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Dolo specifico esplosivi: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un pubblico ministero contro la decisione di non applicare gli arresti domiciliari a un indagato per il lancio di un ordigno. La Corte ha stabilito che, per configurare il reato di detenzione di esplosivi, è necessario provare il dolo specifico esplosivi, ovvero l’intento di attentare alla pubblica incolumità. Tale prova non può essere raggiunta senza un accertamento tecnico sulla reale pericolosità e micidialità dell’ordigno.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dolo Specifico Esplosivi: Quando la Detenzione è Reato?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 37506 del 2025, torna a pronunciarsi su un tema delicato: i reati concernenti la detenzione di materiale esplodente. Il caso offre spunti cruciali per comprendere quando la semplice detenzione di un ordigno, come una bomba carta, integra un grave reato e quali prove sono necessarie per giustificare una misura cautelare. La chiave di volta, come vedremo, risiede nella dimostrazione del dolo specifico esplosivi, ossia l’intenzione qualificata di attentare alla pubblica incolumità.

I Fatti del Caso: Il Lancio dell’Ordigno e le Indagini

La vicenda trae origine dall’appello di un pubblico ministero avverso un’ordinanza del Tribunale del riesame, che aveva negato l’applicazione degli arresti domiciliari a un soggetto indagato. L’uomo era accusato di aver lanciato un ordigno esplosivo. Le indagini si erano basate principalmente sulle immagini di alcune telecamere di sicurezza, che avevano ripreso l’intera azione criminosa. Attraverso i filmati, gli inquirenti erano riusciti a individuare due soggetti, inizialmente a volto coperto e poi scoperto, identificando uno di essi grazie a caratteristiche fisiche (come la barba), all’abbigliamento e a un paio di scarpe di una nota marca, identiche a quelle rinvenute in suo possesso.

Il Percorso Giudiziario: le Diverse Qualificazioni Giuridiche

Il pubblico ministero aveva ipotizzato l’accusa provvisoria di cui all’art. 421 bis c.p. (strage con uso di ordigni) o, in subordine, quella prevista dall’art. 435 c.p. (fabbricazione o detenzione di materie esplodenti). Tuttavia, sia il Giudice per le indagini preliminari che il Tribunale del riesame avevano rigettato la richiesta di misura cautelare. I giudici di merito ritenevano non configurabile il tentativo di un reato di pericolo come la strage, per non anticipare eccessivamente la soglia della punibilità. Avevano inoltre escluso l’applicabilità dell’art. 435 c.p., ritenendo non provato il dolo specifico, e avevano suggerito che il fatto potesse al più integrare la contravvenzione di cui all’art. 703 c.p. (accensioni ed esplosioni pericolose), che non permette l’adozione di misure cautelari.

Il Dolo Specifico Esplosivi e la Decisione della Corte

La Corte di Cassazione, investita della questione, concentra la sua analisi sulla corretta interpretazione dell’art. 435 c.p. e sul concetto di dolo specifico esplosivi. La Corte chiarisce che, per la consumazione di questo reato, non è necessario che il fine di attentare alla pubblica incolumità si realizzi effettivamente. È sufficiente che la detenzione dell’esplosivo sia qualificata da tale finalità. Il problema, nel caso di specie, risiedeva altrove: nella prova di questo elemento psicologico.

Le Motivazioni della Sentenza

I giudici della Suprema Corte hanno ritenuto infondata la censura del pubblico ministero sulla carenza di motivazione riguardo al dolo specifico. La ragione è netta: in assenza di qualsiasi accertamento tecnico sulla natura, la potenzialità offensiva e la ‘micidialità’ della bomba carta utilizzata, era impossibile desumere la sussistenza dell’intento specifico richiesto dalla norma. Il Tribunale del riesame, pur con una motivazione che la Cassazione sembra criticare, era giunto a una conclusione corretta. Non essendo state indagate le caratteristiche dell’ordigno, non si poteva prevedere alcuno sviluppo probatorio circa la configurazione del dolo specifico di attentare alla pubblica incolumità. La pericolosità concreta del mezzo è un presupposto di fatto indispensabile per poter inferire la finalità criminosa dell’agente.

Conclusioni: L’Importanza dell’Accertamento Tecnico

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: nei reati che richiedono un dolo specifico, la prova dell’elemento soggettivo non può basarsi su mere congetture. Nel caso di detenzione di materiale esplodente, per affermare che l’agente avesse lo scopo di attentare alla pubblica incolumità, è imprescindibile un’analisi tecnica dell’ordigno. Senza una perizia che ne attesti la reale capacità offensiva e la micidialità, l’accusa non può superare la soglia del ragionevole dubbio, e di conseguenza non possono essere applicate misure restrittive della libertà personale basate sulla fattispecie più grave.

Perché nel caso esaminato non è stata applicata la misura cautelare degli arresti domiciliari?
La misura non è stata applicata perché i giudici, sia in primo grado che in appello cautelare, hanno ritenuto non sufficientemente provati i gravi indizi di colpevolezza per i reati contestati (artt. 421 bis o 435 c.p.), che sono gli unici a consentire tale misura. In particolare, mancava la prova del dolo specifico richiesto dall’art. 435 c.p.

Cosa serve per dimostrare il reato di detenzione di materie esplodenti (art. 435 c.p.)?
Secondo la Corte, per integrare questo reato è necessario dimostrare il ‘dolo specifico’, ovvero che la detenzione dell’esplosivo sia finalizzata ad attentare alla pubblica incolumità. Questa prova non può prescindere da un accertamento tecnico sulla reale pericolosità e ‘micidialità’ dell’ordigno stesso.

La Corte di Cassazione si è espressa sulla configurabilità del tentato delitto di strage (art. 421 bis c.p.)?
No, la Corte ha specificato di non volersi soffermare sulla questione della configurabilità del tentativo del delitto ex art. 421 bis c.p., poiché lo stesso ricorrente (il pubblico ministero) non aveva formulato censure specifiche su questo punto nel suo appello.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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