbe dovuto giustificare, alla luce delle obiezioni difensive incentrate su elementi fattuali incontestabilmente emersi nel processo, la affermazione che l’imputata sia stata consapevole della manomissione del contatore e altrettanto consapevolmente abbia sottratto acqua dalla condotta idrica pubblica, mossa dalla finalità di trarre un profitto -nella specie, prettamente economico. Non può, infatti, considerarsi soddisfacente, sotto tale profilo, la mera considerazione dell’evidenza del profitto conseguito dalla ricorrente, per avere risparmiato il pagamento dei consumi, giacchè, come si è già detto, il tema sul quale occorre preliminarmente soffermarsi attiene alla consapevolezza in capo all’imputata di conseguire tale profitto, della quale la difesa legittimamente ha dubitato, alla luce dei più volte ricordati oggettivi elementi di fatto segnalati.
Di tali aporie dovrà farsi carico la Corte di appello di Reggio Calabria nel rinnovato giudizio di merito, da condursi alla luce delle indicate coordinate ermeneutiche, restando assorbiti gli altri motivi di doglianza incentrati sulla configurabilità delle circostanze aggravanti e della causa di non punibilità di cui all’art. 131bis cod. pen.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Reggio Calabria.
Così deciso in Roma, 29 maggio 2025