Dolo Ricettazione: Quando il Silenzio sulla Provenienza Diventa Prova
L’ordinanza n. 4466/2024 della Corte di Cassazione offre un’importante chiarificazione su un aspetto cruciale del reato di ricettazione: la prova dell’elemento soggettivo. Con questa decisione, i giudici supremi consolidano un orientamento fondamentale per cui la prova del dolo ricettazione può essere desunta anche da elementi indiziari, in particolare dalla mancata o non attendibile spiegazione da parte dell’imputato circa la provenienza del bene ricevuto. Analizziamo insieme i dettagli di questa pronuncia.
I Fatti del Caso: La Condanna per Ricettazione
Il caso trae origine dalla condanna di un individuo per il delitto di ricettazione, confermata sia in primo grado dal Tribunale locale che in secondo grado dalla Corte d’Appello di Genova. L’imputato, riconosciuto colpevole, aveva deciso di presentare ricorso per Cassazione, contestando la sussistenza dell’elemento psicologico necessario per la configurabilità del reato.
Il Ricorso in Cassazione e la Questione del Dolo Ricettazione
L’unico motivo di ricorso si concentrava sulla presunta carenza di prova riguardo al dolo di ricettazione. La difesa sosteneva, in sostanza, che non vi fossero elementi sufficienti per affermare che l’imputato fosse consapevole della provenienza illecita del bene. Si trattava di un tentativo di derubricare il fatto nella meno grave ipotesi dell’acquisto di cose di sospetta provenienza, prevista dall’art. 712 del codice penale.
Le Motivazioni della Corte: Come si Prova il Dolo Ricettazione?
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo le argomentazioni della difesa una mera riproposizione di censure già esaminate e motivatamente respinte dalla Corte d’Appello. La decisione si fonda su principi consolidati nella giurisprudenza di legittimità.
La Prova Indiretta e l’Onere di Spiegazione
Il punto centrale della motivazione risiede nella natura della prova del dolo. La Corte ribadisce che, per integrare il reato di ricettazione, la prova dell’elemento soggettivo non deve necessariamente essere diretta. Essa può essere tratta da qualsiasi elemento, anche indiretto. Tra questi, assume un ruolo di primissimo piano il comportamento dell’agente.
In particolare, l’ordinanza sottolinea come l’omessa o non attendibile indicazione della provenienza della cosa ricevuta da parte del soggetto agente costituisca un indizio grave, preciso e concordante da cui desumere la sua consapevolezza dell’origine illecita del bene.
Il Richiamo alla Giurisprudenza Costante
A sostegno della propria decisione, la Corte richiama diverse sentenze precedenti che hanno stabilito lo stesso principio. Questa coerenza giurisprudenziale rafforza l’idea che chi viene trovato in possesso di un bene di provenienza delittuosa ha una sorta di “onere” di fornire una giustificazione plausibile. Se tale giustificazione manca o appare palesemente inverosimile, il giudice può legittimamente ritenere provato il dolo.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa ordinanza conferma un indirizzo interpretativo di grande rilevanza pratica. La decisione chiarisce che non è possibile difendersi da un’accusa di ricettazione semplicemente rimanendo in silenzio o fornendo spiegazioni fantasiose sull’origine di un bene. Il possesso ingiustificato di un oggetto di provenienza illecita è, di per sé, un fatto che richiede una spiegazione logica e credibile. In assenza di essa, l’accusa di dolo ricettazione trova un solido fondamento probatorio. Per i cittadini, ciò si traduce in un monito a prestare sempre la massima attenzione nell’acquisto di beni, specialmente se proposti a condizioni anomale, e a poterne sempre dimostrare la lecita provenienza.
Come si può provare il dolo nel reato di ricettazione?
Secondo l’ordinanza, la prova del dolo (cioè l’intento criminale) può essere ricavata da qualsiasi elemento, anche indiretto. Un elemento fondamentale è la mancata o non credibile spiegazione da parte dell’imputato sulla provenienza del bene.
Il semplice fatto di non saper spiegare da dove proviene un oggetto è sufficiente per una condanna per ricettazione?
Sì, l’ordinanza conferma che l’omessa o non attendibile indicazione della provenienza della cosa ricevuta può essere considerata un elemento di prova sufficiente per dimostrare la consapevolezza della sua origine illecita e, quindi, per configurare il reato di ricettazione.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le argomentazioni presentate erano una semplice ripetizione di quelle già valutate e respinte dalla Corte d’Appello. Inoltre, la decisione dei giudici di merito era perfettamente in linea con la giurisprudenza costante della stessa Corte di Cassazione in materia.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4466 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4466 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 04/04/2023 della CORTE APPELLO di GENOVA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Ritenuto in fatto e consiiderato in diritto
Con l’impugnata sentenza la Corte d’Appello di Genova confermava la decisione del locale Tribunale che, in data 22/3/202maveva riconosciuto l’imputato NOME colpevole del delitto di ricettazione, condannandolo alla pena ritenuta di giustizia,;
-rilevato che l’unico motivo formulato in punto di sussistenza del dolo di ricettazio qualificazione del fatto ai sensi dell’art. 712 cod.pen. reitera rilievi adeguatamente scr e motivatamente disattesi dalla Corte di merito che, a pag. 3, ha esposto le ragioni alla b del rigetto del gravame difensivo;
-considerato che la valutazione dei giudici di merito è conforme alla costan giurisprudenza di legittimità alla cui stregua, ai fini della configurabilità del ricettazione, la prova dell’elemento soggettivo può essere tratta da qualsiasi elemento, anch indiretto, e quindi anche dall’omessa o non attendibile indicazione della provenienza del cosa ricevuta da parte del soggetto agente (Sez. 2′ n. 53017 del 22/11/2016, Rv. 268713 01; n. 20193 del 19/04/2017, Rv. 270120-01; Se2:. 3, n. 40385 del 5/7/2019, Rv. 27693501);
ritenuto che, alla luce RAGIONE_SOCIALE considerazioni che precedono, il ricorso deve ess dichiarato inammissibile con condanna del ricorrenl:e al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della sanzione pecuniaria precisata in dispositivo, non ravvisandosi cause d’esonero.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processual e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE Ammende.
Così deciso in Roma il 9 gennaio 2024
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La Consigliera estensore
Il Presidente