Dolo Specifico di Evasione: Quando l’Omissione Diventa Reato
L’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi non è una semplice dimenticanza, ma può configurare un grave reato tributario. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i criteri per accertare il dolo specifico di evasione, elemento psicologico necessario per la condanna, e i limiti all’applicazione della continuazione tra reati fiscali commessi a distanza di anni. L’analisi della Suprema Corte offre spunti fondamentali per comprendere come la reiterazione della condotta e l’entità dell’imposta evasa diventino prove cruciali della volontà di frodare il fisco.
I Fatti del Caso: Omesse Dichiarazioni e Ricorso in Cassazione
Il caso riguarda un amministratore di società condannato per il reato di omessa dichiarazione dei redditi (art. 5, D.Lgs. 74/2000) per le annualità 2011 e 2012. L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, sollevando due questioni principali:
1. Errata qualificazione del reato: Sosteneva che la sua condotta dovesse essere inquadrata nel reato di dichiarazione infedele (art. 4, D.Lgs. 74/2000), in quanto l’omissione riguardava rate di una plusvalenza già dichiarata nel 2008. Contestava, inoltre, la sussistenza del dolo specifico di evasione, ritenendo illogica la motivazione della Corte d’Appello.
2. Mancato riconoscimento della continuazione: Chiedeva che i reati contestati fossero uniti, in continuazione (art. 81 c.p.), a una precedente condanna per omesso versamento di IVA (art. 10-ter, D.Lgs. 74/2000) risalente al 2009.
La Corte di Appello aveva già respinto queste argomentazioni, confermando la condanna. La palla è quindi passata alla Suprema Corte per la decisione finale.
La Decisione della Corte e il Dolo Specifico di Evasione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la sentenza impugnata. Gli Ermellini hanno ritenuto i motivi del ricorso mere doglianze sulla ricostruzione dei fatti, non ammissibili in sede di legittimità.
In particolare, la Corte ha sottolineato che la prova del dolo specifico di evasione era stata correttamente e logicamente argomentata dai giudici di merito. Gli elementi chiave che hanno portato a questa conclusione sono stati:
* L’entità dell’imposta evasa: L’importo, correttamente stimato in circa il doppio della soglia di rilevanza penale, era un chiaro indicatore della volontà di non adempiere agli obblighi fiscali.
* La reiterazione della condotta: L’omissione della dichiarazione per due anni consecutivi (2011 e 2012) dimostrava un comportamento persistente e non una semplice svista.
* Il mancato versamento: Le imposte dovute non erano mai state versate, confermando l’intento finalizzato all’evasione.
La Corte ha specificato che questi elementi, valutati nel loro complesso, costituivano una base solida e non illogica per ritenere provato l’elemento psicologico del reato.
Il Diniego della Continuazione tra Reati
Anche il secondo motivo di ricorso è stato giudicato inammissibile. La richiesta di riconoscere un “medesimo disegno criminoso” tra le omesse dichiarazioni del 2011-2012 e l’omesso versamento IVA del 2009 è stata respinta.
Le Motivazioni
La motivazione principale del diniego risiede nella significativa distanza temporale tra i reati. La Corte territoriale aveva correttamente evidenziato che era trascorso un lasso di tempo di almeno tre anni tra la commissione dei diversi illeciti. Questo elemento, unito ad altre circostanze, è stato ritenuto ostativo all’accoglimento della richiesta di continuazione. Secondo la Cassazione, un intervallo temporale così ampio rende difficile, se non impossibile, sostenere che le diverse violazioni fossero state pianificate e realizzate come parte di un unico programma criminoso iniziale.
Le Conclusioni
L’ordinanza ribadisce due principi fondamentali in materia di reati tributari. In primo luogo, il dolo specifico di evasione può essere provato attraverso elementi oggettivi e presuntivi, come l’entità del debito fiscale, la sistematicità della violazione e l’assenza di qualsiasi giustificazione per l’omissione. In secondo luogo, l’applicazione dell’istituto della continuazione richiede una rigorosa dimostrazione dell’unicità del disegno criminoso, che può essere esclusa da una notevole distanza temporale tra le condotte illecite. La decisione, pertanto, consolida un orientamento giurisprudenziale che valuta con severità le condotte omissive reiterate, considerandole un chiaro sintomo della volontà di sottrarsi agli obblighi fiscali.
Quando si configura il dolo specifico di evasione nel reato di omessa dichiarazione?
Secondo la Corte, il dolo specifico di evasione si configura quando l’omissione non è isolata ma si accompagna ad altri elementi indicativi, come la reiterazione della condotta per più annualità, il mancato versamento delle imposte e un’evasione di importo significativamente superiore alla soglia di punibilità.
Perché la Corte ha escluso la continuazione tra il reato di omessa dichiarazione e un precedente omesso versamento di IVA?
La Corte ha escluso la continuazione principalmente a causa della notevole distanza temporale tra i reati, pari ad almeno tre anni. Questo lungo intervallo è stato considerato un elemento ostativo al riconoscimento di un unico disegno criminoso che legasse le diverse violazioni.
Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
La declaratoria di inammissibilità comporta, secondo l’art. 616 del codice di procedura penale, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in 3.000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 755 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 755 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 01/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MAZZARINO il 11/12/1952
avverso la sentenza del 10/05/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che, con il primo motivo di ricorso, NOME COGNOME condannato alle pene di legge per i reati di cui all’art. 5 d.lgs. 74 del 2000 per aver omesso di presentare le dichiarazioni an relative all’imposta sui redditi della società di cui era amministratore per le annualità 2 2012, deduce la violazione della legge penale ed il vizio di manifesta illogicità della motivazi per essere stato ritenuto il dolo specifico di evasione, anche sull’errato rilievo che l’imposta e risultava essere quasi doppia rispetto alla soglia di rilevanza penale, trattandosi di condotta andava semmai sussunta nella diversa fattispecie di all’art. 4 d.lgs. 74 del 2000, posto c l’omissione riguardava le rate annuali di una plusvalenza rateizzata in cinque anni il cui obbl dichiarativo era stato regolarmente assolto nell’anno 2008;
Considerato che tale motivo è inammissibile perché proposto per ragioni non consentite in sede di legittimità, prospettandosi mere doglianze in punto di ricostruzione del f riproduttive di censure già adeguatamente vagliate e disattese con corretti argomenti giuridi dalla sentenza impugnata, la quale ha correttamente sussunto la condotta nella violazione di cui all’art. 5 d.lgs. 74 del 2000 – essendo pacifica l’omessa presentazione delle dichiarazioni ai dell’imposta sui redditi per le annualità 2011 e 2012 – ed essendo stata non illogicament argomentata la prova del dolo specifico di evasione, tratta anche dal fatto che le imposte su plusvalenza di competenza di quelle annualità, correttamente stimate in circa il doppio dell soglia di rilevanza penale (venendo in rilievo la sola imposta sui redditi e non anche quella valore aggiunto), non furono in effetti mai versate e che l’illecito è stato reiterato p annualità consecutive, senza che la condotta omissiva, argomenta la sentenza, sia stata in altro modo giustificata (cfr., sul punto, Sez. 3, n. 44170 del 04/07/2023, Marra, Rv. 285221);
Rilevato che il secondo motivo di ricorso – con cui si deducono violazione dell’art. 81 cod pen. e vizio di motivazione per non essere stata ritenuta l’invocata continuazione con il reato cui all’art. 10 ter d.lgs. 74 del 2000 precedentemente giudicato in relazione all’omesso versamento, consumato nel dicembre 2009, dell’IVA dovuta con riguardo alla precedente annualità – è parimenti inammissibile, trattandosi di doglianza concernente il trattamen punitivo a fronte di sufficiente e non illogica motivazione ed adeguato esame delle deduzion difensive; ed invero, la mancanza di prova dell’unicità del disegno criminoso, con valutazione merito non illogicamente argomentata e qui non altrimenti sindacabile, è stata adeguatamente e correttamente argomentata e la valutazione non è inficiata dal fatto che l’omesso versamento già giudicato sia stato in sentenza evocato con riguardo al 2008 (annualità di maturazione de debito IVA non versato) piuttosto che con riguardo al 2009 (momento consumativo), avendo la Corte territoriale avuto ben presente, specificandolo correttamente in sentenza (pag. 9), che distanza temporale tra la commissione dei reati per cui si richiedeva il riconoscimento del continuazione era di almeno tre anni, elemento, questo, correttamente valutato, insieme agli altri menzionati, come ostativo all’accoglimento della richiesta;
Ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile e rilevato che alla declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere de spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della ssa delle ammende, equitativamente fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10 dicembre 2023.