Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 15118 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 15118 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Brescia il DATA_NASCITA
avverso la sentenza in data 3.2.2022 della Corte di Appello di Brescia visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza in data 3.2.2022 la Corte di Appello di Brescia ha confermato la penale responsabilità di NOME COGNOME per i reati di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi riferita all’anno di imposta 2014 di cui all’art. Igs. 74/2000 (capo a) e di dichiarazione infedele ai sensi dell’art. 4 del medesimo decreto per aver indicato nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno di impost 2015 elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo (capo b), ma avendolo, a parziale riforma della pronuncia di primo grado, assolto dal delitto di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi per l’anno di imposta 2013 perché il fatto non costituisce reato, ha rideterminato la pena inflitta
mantenendo il giudizio di equivalenza tra le attenuanti generiche e la recidiva specifica, in un anno, un mese e dieci giorni di reclusione.
Avverso il suddetto provvedimento l’imputato ha proposto, per il tramite del proprio difensore, ricorso per cassazione articolando quattro motivi di seguito riprodotti nei limiti di cui all’art. 173 disp.al:t. cod.proc.pen..
2.1. Con il primo motivo lamenta il vizio di violazione di legge riferito agli a 42,43, 47, 81 cod. pen., 4 e 5 d. Igs. 74/2000 e al vizio motivazionale per mancanza dell’elemento soggettivo del reato di cui al capo a) rilevando la contraddittorietà della decisione che da un canto lo aveva assolto dal reato di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi relativa all’anno 2013 per mancanza del dolo specifico e dall’altro condannato per lo stesso delitto riferit all’anno successivo, malgrado la finalità perseguita, costituita dall’evasione d imposta, fosse unitaria per tutti gli anni in cui non aveva assolto agli adempimenti fiscali a suo carico, peraltro con condotte tra loro omogenee. Osserva che in ogni caso non avendo mai ricevuto notifica degli accertamenti né avendo mai presentato il modello TARGA_VEICOLO per chiedere il riconoscimento dei propri crediti all’Erario, la sua omissione doveva essere considerata colposa perché dannosa per il contribuente e come tale incompatibile con la natura dolosa dei reati in contestazione. Quanto a quest’ultima contesta che l’entità RAGIONE_SOCIALE imposte evase e il suo ruolo di imprenditore, elementi sui quali soltanto si era focalizzata la Cor di appello, potessero dimostrare la consapevolezza della sua omissione, esclusa invece dalla mancata menzione nell’atto di vendita della farmacia RAGIONE_SOCIALE plusvalenze a suo carico, la cui entità, ove egli ne fosse stato realmente a conoscenza, lo avrebbe indotto ad optare per tutt’altra soluzione alla sua grave esposizione debitoria: rileva infatti che avendo destinato l’intero corrispettivo incassato da vendita all’estinzione dei debiti pregressi senza aver trattenuto alcuna somma, ben sarebbe stato preferibile nella sua posizione accedere alla procedura di concordato preventivo che ugualmente Io avrebbe privato di ogni beneficio economico ma che comunque non lo avrebbe esposto, una volta terminata la procedura, ad ulteriori obblighi economici piuttosto che accollarsi, per effett dell’alienazione, un ulteriore debito nei confronti dell’Erario, peraltro in misura c ingente, ammontando le plusvalenze ad un importo addirittura superiore a quello incassato. Sottolinea come solo la mancata conoscenza RAGIONE_SOCIALE plusvalenze derivate dalla vendita abbia potuto indurlo ad omettere la presentazione RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni dei redditi per i due anni successivi e a presentare per il 2016 una dichiarazione errata e con redditi di appena 6.000 euro, essendo sin troppo evidente, specie per un imprenditore, l’impossibilità di non essere aggredito dal Fisco e la sua conseguente buona fede, certamente non finalizzata ad un’evasione di imposta configurante il dolo specifico dei reati in contestazione. Sostiene in ogni caso d aver invocato con l’atto di appello l’errore di fatto ex art. 47 cod. pen., versand Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
in un caso di errore sulla legge fiscale con riferimento a norme molto complesse generatrici della plusvalenza per essere stato l’incasso imputato ad avviamento, senza che la Corte territoriale avesse speso con riferimento a tale contestazione alcuna motivazione. Aggiunge, infine, c:he nel riconoscere il vincolo della continuazione tra i reati ascrittigli, vi era stata un’erronea applicazione della leg non potendo sussistere l’identità del disegno criminoso tra reati a dolo specifico e reati colposi stante l’assoluzione pronunciata dai giudici del gravame
2.2. Con il secondo motivo contesta, in relazione al vizio di violazione di legge agli artt. 605 e 530 cod. proc. pen., la formula assolutoria pronunciata in relazione al reato di cui al capo a) per l’anno 2014 “perché il fatto non costituisce reato sostenendo che il mancato superamento RAGIONE_SOCIALE soglie di punibilità, configurante in positivo elemento costitutivo del reato, avrebbe imposto l’adozione della diversa formula “perché il fatto non sussiste”.
2.4. Con il quarto motivo contesta, in relazione al vizio di violazione di legg riferito agli artt. 164 e 168 cod. pen. e al vizio motivazionale, la revoca de
sospensione condizionale della pena atteso che stante la revocabilità RAGIONE_SOCIALE due sentenze per i reati depenalizzati, per le quali si era in attesa della pronuncia de G.E., la sospensione condizionale della pena già disposta dalla Corte di appello di Brescia con sentenza n.2204/2014 e dal Tribunale di Brescia con sentenza n.3956/2015 avrebbe consentito, essendo la somma RAGIONE_SOCIALE due sospensioni già disposte pari ad otto mesi di reclusione e due mesi di arresto, l’accoglimento della propria richiesta.
3. Con successiva memoria in data 4.3.2024 il difensore del ricorrente ha dedotto che medio tempore la Corte di Appello di Brescia, adita quale giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 667 cod. proc. pen., nel ritenere intervenuta l depenalizzazione dei relativi reati, ha revocato con ordinanza del 13.6.2023 la sentenza di condanna per il reato ex art. 2 comma 1-bis L. 638/1983 della Corte di appello di Brescia dell’1.7.2013, divenuta irrevocabile il 25.9.2016, nonché la sentenza di condanna per il reato di cui all’art. 10 ter d. Igs. ’74/2000 del Tribuna di Brescia del 30.9.2013 divenuta irrevocabile il 4.2.2014. Ha conseguentemente ribadito come la causa estintiva ormai definitivamente accertata costituisca il fondamento incontrovertibile RAGIONE_SOCIALE doglianze già sollevate in ordine alla valutazione della recidiva e RAGIONE_SOCIALE attenuanti, nonché ai fini RAGIONE_SOCIALE revoche dell sospensione condizionale della pena
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 primo motivo, con cui si contesta l’elemento soggettivo dei reati in ragione dell’asserita assenza di dolo specifico, è manifestamente infondato.
Il presupposto da cui muove la difesa, costituito dall’assunta ignoranza in capo al COGNOME della tassazione RAGIONE_SOCIALE plusvalenze derivate dalla vendita dell’attivit RAGIONE_SOCIALE per sostenere l’insussistenza cli una volontà preordinata all’evasione, è smentito alla radice dalla presentazione da parte di costui del NUMERO_DOCUMENTO, relativa al medesimo anno di imposta in cui aveva alienato l’RAGIONE_SOCIALE, con la quale aveva optato per la rateizzazione della plusvalenza di oltre cinque milioni di euro, avvalendosi della facoltà prevista dagli artt. 86 e 88 del TUIR, invece che pagarla in un’unica soluzione. Scelta questa che, come coerentemente rilevato già dal giudice di primo grado e ribadito dalla sentenza impugnata, postulava la necessaria conoscenza dell’imposta da parte dell’imputato, risiedendo proprio in tale rilievo l’implicito rigetto dell’invocata applicabilità dell’art. 47 cod. pen.
Va al riguardo, peraltro, osservato che l’errore sul precetto, al quale va necessariamente ricondotto l’errore sulla normativa tributaria integrante la condotta penalmente rilevante, non esclude in ogni caso il dolo ai sensi dell’art. 5 cod. pen., salvo che sussista una obiettiva situazione di incertezza sulla portata applicativa o sul contenuto della norma fiscale extrapenale, tale da far ritenere
l’ignoranza inevitabile (Sez. 3, Sentenza n. 23810 del 08/04/2019, Versaci, Rv. 275993). E poiché tale situazione di incertezza, in quanto obiettiva, come si ricava indirettamente anche dall’art. 15 dello stesso d. Igs. 74/2000 secondo cui non danno luogo a fatti punibili ai sensi del presente decreto le violazioni di norm tributarie dipendenti da obiettive condizioni di incertezza sulla loro portata e s loro ambito di applicazione, non può mai essere integrata dalle condizioni soggettive del contribuente, ne deriva la palese inconsistenza della obiezione relativa all’affidamento RAGIONE_SOCIALE questioni fiscali da parte dell’imputato al prop commercialista o alla volontà del procuratore speciale da lui stesso nominato per la vendita. Va ricordato che, secondo l’univoca interpretazione giurisprudenziale in tema di reati tributari, l’affidamento ad un professionista dell’incaric predisporre e presentare la dichiarazione annuale dei redditi non esonera il soggetto obbligato dalla responsabilità penale per il delitto di omessa dichiarazione previsto dall’art. 5 D.Igs. 10 marzo 2000, n. 74, in quanto, trattandosi di reat omissivo proprio, la norma tributaria considera come personale ed indelegabile il relativo dovere, fermo restando, tuttavia, che la prova del dolo specifico d evasione non deriva dalla semplice violazione dell’obbligo clichiarativo nè da una “culpa in vigilando” sull’operato del professionista che trasformerebbe il rimprovero per l’atteggiamento antidoveroso da doloso in colposo, ma dalla ricorrenza di elementi fattuali dimostrativi che il soggetto obbligato consapevolmente preordinato l’omessa dichiarazione all’evasione dell’imposta per quantità superiori alla soglia di rilevanza penale (Sez. 3, n. 37856 del 18/06/2015, Porzio, Rv. 265087).
Né maggior consistenza riveste l’obiezione volta ad evidenziare la manifesta illogicità di un’operazione, quale quella, a fronte della alla grave crisi di impr attraversata nel 2012, della vendita dell’attività a terzi che lo aveva esposto a un così ingente esposizione nei confronti dell’Erario che avrebbe invece evitato ove avesse, nella medesima finalità di ripianare la sua grave esposizione debitoria tale da averlo costretto a destinare l’intero corrispettivo della vendita ai credit vincolato a tale destinazione sin dal rogito, optato, se fosse stato a conoscenza della tassazione RAGIONE_SOCIALE plusvalenze derivate dall’alienazione, per un concordato preventivo con i debitori.
Tale assunto, seppur suggestivo, trova la sua palese smentita nelle premesse dello stesso ragionamento difensivo: se è vero così come sostiene il ricorrente che si trovava nell’impossibilità economica di reperire la provvista necessaria al ripianamento dei debiti contratti dall’RAGIONE_SOCIALE tanto da essersi determinato, ignaro di altre possibili soluzioni, alla vendita dell’attività destin l’intero corrispettivo della vendita al saldo dei debitori, senza incassare alcunch ne deriva che quand’anche avesse fatto ricorso alla procedura concorsuale, ugualmente si sarebbe trovato nell’impossibilità di provvedere al ripianamento dei
debiti senza alienare l’RAGIONE_SOCIALE, sia pure all’interno di una procedura controllata da giudice delegato, che conseguentemente lo avrebbe esposto nello stesso modo alla tassazione. Essendo infatti la plusvalenza generata dalla differenza di valore tra il prezzo di acquisto del bene e quello della sua rivendita, è chiaro ch scaturisce dalla scelta di alienare l’attività, quand’anche all’esito di una procedu concorsuale, l’imposta nei confronti dell’Erario, cui non avrelDbe potuto neanche in tal caso sottrarsi, nulla venendo del resto obiettato sull’an e sul quantum dell’imposta relativa alla plusvalenza che, proprio perché derivata dall’alienazione, non poteva essere menzionata nell’atto di vendita.
Non vale ad inficiare le conclusioni raggiunte dalla Corte distrettuale i ordine all’affermazione di responsabilità per i reati di cui all’art. 5 d. Igs. 74/ riferito all’anno di imposta 2014 e all’art. 4 relativo all’anno di imposta 2015, formula adottata, contestazione questa intrinsecamente connessa alle doglianze formulate con il secondo motivo, in ordine l’assoluzione pronunciata sul primo, in termini cronologici, dei due reati di cui al capo a).
Va al riguardo in primo luogo rilevato che la Corte lombarda ha nella specie pronunciato l’assoluzione ritenendo che, pur essendosi perfezionata la condotta omissiva con la mancata presentazione della dichiarazione dei redditi alla scadenza prevista per l’anno di imposta 2013, l’imputato fosse legittimato, ove avesse adempiuto all’obbligo dichiarativo a suo carico, a scomputare le perdite pregresse portandole in compensazione con il reddito conseguito, così da azzerare l’intera imposta. Il che sta a significare che il COGNOME è stato ritenuto incolpevole no già perché non fosse a conoscenza della tassazione afferente alle plusvalenze derivate dalla vendita dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, così c:ome inopinatamente sostiene la difesa, bensì in quanto, se anche avesse presentato la dichiarazione dei redditi, avrebbe, relativamente all’anno di imposta 2013, dovuto dichiarare un reddito pari a zero.
Al netto della distinzione secondo cui la formula assolutoria “perché il fatt non sussiste” va pronunciata quando manchi uno degli elementi materiali del reato (condotta, evento, nesso di causalità) mentre l’assoluzione deve essere disposta con la locuzione “perché il fatto non costituisce reato” ove difetti l’elemen soggettivo (dolo o colpa), va tuttavia rilevato che la difesa non ha in alcun modo chiarito quali siano le ragioni sottostanti alla contestazione della formula adotta di giudici bresciani “perché il fatto non costituisce reato”.
Premesso che, come a suo tempo chiarito da questa Corte nel suo supremo consesso, l’interesse richiesto dall’art. 568, quarto comma, cod. proc. pen., quale condizione di ammissibilità di qualsiasi impugnazione, deve essere correlato agli effetti primari e diretti del provvedimento da impugnare e sussiste solo se i gravame sia idoneo a costituire, attraverso l’eliminazione di un provvedimento pregiudizievole, una situazione pratica più vantaggiosa per l’impugnante rispetto
a quella esistente (Sez. U, Sentenza n. 42 del 13/12/1995, PM in proc. Timpani Rv. 203093), deve osservarsi che nessuna conseguenza specifica, di natura civilistica o amministrativa o di altro genere, è stata addotta dal ricorrent attestante il pregiudizio derivante dalla formula “perché il fatto non costituisc reato” indicata dalla Corte territoriale rispetto a quella “perché il fatto non sussis che avrebbe dovuto, invece, secondo la difesa, essere pronunciata.
Pur essendo configurabile in astratto un interesse all’adozione della diversa formula impiegata dal giudice penale che, pur assolvendo l’imputato “perché il fatto non è previsto dalla legge come reato”, implichi una responsabilità di natura diversa azionabile nei suoi confronti in altra sede (Sez. 4, Sentenza n. 26109 del 05/05/2016, COGNOME, Rv. 268996; Sez. 5, Sentenza n. 29377 del 29/05/2019, COGNOME, Rv. 276524), diventa tuttavia clirimente con specifico riguardo alla materia tributaria la considerazione, al di là del silenzio mantenuto sul punto dalla difesa, che in tema di omesso versamento dell’Iva l’assoluzione con la formula “perché il fatto non sussiste” nell’ipotesi di mancata integrazione dell’elemento costitutivo della soglia di punibilità non pregiudica il potere della amministrazion finanziaria di procedere all’accertamento della violazione e all’irrogazione RAGIONE_SOCIALE relative sanzioni in relazione all’imposta “sotto soglia” dovuta e non versata, con la conseguenza che è esclusivamente rispetto a tale fatto che, ai sensi dell’art. 652 cod. proc. pen., la sentenza penale irrevocabile di assoluzione pronunciata a seguito di dibattimento ha efficacia di giudicato, restando impregiudicato l’eventuale mancato versamento dell’Iva in misura inferiore alla soglia di punibilità che può comunque integrare un fatto diverso, penalmente irrilevante e sanzionabile in via amministrativa (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 27007 del 22/07/2020, Bianchi, Rv. 279917, nonché Sez. 3 n.3098 del 5/11/2015, COGNOME, Rv. 265940).
Il terzo motivo, concernente sia l’applicabilità della recidiva sia il giudi di bilanciamento tra la suddetta aggravante e le attenuanti generiche confermato in termini di equivalenza dalla Corte di appello, deve essere dichiarato inammissibile.
Ed invero, mentre l’applicabilità della recidiva risulta essere coperta da giudicato, in difetto di alcuna contestazione articolata sul punto con l’atto appello, deve altresì rilevarsi che le censure relative al giudizio di bilanciamen tra le contrapposte circostanze erano state formulate nel precedente atto di gravame in termini di mera contestazione della proclività a delinquere dell’imputato che, con risposta pertinente, i giudici hanno, invece, confermato in ragione del numero RAGIONE_SOCIALE condanne riportate pari a cinque e della natura dolosa dei relativi reati. Del tutto diverso è il taglio del motivo in esame con cui la dif incentrando le proprie doglianze sulla revocabilità di due precedenti condanne per intervenuta depenalizzazione dei sottostanti reati, rispettivamente pronunciate l’una per il delitto ex art. 2 comma 1-bis L. 638/1983 dalla Corte di appello d
Brescia dell’1.7.2013, divenuta irrevocabile il 25.9.2016, e l’altra per il reato di all’art. 10 ter d. Igs. 74/2000 dal Tribunale di Brescia del 30.9.2013, divenuta irrevocabile il 4.2.2014, nonché sull’estinzione del reato relativo alla condanna pronunciata dal Tribunale di Brescia in data 28.11.2016 per esito positivo dell’affidamento in prova ai Servizi Sociali sollecita questa Corte, con deduzioni mai articolate nel giudizio di appello, ad una diversa valutazione della pericolosità del prevenuto. Non potendo essere devolute con il ricorso per cassazione questioni implicanti valutazioni di merito mai sottoposte alla cognizione del giudice del gravame, del tutto debordanti dal perimetro della presente fase di legittimità in cui il vizio motivazionale può essere sindacato negli stretti limiti di cui all’art lett. e) cod. proc. pen., ad esse non può che far seguito la declaratoria d inammissibilità.
4. In ordine al quarto motivo concernente le revoche RAGIONE_SOCIALE sospensioni condizionali disposte ex officio dalla Corte lombarda, va in primo luogo dichiarata la mancanza di interesse all’impugnativa proposta con riferimento alle due condanne pronunciate dalla Corte di appello di Brescia 1’1.7.2013, divenuta irrevocabile il 25.9.2016, e dal Tribunale di Brescia del 30.9.2013, divenuta irrevocabile il 4.2.2014, sopra menzionate’ posto che essendo state revocate in sede esecutiva in ragione dell’intervenuta depenalizzazione dei relativi reati giusta l’ordinanza del 13.6.2023 allegata alla memoria difensiva ex art. 585 cod. proc. pen., qualunque pronuncia sulla sospensione condizionale della pena, ovverosia su una statuizione non più in essere, al pari dell’intera pronuncia che la conteneva, sarebbe inutiliter data.
Neppure possono trovare ingresso, in quanto manifestamente infondate, le contestazioni in ordine alla revoca della sospensione condizionale della pena riguardante le due diverse condanne, rispettivamente rese dalla Corte di appello di Brescia il 10.6.2014, diventata irrevocabile il 22.10.2019, e dal Tribunale d Brescia il 30.9.2015, diventata irrevocabile il 12.1.2016. Le determinazioni assunte al riguardo dalla sentenza impugnata non possono ritenersi passibili di alcuna censura tenuto conto che ad esse si aggiunge la nuova condanna contenuta nella sentenza impugnata alla pena di un anno, un mese e dieci giorni di reclusione che, indipendentemente dal superamento dei limiti fissati dall’art. 163 cod. pen., è stata ritenuta indice della capacità a delinquere dell’imputato, senza alcuna specifica confutazione da parte della difesa.
Il ricorso deve, in conclusione, essere dichiarato inammissibile, seguendo a tale esito l’onere RAGIONE_SOCIALE spese del procedimento, nonché quello del versamento, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, i favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ammende, della somma, equitativamente fissata, come da dispositivo
Dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di C 3.000 in favore della RAGIONE_SOCIALE Ammende Così deciso in data 28.3.2024