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Dolo omicidiario: l’intenzione deve persistere

Una donna viene assolta in appello dall’accusa di tentato omicidio del figlio e condannata per l’omicidio del marito, commesso appiccando un incendio. La Cassazione annulla la sentenza, stabilendo che per configurare il dolo omicidiario, l’intenzione di uccidere deve persistere e coprire l’atto finale che causa la morte, non bastando un’intenzione iniziale generica. La Corte ha inoltre ritenuto contraddittoria l’assoluzione per il tentato omicidio del figlio alla luce delle prove.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dolo omicidiario: l’intenzione deve persistere fino all’ultimo atto

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 16318 del 2024, torna su un tema cruciale del diritto penale: la precisa configurazione del dolo omicidiario. Il caso analizzato riguarda una tragica vicenda familiare in cui una donna è accusata di aver causato la morte del marito e tentato di uccidere il figlio appiccando un incendio. La pronuncia chiarisce che, per poter affermare la responsabilità per omicidio volontario, non è sufficiente una generica intenzione iniziale di uccidere, ma è necessario che la volontà omicida accompagni l’azione fino al suo compimento finale.

I Fatti di Causa

Al culmine di un’accesa lite familiare, una donna si allontanava da casa per acquistare due bottiglie di benzina. Rientrata, si dirigeva nel salone dove il marito e il figlio maggiore erano seduti sul divano a guardare la televisione. Qui, cospargeva entrambi con il liquido infiammabile. Ne scaturiva un incendio che provocava la morte del marito per carbonizzazione, mentre il figlio riusciva a mettersi in salvo.

La Corte d’Appello, riformando parzialmente la sentenza di primo grado, aveva assolto la donna dall’accusa di tentato omicidio nei confronti del figlio, ritenendo che fosse stato colpito dalla benzina solo accidentalmente. Tuttavia, aveva confermato la condanna per l’omicidio volontario del marito, pur riducendo la pena. Secondo i giudici di secondo grado, anche se l’innesco dell’incendio fosse stato accidentale (ad esempio, per una scarica elettrostatica), la condotta della donna di versare la benzina era di per sé causa sufficiente della morte, e quindi l’omicidio era da considerarsi volontario.

La Decisione della Corte di Cassazione

Sia l’imputata che il Procuratore Generale hanno presentato ricorso in Cassazione. La Suprema Corte ha accolto entrambi i ricorsi, annullando la sentenza d’appello e rinviando il caso a un nuovo giudizio.

La Corte ha ritenuto illogica e contraddittoria la motivazione della Corte d’Appello su due punti fondamentali:
1. La configurazione del dolo omicidiario: La Corte territoriale non ha indagato adeguatamente sulla reale intenzione dell’imputata nel momento esatto in cui si è verificato l’evento mortale.
2. L’assoluzione per tentato omicidio: La decisione di assolvere l’imputata per il tentato omicidio del figlio è stata giudicata in palese contrasto con le prove raccolte, in particolare con la testimonianza del figlio stesso.

Le Motivazioni: Analisi del Dolo Omicidiario

Il cuore della sentenza della Cassazione risiede nella rigorosa analisi dell’elemento soggettivo del reato. I giudici hanno smontato la tesi della Corte d’Appello, secondo cui l’intenzione iniziale di uccidere (manifestata con l’acquisto e il versamento della benzina) fosse sufficiente a qualificare il fatto come omicidio volontario, a prescindere da come si fosse effettivamente innescato l’incendio.

La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: la teoria del dolus generalis (un dolo generico che copre l’intera sequenza di azioni) è superata. Per l’integrazione del dolo, è necessario che la rappresentazione e la volontà dell’agente abbiano ad oggetto tutti gli elementi della fattispecie, inclusa la causalità materiale. In altre parole, l’intenzione di uccidere deve persistere e coprire l’ultimo atto volontario che è causalmente collegato al decesso.

Nel caso specifico, limitarsi a cospargere la vittima di benzina non è un’azione di per sé idonea a uccidere. La morte è derivata dall’innesco del fuoco. Il nuovo giudice dovrà quindi accertare quale fosse lo stato psicologico dell’imputata riguardo a tale innesco. Le alternative possibili sono:
* Omicidio doloso: Se l’imputata ha previsto e voluto la morte, confidando nelle possibili cause di innesco presenti nell’ambiente (dolo diretto o eventuale).
* Omicidio colposo: Se non ha voluto la morte, ma questa si è verificata per negligenza, imprudenza o imperizia.
* Omicidio preterintenzionale: Se la sua intenzione era solo quella di ledere o percuotere il marito, e la morte è stata una conseguenza non voluta ma prevedibile della sua azione.

Per quanto riguarda il tentato omicidio del figlio, la Cassazione ha evidenziato come la Corte d’Appello abbia ingiustificatamente ignorato la testimonianza costante e precisa del ragazzo, il quale aveva sempre affermato che la madre aveva versato la benzina deliberatamente prima su di lui e poi sul padre.

Conclusioni

Questa sentenza riafferma la necessità di un’indagine rigorosa e puntuale sull’elemento soggettivo del reato di omicidio. Non è sufficiente accertare un’intenzione omicida iniziale; è indispensabile dimostrare che tale intenzione ha accompagnato l’agente fino al compimento dell’azione letale. Il caso torna ora alla Corte d’Appello, che dovrà riesaminare i fatti alla luce di questi principi, valutando con maggiore attenzione la reale volontà dell’imputata e la credibilità delle testimonianze per giungere a una corretta qualificazione giuridica dei tragici eventi.

Quando si configura il dolo omicidiario se la causa esatta della morte è incerta?
Secondo la Cassazione, non è sufficiente un’intenzione iniziale. È necessario dimostrare che l’agente abbia previsto e voluto l’evento morte come conseguenza della sua azione, e che questa volontà copra l’atto finale che ha innescato la sequenza causale letale, anche se l’innesco specifico è incerto ma prevedibile (es. dolo eventuale).

L’intenzione iniziale di uccidere è sufficiente per condannare per omicidio, anche se l’evento mortale si verifica in modo imprevisto?
No. La Corte ha rigettato la teoria del ‘dolus generalis’. L’intenzione di uccidere deve persistere fino alla fase terminale dell’azione. Se l’evento mortale si verifica per una causa successiva e distinta, non coperta dalla volontà dell’agente, non si può configurare l’omicidio doloso ma, eventualmente, altre figure di reato come l’omicidio preterintenzionale o colposo.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato l’assoluzione per il tentato omicidio del figlio?
Perché la decisione della Corte d’Appello è stata ritenuta contraddittoria e illogica. I giudici di secondo grado avevano ignorato le dichiarazioni costanti e dirette del figlio, testimone principale, il quale aveva sempre affermato che la madre aveva deliberatamente versato la benzina prima su di lui e poi sul padre, dimostrando un’azione mirata e non accidentale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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