Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 653 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 653 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a TORINO il 21/11/1959
avverso la sentenza del 21/03/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico M’ • ero, in persona d5Qtituto Procuratore che ha c , 9eftiso chiedendo
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 21 Marzo 2023, la Corte di appello di Torino, decidendo in sede di rinvio dalla Corte di Cassazione, a seguito di pronuncia di parziale annullamento (Sez. Terza sent. numero 45891/22), ha confermato la sentenza di condanna resa nei confronti di COGNOME NOME dal Tribunale di Torino.
La Corte di Cassazione, adita dall’imputato, aveva annullato la sentenza della Corte di appello di Torino del 24 Febbraio 2021, limitatamente al capo A) della rubrica ed all’omessa pronuncia sulla richiesta di concessione del beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale.
Per quanto rileva in questa sede, nel capo A) di imputazione era contestato all’imputato il reato di cui all’art. 5 d.lgs. n. 74/20 per avere, agendo in veste di amministratore unico della “RAGIONE_SOCIALE“, omesso di presentare, essendovi obbligato, la relativa dichiarazione dei redditi annuale per l’anno d’imposta 2012, derivandone un’evasione IRES pari ad curo 76.170,18 ed un’evasione sull’imposta IVA pari ad euro 141.221,23, in relazione ad un’imponibile accertate di euro 276.982,50.
Rilevava la Suprema Corte un difetto di motivazione con riferimento alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato; all’uopo evidenziava come fosse necessaria ioltre alla dimostrazione della volizione dell’omessa dichiarazione e del superamento della soglia di punibilità, anche la dimostrazione del dolo specifico di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto. A tali principi osservava la Suprema Corte, non si erano conformati i giudici di merito nella sentenza annullata, i quali, riprendendo e facendo proprie le considerazioni del giudice di primo grado in maniera stringata e scarsamente rappresentativa della logica sottostante, avevano desunto esclusivamente dalla disordinata gestione della documentazione fiscale il dolo di evasione in capo all’imputato.
Avverso la sentenza rescissoria ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, articolando un motivo unico nel quale ha dedotto le seguenti doglianze.
In GLYPH relazione GLYPH al GLYPH capo GLYPH A) GLYPH della GLYPH imputazione: GLYPH mancanza,
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contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione risultante dal test della sentenza impugnata e da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame. Il giudice del rinvio non ha sottoposto al dovuto vaglio critico alcuni elementi che pur emergevano con chiarezza dal compendio probatorio in atti, favorevoli all’esclusione del dolo del reato in contestazione. Ai fini della configurabilità dell’elemento soggettivo del delitt di cui all’articolo 5 d.lgs. 74/2000, la giurisprudenza della Corte Cassazione ha in più occasioni precisato come sia necessario provare la ricorrenza di elementi dimostrativi del fatto che il soggetto obbligato abbia consapevolmente preordinato l’omessa dichiarazione rispetto al fine dell’evasione di imposta per un importo penalmente rilevante. La prova della consapevole preordinazione dell’omessa dichiarazione all’evasione di imposta è elemento imprescindibile per la ricorrenza della fattispecie in questione. Il dolo specifico, infatti, tipizza la volontà del soggetto agente ed ha come conseguenza quella di restringere il perimetro dell’incriminazione. Deve essere quindi provato, al di là del ragionevole dubbio, che, sin dal primo atto della condotta posta in essere, l’agire del soggetto agente fosse preordinato allo scopo preciso di evadere le imposte. E’ evidente come la consapevole preordinazione all’evasione delle imposte debba essere provata sulla base di indicatori concreti ed eventualmente ravvisata solo dopo aver esaminato tutti gli elementi probatori a disposizione. Questa complessiva valutazione, lamenta il difensore, difetterebbe nel caso di specie. Sono stati del tutto ignorati, e x, in taluni casi erroneamente valutati, alcuni elementi probatori emergenti dagli atti allegati al ricorso. Giova evidenziare, si legge ne ricorso, che il COGNOME aveva assunto la carica di amministratore della società solo in data 30 giugno 2011; egli, inoltre, non era un imprenditore o un amministratore esperto e professionale. Tali aspetti non sono stati valutati nella sentenza impugnata, essendosi il giudice del rinvio limitato, in maniera del tutto apodittica ed illogica, a dare per presupposte tali circostanze, senza tuttavia attribuire loro il significato che meritavano. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Non si è tenuto conto della testimonianza resa, innanzi al Tribunale, da NOME COGNOME, agente verificatore dell’Agenzia delle entrate, che aveva svolto gli accertamenti di natura tributaria.
Dalle trascrizioni del verbale dell’udienza 11/6/2022, allegate al ricorso, emerge con chiarezza il comportamento tenuto da COGNOME nei rapporti con il proprio commercialista. Si può ricavare dalla testimonianza acquisita che il COGNOME, prima che avesse inizio l’accertamento da parte dell’Agenzia delle entrate, si era rivolto al proprio commercialista affinché quest’ultimo l supportasse nel ricostruire la contabilità. Tutto ciò dimostra un atteggiamento radicalmente opposto a quello di un consapevole evasore. Il
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giudice del rinvio avrebbe dovuto analizzare criticamente tale circostanza. A ciò deve aggiungersi, come più volte rappresentato dalla teste COGNOME che il ricorrente, durante l’accertamento, aveva collaborato ampiamente con il personale addetto alla verifica, fornendo la documentazione di cui era in possesso e rendendo dichiarazioni utili. Anche tale partecipazione dell’imputato all’attività di accertamento fiscale è suscettibile di denotare u comportamento ben diverso da quello di una consapevole preordinazione alla evasione. Circa la collaborazione prestata dal COGNOME nei confronti degli agenti verificatori – per il tramite delle dichiarazioni rilasciate agli stes attraverso la consegna della documentazione contabile – la Corte di appello di Torino ha ritenuto, con motivazione illogica e contraddittoria, che essa costituisse una prova a carico del ricorrente.
La sentenza ha desunto la prova della consapevolezza di evadere le imposte dalla circostanza che il COGNOME fosse non solo l’amministratore di diritto della società, ma anche l’unic:o soggetto che se ne occupasse in concreto, così come emerso da quanto dallo stesso dichiarato agli agenti verificatori. Qui è evidente l’illogicità della motivazione, la quale non pu resistere all’obiezione logica secondo cui è del tutto irrazionale che un soggetto che abbia sin dall’inizio consapevolmente agito al fine di evadere le imposte, spontaneamente si rivolga al proprio commercialista, in data antecedente all’accertamento tributario, per ottenere un ausilio nella gestione della contabilità.
La valorizzazione, quali indicatori di responsabilità, di circostanze collegate al mero ruolo di amministratore della società, evidenziate dal giudice di rinvio a pag. 8 della motivazione, rivela l’illogicità dell’in struttura motivazionalejpoiché le stesse non sono poste in raffronto critico con gli altri elementi a discarico evicllenziati dalla difesa. Non è possibi sostenere che il COGNOME fosse un consapevole evasore delle imposte perché era a conoscenza delle dinamiche societarie. La Corte di appello di Torino ha valorizzato dati che provetebbero la sussistenza del dolo senza però bilanciarli con altre circostanze di segno opposto. Una lettura più equilibrata degli atti del processo da parte del giudice del rinvio ed una effettiv disamina critica degli elementi sopra evidenziati avrebbe consentito di attribuire il giusto valore probatorio alle dichiarazioni spontanee del COGNOME anche in relazione all’affidamento che quest’ultimo riponeva sul regime di favore previsto dalla legge 398/91 per le associazioni sportive dilettantistiche.
Il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, con requisitoria scritta, ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Non si individuano nella motivazione della sentenza impugnata i vizi lamentati dalla difesa nel ricorso. La Corte di appello ha rispettato il dictum della pronuncia della Corte di Cassazione, evidenziando gli elementi da quali ha desunto la consapevolezza da parte dell’imputato di evadere le imposte.
Nel rispondere in modo puntuale ai rilievi difensivi, ha posto in evidenza come il ricorrente non avesse mai dichiarato di essere stato erroneamente convinto che il regime fiscale della società da lui amministrata godesse del trattamento agevolato riservato alle società sportive dilettantistiche. Al contrario, con argomentare logico, ha evidenziato come nel processo verbale del 17/12/2014, il COGNOME avesse mostrato di essere ben consapevole della trasformazione della società dallo stesso amministrata in società a responsabilità limitata in ragione del passaggio in categoria A2 della squadra di pallavolo.
Ha quindi rilevato che la rappresentazione e la volizione di evadere le imposte potesse essere desunta dalla consistente entità del superamento della soglia di punibilità, all’epoca pari ad euro 30.000. Era stato infa accertato da parte del personale operante che l’ammontare delle imposte evase fosse pari ad euro 76.170,18 con riferimento all’IRES, e pari ad euro 106.801,47 con riferimento all’IVA.
Ha inoltre posto in rilievo come il ricorrente avesse in più occasioni, nel corso della verifica, mostrato di essere al corrente delle entrate e dell uscite della società ) le quali transitavano non soltanto su un conto dedicato, ma anche sul suo conto corrente personale.
La motivazione espressa è rispondente ai criteri stabiliti in questa sede (cfr. ex multis Sez. 3, n. 18936 del 19/01/2016, V., Rv. 267022 in cui si afferma che il dolo di evasione, nel reato in contestazione, può essere desunto anche dall’entità del superamento della soglia di punibilità vigente).
L’eccezione difensiva riguardante il fatto che il ricorrente si fosse affidato al commercialista per il disbrigo delle incombenze riguardati la presentazione della dichiarazione annuale, è stata esaminata ed esclusa dalla Corte di appello, la quale ha rimarcato come non vi fosse prova in atti di tale circostanza.
La diversa ricostruzione proposta nel ricorso non può formare oggetto di considerazione da parte della Corte di Cassazione, esulando dal perimetro valutativo proprio del giudice di legittimità.
Invero, il sindacato di legittimità «deve essere limitato soltanto a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza spingersi a verificare l’adeguatezza delle argomentazioni, utilizzate dal giudice del merito per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali» (in tal senso, ex plurimis, Sez. 5, n. 4295 del 07/10/1997, COGNOME, Rv. 209040; Sez. 3, n.4115 del 27/11/1995, dep. 1996, Beyzaku, Rv. 203272). Tale principio, più volte ribadito dalle (tezioni semplici della Corte di Cassazione, è stato altresì avallato dalle stesse Sezioni Unite le quali hanno precisato che esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una «rilettura» degli elementi di fatto posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, COGNOME, Rv. 207945). La Corte regolatrice ha rilevato che, anche dopo la modifica dell’art.606,Iett. e),cod. proc. pen., per effetto della legge 20 febbraio 200 n. 46, resta immutata la natura del sindacato che la Corte di Cassazione può esercitare sui vizi della motivazione, essendo preclusa, per il giudice di legittimità, la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto post fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione o valutazione dei fatti (Sez. 5, n. 17905 del 23/03/2006, COGNOME, Rv. 234109). Pertanto, in sede di legittimità, non sono consentite le censure che si risolvano nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (ex multis Sez. 6, n. 22445 del 08/05/2009, Candita, Ry.244181; da ultimo Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, Rv. 280601 – 01:”In tema di giudizio di cassazione, sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli element di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indica dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito”). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
3. Consegue alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/6/2000).
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
In Roma, così deciso il 7 dicembre 2023 Il Consigliere estensore Il President