Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 25172 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 25172 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 11/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 29/12/1971
avverso la sentenza del 19/12/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME
COGNOME
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Il Proc. Gen. si riporta alla requisitoria scritta e conclude per l’inammissibilità ricorso.
udito il difensore
L’avvocato NOME COGNOME si associa alla richiesta del Proc. Gen., deposita conclusioni e nota spese, insistendo per l’inammissibilità del ricorso.
L’avvocato NOME COGNOME insiste per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Firenze, con sentenza del 19 dicembre 2023, ha confermato la sentenza del Tribunale della medesima città che ha ritenuto la ricorrente, quale amministratrice della RAGIONE_SOCIALE dichiarata fallita il 2 luglio 2019, responsabile del delitto di bancarotta fraudolenta documentale per avere, allo scopo di procurarsi un ingiusto profitto e di recare pregiudizio ai creditori, distrutto e/o sottratto i libri e le altre scritture con per le annualità sino al 2011 e per averne, dal 2012 sino alla data di fallimento, omesso la tenuta o la conservazione ad esclusione di alcune scritture indicate nel dispositivo. Ha condannato l’imputata al risarcimento del danno in favore della Curatela del fallimento, costituitasi parte civile, da liquidarsi in separato giudizi civile e ha disposto una provvisionale immediatamente esecutiva di euro 20.000,00.
Il difensore della ricorrente affida il ricorso a un unico motivo, ampiamente articolato in più punti, in cui deduce il vizio di erronea applicazione di legge, con riferimento agli artt. 216 e 223 I.fall, nonché quello di mancanza e manifesta illogicità della motivazione.
2.1. Con la prima censura lamenta che nessun elemento sarebbe stato indicato a sostegno della configurabilità del dolo specifico richiesto dalla norma incriminatrice. Deduce che la ricorrente non avrebbe tratto alcun ingiusto profitto dalla condotta contestatale avendo addirittura effettuato un finanziamento infruttifero nel 2011 con un versamento di euro 26.000,00 iscritto nello stato patrimoniale e risultante dai bilanci depositati. Illogica poi sarebbe la motivazione nella parte in cui si esamina il ruolo rivestito, nella compagine sociale, dall’imputata. Questa, pur non negando le proprie competenze contabili, deduce che la persona che effettivamente esercitava l’attività di impresa era il proprio compagno, NOME COGNOME, deceduto nel 2013. La motivazione, dunque, sarebbe viziata per avere considerato in maniera illogica le risultanze dibattimentali.
Ad avviso del ricorrente, inoltre, la motivazione, là dove passa a esaminare l’elemento oggettivo del reato, sarebbe apodittica e stereotipata non avendo considerato gli specifici motivi di impugnazione e, in particolare, che, sino al 2012, il curatore era stato in grado di ricostruire tutti i debiti e che 2012 la società aveva cessato la propria attività definendo tutte le posizioni creditorie ad eccezione di quella con la RAGIONE_SOCIALE, che aveva poi chiesto il fallimento, e dell’Agenzia delle entrate.
Deduce, infine, che non sarebbe stata valutata correttamente la vicenda legata alla costituzione della nuova società che non ha mai operato e per nulla collegata a quella fallita.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato limitatamente al profilo che sarà di seguito indicato.
Si esaminano, per ordine logico, innanzitutto le censure svolte in relazione alla ritenuta sussistenza in capo all’imputata della qualità, non meramente formale, di amministratrice.
Alla ricorrente è stato contestato, in qualità di amministratrice di diritto della fallita, di aver distrutto o sottratto i libri e le altre scritture contabili annualità sino al 2011 e di averne omesso la tenuta o la conservazione dal 2012 sino al fallimento con esclusione: di documenti di trasporto e fatture emesse nell’anno 2011/2012 Cassa edile; buste paga sino a marzo 2013; mod. F24 pagati.
Evidenzia la Corte d’appello, con motivazione lineare, completa e priva di aporie argomentative, che l’istruttoria dibattimentale ha consentito di accertare che la ricorrente ha rivestito la carica di amministratrice unica della società, svolgendo il proprio ruolo effettivamente, nei seguenti periodi 10 febbraio 2005 14 luglio 2011; 1° dicembre 2011 – 1 marzo 2012; 20 marzo 2013 sino al fallimento. Quindi, conformemente a quanto già messo in luce nella sentenza di primo grado, la sentenza qui impugnata – che si salda alla precedente attesa la concorde analisi e valutazione degli elementi di prova – sottolinea che dall’istruttoria dibattimentale è emerso che era proprio la ricorrente, soggetto non privo di esperienza imprenditoriale, che, «per sua stessa ammissione» si «occupa attivamente della contabilità, cura i rapporti con le banche e e alle varie funzioni di amministrazione richieste per la vita della società, mentre il compagno COGNOME vista la personale competenza tecnica nel settore edile, si occupava degli aspetti operativi di cantiere». A fronte di tali coerenti affermazioni, non censurabili nel merito, la ricorrente oppone delle contestazioni del tutto ‘generiche e insufficienti a superare la presunzione semplice di conoscenza della situazione contabile, essendo emerso, dalla piana e completa ricostruzione operata da entrambi i giudici di merito, il suo ruolo non meramente formale di amministratrice di diritto della società, obbligata, in quanto tale, direttamente e personalmente, a tenere e conservare i libri e le scritture contabili della società. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.2. Parimenti infondate sono le censure svolte in ordine alla ritenuta sussistenza dell’elemento oggettivo del delitto di bancarotta.
Come già chiarito da questa Corte, ai fini della configurabilità del delitto di bancarotta fraudolenta documentale devono ritenersi condotte equivalenti la distruzione, l’occultamento o la mancata consegna al curatore della documentazione e l’omessa o irregolare o incompleta tenuta delle scritture
contabili. Pertanto, per la sussistenza del reato è sufficiente l’accertamento di una di esse e la presenza in capo all’imprenditore del pertinente profilo soggettivo (Sez. 5, n. 8369 del 27/09/2013 – dep. 21/02/2014, COGNOME, Rv. 259038).
La Corte d’appello riferisce che dalle dichiarazioni rese dalla curatrice, nel corso dell’istruttoria dibattimentale, è emerso, innanzitutto, ,che non le erano stati consegnati: il libro giornale; il libro degli inventari; i registri Iva; le fatture emesse negli anni precedenti al 2011; le fatture passive e gli estratti conto bancari. La pressoché totale assenza dell’impianto contabile non ha consentito, come si legge in entrambe le sentenze di merito, di ricostruire le vicende contabili della società.
Il ricorrente lamenta la “piatta” adesione del giudice di appello alla motivazione resa dal giudice di primo grado. Orbene, va premesso che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, può ritenersi nulla per difetto di motivazione la sentenza di appello che, a fronte di motivi di impugnazione specifici, con cui si contesti in maniera argomentata la ricostruzione operata dal giudice di primo grado, si limiti a ripetere la motivazione di condanna senza rispondere a ciascuna delle contestazioni adeguatamente mosse con l’atto di appello (ex multis, Sez. 2, n. 56395 del 23/11/2017, COGNOME, Rv. 271700; Sez. 3 , n. 38126 del 06/06/2024, Amore, Rv. 287104-01). La Corte d’appello però può legittimamente richiamare la sentenza di primo grado dovendosi escludere l’illegittimità di siffatto richiamo quando il giudice territoriale «faccia riferimento, recettizio o di semplice rinvio, a un legittimo atto del procedi-mento, la cui motivazione risulti congrua rispetto all’esigenza di giustificazione propria del provvedimento di destinazione; 2) fornisca la dimostrazione che il giudice ha preso cognizione del contenuto sostanziale delle ragioni del provvedimento di riferimento e le abbia meditate e ritenute coerenti con la sua decisione; 3) l’atto di riferimento, quando non venga allegato o trascritto nel provvedimento da motivare, sia conosciuto dall’interessato o almeno ostensibile, quanto meno al momento in cui si renda attuale l’esercizio della facoltà di valutazione, di critica ed, eventualmente, di gravame e, conseguentemente, di controllo dell’organo della valutazione o dell’impugnazione». (Sez. 2, n. 55199 del 29/05/2018, COGNOME, Rv. 274252 01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
In applicazione di siffatti principi, i richiami operati dalla Corte d’appello alla sentenza di primo grado sono del tutto che generici dovendosi escludere che la motivazione offerta sia apodittica in parte qua in quanto la Corte distrettuale non si è limitata a condividere le affermazioni del Giudice di primo grado, così sottraendosi al giudizio critico che le compete, ma ha riesaminato i punti a lei
devoluti richiamando le dichiarazioni della curatrice e la relazione ex art. 33 !Sali. e ritenendo – con motivazione concisa, ma completa e, dunque, incensurabile in questa sede là dove viene richiesta una valutazione in fatto – di dover considerare inverosimile la versione del deterioramento della documentazione per eventi atmosferici e, comunque, scarsamente rilevante ove si consideri che l’imputata ha omesso la consegna di un qualunque supporto informatico nonostante avesse dichiarato che «ella stessa curava la tenuta al computer delle scritture contabili» (così alla pag. 6 della motivazione di I grado).
Il difensore della ricorrente riferisce poi, nel lamentare sempre l’apoditticità della motivazione, che il curatore aveva ricostruito con precisione tutti i debiti della società, ma dimentica l’irrilevanza di tale riferita ricostruzi posto che la bancarotta documentale è configurabile anche quando la documentazione possa essere ricostruita aliunde, poiché la fattispecie contestata è integrata ogniqualvolta gli accertamenti, da parte degli organi fallimentari, siano stati ostacolati da difficoltà superabili solo con particolare diligenza (Sez. 5, n. 21588 del 19/04/2010, Suardi, Rv. 247965).
2.3. E’ fondata e merita accoglimento la prima censura concernente il vizio di motivazione in relazione all’elemento psicologico.
All’imputata è stata addebitata e riconosciuta la fattispecie criminosa di cui alla prima parte dell’art. 216, comma 1, n. 2 legge fall., cd. bancarotta “specifica” per non avere consegnato, per gli anni antecedenti al 2011, l’esistente documentazione contabile della società «già gravata da debiti sin dagli anni 2008-2010» e per non avere tenuto, negli anni successivi, la contabilità. Il dolo richiesto, in tutti questi casi, è specifico e consiste nello scopo di arrecare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori. Come chiarito da Sez. 5, n. 42546 del 07/11/2024, COGNOME, Rv. 287175 – 01 mentre «la fraudolenza è pressoché insita nella condotta materiale di alterazione della valenza delle scritture, sicché è sufficiente il dolo generico nel caso dell bancarotta “specifica” l’elemento oggettivo è polivalente sicché è richiesta una specifica direzione della volontà». Occorre, dunque, che si accerti e si dia conto che lo scopo dell’omissione sia stato quello indicato dalla norma poiché, altrimenti, risulterebbe impossibile distinguere tale fattispecie da quella, analoga sotto il profilo materiale, prevista dall’art. 217 I. fall. punita a titolo di bancar semplice documentale (ex multis, Sez. 5, n. 11115 del 22/01/2015, COGNOME, Rv. 262915-01; Sez. 5, n.18320 del 7/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv.22917901). La sussistenza del dolo specifico, come è stato puntualizzato nella giurisprudenza di legittimità, può essere desunta «dalla complessiva ricostruzione della vicenda e dalle circostanze del fatto che ne caratterizzano la valenza fraudolenta colorando di specificità l’elemento soggettivo, che, pertanto,
può essere ricostruito sull’attitudine del dato a evidenziare la finalizzazione del comportamento omissivo all’occultamento delle vicende gestionali» (Sez. 5, n. 10968 del 31/01/2023, COGNOME, Rv. 284304-01).
Orbene, la motivazione del Tribunale e quella della Corte d’appello omettono di individuare gli indici in forza dei quali è stato accertato, in capo all’imputata, il dolo specifico essendosi limitate, entrambe, a valorizzare la condotta omissiva e il dato che, nel 2013, era stata costituita dall’imputata e dal compagno un’altra società con il medesimo oggetto sociale e con analoga denominazione della fallita senza spiegare, però, se e in che termini la condotta omissiva della ricorrente e la costituzione della nuova società – di cui nulla è dato sapere al di là della data di costituzione, pressoché coeva al periodo in cui la fallita veniva «abbandonata a se stessa» e alla morte del compagno dell’imputata – erano state dirette a pregiudicare i creditori o ad arrecare alla predetta o ad altri un ingiusto profitto. Tale accertamento, come si è detto, è imprescindibile, anche’ se complesso allorché, come nella vicenda che qui ci occupa, non si siano ravvisate condotte distrattive di alcun tipo. In tal caso, infatti, non può farsi riferimento alla presunzione per la quale l’irregolare tenuta delle scritture contabili è di regola funzionale all’occultamento o alla dissimulazione di atti depauperativi del patrimonio sociale. Occorre quindi che venga fornita adeguata motivazione che dia conto anche della specifica funzione delle scritture contabili e della finalizzazione della loro omissione alla determinazione dell’evento su cui deve cadere la rappresentazione e la volontà del soggetto agente evidenziando gli indici rivelatori di tale consapevolezza, quali, a titolo di esempio, l’irreperibilità dell’amministratore; l’indicazione di un sede dell’impresa rivelatasi fittizia; la mancata collaborazione con la curatela; la realizzazione di atti depauperativi; la sproporzione tra l’entità del passivo e l’inesistenza di attivo. In assenza di questi o altri dati fattuali, infatti, come s detto, la fattispecie deve essere ricondotta nell’alveo della fattispecie meno grave della bancarotta semplice . Corte di Cassazione – copia non ufficiale
La sentenza, dunque, deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Firenze che, nella piena libertà valutativa del compendio probatorio, alla luce dei principi di diritto illustrati dovrà nuovamente esaminare i motivi di appello in parte qua e indicare quali sono gli indici dai quali desumere il dolo specifico di procurarsi un ingiusto profitto o recare pregiudizio ai creditori.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente all’elemento soggettivo del reat con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Firen
Rigetta nel resto il ricorso.
Roma, 11 aprile 2025
Il consigliere estensore
NOME COGNOME
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CORTE DI CASSAZIONE
V SEZIONE PENALE
COGNOME
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