Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 16318 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 16318 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/03/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
– PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI ROMA
C.B.
nato il DATA_NASCITA
nel procedimento a carico di quest’ultima
PARTI CIVILI:
NOME.G.
ARAGIONE_SOCIALES.
NOME.NOME.
avverso la sentenza del 09/05/2023 della
NOME omissis
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo, accoglimento del ricorso del PG, l’annullamento della sentenza relativamente al capo 8 ed il rigetto del ricorso dell’imputata.
uditi i difensori:
AVV_NOTAIO NOME COGNOME in difesa della parte civile A.G. che ha concluso chiedendo la conferma della sentenza, nonché la riforma del capo relativo all’assoluzione dell’imputata ed ha depositato conclusioni e nota spese.
AVV_NOTAIO NOME COGNOME, in difesa delle parti civili RAGIONE_SOCIALE
NOME , che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso della Procura Generale ed il rigetto o inammissibilità del ricorso proposto nell’interes
dell’imputata ed ha depositato conclusioni e nota spese.
AVV_NOTAIO, in difesa dell’imputata, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso ed il rigetto del ricorso del PG.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza indicata nel preambolo la om issis
ha riformato la pronuncia con cui la Corte om issis
aveva dichiarato
CB.
I (capo 1) colpevole del reati di omicidio ai danni del marito NOME NOME e di tentato omicidio ai danni del figlio minorenne’ NOME.S. ] (capo 2), commessi nel medesimo contesto spazio – temporale, e, per l’effetto, l’aveva condannata all pena di anni 24 di reclusione, previo riconoscimento del vizio parziale di ment con giudizio di equivalenza con le aggravanti non escluse.
La Corte distrettuale ha assolto l’imputata dal reato di tentato omicidio perc il fatto non costituisce reato ed ha rideterminato la pena in anni 21 di reclusio
I giudici di appello sono pervenuti al parziale ribaltamento della decisio ,k5 di primo grado attraverso una diversa valutazione delle dichiarazioni rese da due testimoni principali, i figli dell’imputata e della vittima NOME
S. , entrambi presenti, sia pure in diversi momenti e con un’ottica visuale non sovrapponibile, durante la consumazione dell’azione omicidiaria nonché della perizia eseguita, nel corso del giudizio di primo grado, ai sensi dell’art. 506 proc. pen. dall’ing.I COGNOME. COGNOME, incaricato di accertare le cause e modalità di scoppio dell’incendio che aveva cagionato la morte violenta, per carbonizzazione del soma, di NOME.
2.1. Per i giudici del primo grado del giudizio, NOME , donna affetta da acclarate problematiche psichiatriche tali da comprometterne grandemente la capacità di intendere e di volere, all’esito di un ennesimo litigio familiare, violento da avere indotto il marito a richiedere l’intervento del Forze dell’RAGIONE_SOCIALE salvo poi rinunciarvi, aveva elaborato e dato attuazione ad un intento omicidiari parimenti rivolto nei confronti del marito e del figlio. L’imputata, venut
conoscenza della richiesta di intervento ai Carabinieri e temendo che, come già avvenuto in passato, potesse essere condotta in strutture per la cura delle malat mentali, in evidente stato di ubriachezza, si era allontanata dall’appartamen familiare per recarsi, in compagnia soltanto del figlio più piccolo NOME presso un distributore di carburante. Qui aveva riempito di benzina due bottiglie di plasti Era ritornata nell’abitazione e, assicuratasi che NOME come ordinatogli, aveva raggiunto la sua cameretta, si era recata nel salone dove si trovavano le d vittime designate, intente a vedere la televisione sedute sul divano. Cogliendoli sorpresa, aveva cosparso di benzina il corpo del marito e del figlio maggior NOME perché distrutto dalla violenza del fuoco. Mentre NOME prima della propagazione dell’incendio, NOME. ,
, versando tutto il liquido contenuto in una delle due bottiglie, subito do lanciata contro il televisore, ed aveva appiccato il fuoco, servendosi di una fiamm diretta provocata da uno strumento, del tipo accendino o fiammiferi, non rinvenuto seduto sulla parte del divano più vicino alla porta e più pronto a reagire, era riuscito ad allontan rapidamente avvolto dalle fiamme, non aveva fatto in tempo a fuggire; si era alzato dal divano per fermars in prossimità della porta, dove era caduto per terra. L’imputata, invece, era riusc a fuggire insieme con i due figli, senza prestare alcun soccorso al marito. Subi dopo era, però, ritornata nell’appartamento per sversare la seconda bottiglia corpo dell’uomo, subendo gli effetti della fiamma di ritorno che aveva provocato le ustioni riscontrate sugli arti e sul busto.
2.2. La Corte distrettuale, in accoglimento dei rilievi difensivi, ha preso a che alcune circostanze fattuali valorizzate dalla decisione di primo grado no risultano adeguatamente provate e che, pertanto, dalle stesse non possono trars elementi utili ai fini della ricostruzione dell’episodio.
Non è dimostrato che l’imputata, nella prima fase dell’azione, abbia versato sul figlio e sul marito il contenuto di una sola delle due bottiglie di cui ave sicura disponibilità. Il testimone più attendibile in ragione della visuale diretta scena, NOME , seduto sul divano accanto al padre, ha sempre costantemente riferito che la madre, giunta nella stanza portando con sé due bottiglie, aveva sversato il contenuto di entrambe “in orizzontale” su di lui NOME.
Deve, quindi, escludersi che l’imputata sia risalita nell’appartamento p versare anche la benzina contenuta nella seconda bottiglia. D’altra parte, l’ipot opposta, preferita dalla Corte omissis, è incompatibile con i tempi rapidi diffusione dell’incendio e con le condizioni in cui versava ANOMECOGNOME. immediatamente dopo essere stato raggiunto dalle fiamme, talmente gravi da impedirgli di fuggire E’ più plausibile che l’imputata, come ipotizzato fin dall’immediatezza dagl inquirenti, sia tornata indietro in preda ad un acting out per tenere un
comportamento salvifico e che si sia ustionata già nella prima fase durante l colluttazione con il marito
A.S. Nessun elemento di prova avvalora l’ipotesi dell’innesco diretto del fuoco: ha riferito di non avere visto la madre utilizzare accendini o fiammiferi sigarette e non sono state rinvenute, dopo lo spegnimento, le parti metallich riconducibili ad un accendino.
È, quindi, infondata la tesi, recepita dal capo di imputazione e dai giudici primo grado, secondo cui il fuoco sarebbe stato innescato dall’imputata con l’accensione di un fiammifero o di un accendino.
Rimane, invece, valida l’ipotesi alternativa – formulata dal perito che, sul pia tecnico – scientifico, le ha attribuito pari dignità rispetto a quella dell’i diretto – ossia quella dell’innesco riconducibile alla carica elettrostatica der dalla coperta o dai vestiti in tessuto sintetico. Il perito, più in dettaglio, plausibile che l’incendio sia stato innescato dallo sfregamento dei vestiti d vittima contro la coperta che la stessa aveva sulle gambe quando si è alzat rapidamente dal divano perché inondato dalla benzina; in tale contesto si producono cariche elettrostatiche ad elevatissima tensione che ben possono generare scintille in grado di dare fuoco al carburante.
Ipotesi parimenti valida, anche se più difficile da realizzarsi nella situazi concreta, è che l’innesco sia stato causato dal contatto del liquido infiammabi con le parti calde della tv di vecchia generazione, che era pacificamente accesa.
Concludono i Giudici di appello che l’assenza di certezze sulla causa dell’innesco dell’incendio non si riverbera sul titolo di reato attribuito all’imp con riferimento al decesso di NOME , che rimane sempre quello di omicidio volontario.
Sotto il profilo causale l’evento morte di NOME NOME RAGIONE_SOCIALE è sempre ricollegabile al comportamento attivo e volontario di NOME NOMERAGIONE_SOCIALE la quale:
ha preordinato i mezzi per provocarlo;
ha determinato la situazione di rischio sia sversando la benzina da cui originato il fuoco sia determinando, o con una spinta o con l’uso del residuo liquid infiammabile, la caduta per terra del marito davanti la porta di ingresso del salon rivelatasi decisiva perché ha impedito la fuga salvifica.
Sotto il profilo soggettivo, che l’imputata abbia agito con l’intenzione cagionare la morte del marito è confermato dal forte risentimento ed astio verso la vittima espressi in termini espliciti non solo prima ma anche dopo l’azione lesiv
Non risulta, invece, provato con il necessario grado di certezza che NOME.B.
abbia agito anche con l’intenzione di uccidere il figlio come contestato nel capo 2) dell’imputazione. Non può escludersi che NOME.S. NOME sia stato attinto dalla benzina solo indirettamente; anzi ciò spiega perché sia riuscito ad allontanarsi d
salone senza riportare conseguenze. D’altra parte, la figlia dell’imputata ha rife che NOME le aveva confidato che la benzina era stata gettata verso NOME finendo su di lui casualmente, circostanza confermata dalla presenza sui suoi vestiti di tracce minime del combustibile.
In ogni caso, dalle condizioni mentali dell’imputata, valorizzate ai fini del vi parziale di mente, si evince che il disturbo di personalità di cui la stessa sof era concentrato unicamente sul marito.
Avverso la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione sia l’imputata, per mezzo del difensore di fiducia AVV_NOTAIO, sia il Procuratore generale dell Corte di appello.
NOME BRAGIONE_SOCIALEC. NOME ha sviluppato cinque motivi.
2.1. Con il primo deduce, a mente dell’art. 606, lett. b), d) ed e), violazi degli artt. 43 e 575 cod. pen. con riferimento al nesso di causalità, all’inidon della condotta e all’assenza dell’elemento soggettivo.
Lamenta che la Corte I omissis di appello non abbia tratto conclusioni giuridiche corrette dalla eliminazione dal compendio probatorio delle due circostanze fattuali su cui era imperniato il percorso motivazionale seguito dal sentenza della Corte omissis per pervenire al giudizio di colpevolezza:
l’innesco del fuoco in via diretta con un fiammifero o con un accendino;
il ritorno dell’imputata sul luogo dell’incendio “per completare l’ope alimentando il fuoco con un ulteriore quantitativo di benzina ed infierendo sull vittima.
E’ priva di logica l’affermazione secondo la quale l’innesco, nonostante non potesse essere il risultato di accensione diretta, era comunque avvenuto a seguit della condotta volontaria dell’imputata.
Non può, infatti, addebitarsi a COGNOME RAGIONE_SOCIALE un evento lesivo che non è stato determinato dall’unica condotta ascrittale – avere versato il liqu infiammabile in assenza di strumenti idonei a provocare l’innesco – ma che si verificato per una causa eccezionale e rara, come il contatto del liquido con coperta o con i vestiti delle vittime. Non può certo ipotizzarsi che l’imputata ave agito prevedendo tale possibilità, neanche nei termini richiesti dal dolo alternati
La sentenza impugnata ha contraddittoriamente valorizzato, ai fini dell’animus necandi, elementi quali la preordinazione dei mezzi ed il comportamento tenuto dall’imputata nella fase esecutiva pur essendo l’una e l’altro compatibili con int diversi da quello omicidiario ed in particolare con intenti dimostrativi, ritors intimidatori.
cf
Non è indicativa nemmeno la circostanza incontestata che l’imputata non si sia attivata in alcun modo per salvare il marito.
Va considerato, al riguardo, che COGNOME NOME.C. RAGIONE_SOCIALE aveva diritto a garantirsi la sua incolumità e che il comportamento omissivo così individuato non è legato da nesso di causalità con il decesso. Una volta dato per accertato che l’innesco de fuoco è avvenuto per una causa imprevedibile, quale la carica elettrostatica, deve gioco forza ammettersi quanto meno l’interruzione del processo causale attivato dalla condotta dell’imputata. Né è ipotizzabile che una diversa condotta d quest’ultima avrebbe potuto evitare l’evento morte.
Da nessun elemento di prova si evince che COGNOME NOMERAGIONE_SOCIALE abbia impedito al marito di fuggire e salvarsi, con una condotta anche solo ostruzionistica.
La motivazione posta a fondamento dell’assoluzione per il tentato omicidio implicitamente dimostra l’assenza di volontà omicida anche nei confronti del marito.
La condotta, come ricostruita in fatto, se valutata alla luce dei parametri fiss dalla giurisprudenza di legittimità, oltre ad essere inidonea a cagionare l’even morte, non è nemmeno sorretta dall’animus necandi che deve essere desunto, in via principale, dalle caratteristiche estrinseche dell’azione criminosa.
2.2. Con il secondo motivo deduce erronea qualificazione del fatto contestato e vizio di motivazione circa la possibilità di una diversa configurazione giuridica.
Non è stata adeguatamente scrutinata, nonostante i rilievi difensivi, la te che l’imputata abbia agito in assenza di volontà omicida, con conseguente inquadramento della sua condotta nelle ipotesi meno gravi dell’omicidio colposo se si ritiene che NOME durante il compimento di un atto a valenza puramente dimostrativa, abbia commesso una imprudenza, versando il liquido infiammabile su superfici idonee a produrre effetto elettrostatico tale da innescar l’incendio – o nella fattispecie dell’omicidio preterintenzionale – se si ritiene c sua azione volta a percuotere o ledere la persona offesa abbia prodotto effetti p gravi di quelli previsti.
2.3. Con il terzo motivo la difesa della ricorrente deduce violazione di legge vizio di motivazione con riferimento all’attenuante della provocazione.
La Corte territoriale non ha riconosciuto l’invocata attenuante nonostante risulti ampiamente provato che NOME B.C. NOME ha agito in preda ad uno stato di ira causato dalle plurime condotte vessatorie del marito, proseguite anche a ridosso del delitto. Alle minacce reiterate di chiamare le Forze dell’ordine, ai film ripresi con il cellulare, l’imputata ha reagito con il lancio ed il versamento liquido infiammabile, quindi con una condotta proporzionata anche tenuto conto delle patologie psichiatriche da cui era affetta.
2.4. Con il quarto motivo deduce erronea applicazione del giudizio di equivalenza tra vizio parziale di mente ed aggravanti contestate.
La motivazione è illogica perché non spiega, se non con l’incongruo riferimento alle modalità esecutive del delitto, perché le condizioni psichiatri della ricorrente, poste a base di tutto l’impianto accusatorio, non debba prevalere sulle aggravanti contestate della presenza del figlio minore e dello sta soggettivo della vittima.
2.5. Con il quinto motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
Lamenta la valorizzazione in senso sfavorevole all’imputata dei medesimi elementi già considerati ai fini della commisurazione della pena e del giudizio d equivalenza fra vizio parziale di mente e aggravanti.
Il Procuratore generale della Corte di appello deduce, nell’unico motivo a sostegno dell’impugnazione, contraddittorietà e manifesta illogicità dell motivazione con riferimento al capo relativo all’assoluzione dell’imputata dal reat di tentato omicidio ai danni del figlio, NOME.
Lamenta che l’apparato giustificativo della decisione sia fondato su prove che si pongono in pacifica ed incontrovertibile contraddizione con quelle acquisite i giudizio.
L’affermazione del giudicante COGNOME secondo NOME cui NOME BRAGIONE_SOCIALE ha incidentalmente colpito con il liquido infiammabile il figlio in forma non rilevant mentre era intenta a cospargere il padre A.V. si pone in insanabile contrasto:
con le dichiarazioni rese, sia nell’incidente probatorio sia in dibattimento A.S. , il quale ha sempre costantemente affermato che la madre aveva versato in orizzontale la benzina prima su di lui sia poi sul padre, seduti non l’ accanto all’altro bensì ai lati opposti del divano;
con le dichiarazioni rese, sia nell’incidente probatorio sia in dibattimento A.M. , il quale, nel descrivere la parte di scena cuiaveva personalmente assistito, ha confermato che il padre ed il fratello erano seduti ai capi opposti divano;
con i file video e audio registrati dal telefono di NOME A.S. NOME nelle ore immeditatamente precedenti al delitto, che documentano la collocazione del divano a tre posti e del televisore all’interno della stanza nella posizione desc da entrambi i l NOME A.
Non è sostenibile la ricostruzione secondo la quale la benzina avrebbe accidentalmente colpito NOMES. . Risulta, infatti, accertato che padre e figlio si trovavano sul divano in posizione supina con il capo appoggiato sui braccioli
opposti e distanti e che l’imputata, una volta entrata nella stanza, non si era dir verso il marito posto all’estremità più lontana, ma aveva iniziato a versare benzina partendo dal capo di I A.S. l, subito colpito agli occhi, per poi proseguire in orizzontale per raggiungere il Padre e, infine, lanciare la bottiglia ver televisore, che appunto si trovava subito dopo il bracciolo dove era riposto il ca di I A.V. I. Proprio perché inondato sul capo e accecato nella benzina prima del padre, I A.S. I era riuscito con uno scatto istintivo a porsi in salvo, evitando l deflagrazione
La Corte non solo ha ignorato tali elementi probatori ma ha ingiustificatamente ritenute decisive le dichiarazioni de relato della fig dell’imputata, COGNOME NOMECOGNOME , la repertazione degli indumenti, pur definita malamente effettuata, nonché alla empirica costatazione da parte degli operatori sull’odore dei vestiti.
Non esclude la volontà omicidiaria di COGNOME NOMERAGIONE_SOCIALE la circostanza che NOME non sia rimasto impaurito ed anzi sia tornato indietro verso la madre per risalire nell’appartamento, trattandosi da un gesto ampiamente giustificato da desiderio di soccorrere il padre
Nemmeno ha pregnanza la focalizzazione della ideazione persecutoria ed ossessiva nei confronti soltanto del marito; al contrario è emerso che I RAGIONE_SOCIALE.S. aveva sempre parteggiato per il padre tanto che l’imputata nelle ore immediatamente precedenti aveva accusato anche lui di averla percossa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I primi due motivi del ricorso di COGNOME RAGIONE_SOCIALE , che possono essere trattati congiuntamente in ragione della connessione logica delle questioni poste, sono fondati nei limiti chiariti nel prosieguo.
La Corte distrettuale, con riferimento all’ipotesi omicidiaria di cui al c 1), si è discostata dalle conclusioni cui era pervenuta la Corte omissis che, preferendo argomentazioni di tipo logico rispetto alle dichiarazioni di NOME e
NOME COGNOME – ritenuti non in grado, a causa del coinvolgimento diretto e della impellente necessità di darsi subito alla fuga, di prestare adeguata attenzione tutte le fasi in cui si era sviluppata la condotta della madre – aveva ritenuto ca esclusiva dell’evento la condotta dell’imputata, la quale non si era limitat cospargere di benzina le vittime designate, ma aveva anche innescato il fuoco, utilizzando una fiamma diretta sia essa un accendino oppure i fiammiferi (cfr. pag. 92 e seg. della sentenza di primo grado).
Ciononostante, ha confermato il giudizio di responsabilità ritenendo del tutto irrilevante l’accertamento della precisa dinamica dell’episodio.
Secondo i giudici di appello, sia che NOME BRAGIONE_SOCIALE abbia innescato direttamente il fuoco sia che l’incendio sia partito dal contatto tra il li infiammabile versato dalla stessa e la scarica elettrostatica generata o dal coperta o dai vestiti in tessuto sintetico indossati da RAGIONE_SOCIALE oppure dal contatto con le parti calde della tv accesa e di vecchia generazione sussistono comunque tutti gli estremi, oggettivi e soggettivi, dell’omicidio dolos ascritto all’imputata: non solo il nesso causale tra l’evento lesivo comportamento attivo dell’agente ma anche la volontarietà della condotta e l’intento omicidiario. COGNOME Dimostrativi del dolo sarebbero, in particolare, la preordinazione dei mezzi ed il comportamento che COGNOME ha tenuto nella fase di esecuzione della condotta rivolto ad impedire al marito, già attinto dal fiamme, di uscire dal salone, non prestandogli alcun aiuto nella pien consapevolezza della situazione di pericolo in cui versava. RAGIONE_SOCIALE
Il delineato percorso motivazionale presenta profili di illogicità ne ricostruzione in fatto e non tiene conto dei principi giurisprudenziali in tema dolo.
2.1. La sentenza impugnata (pagg. da 10 a 12), nel ritenere impossibile il raggiungimento di un appagante livello di certezza probatoria sulla causa di innesco del fuoco, ha attribuito rilievo decisivo alle dichiarazioni del testimo oculare COGNOME NOME.SRAGIONE_SOCIALE , il quale nulla aveva riferito sul punto, pur avendo descritto minuziosamente la condotta dell’imputata, ed al mancato ritrovamento di parti metalliche dell’accendino o comunque tracce dello strumento utilizzato per l’accensione diretta. Ha, tuttavia, trascurato, l’effettiva consistenza di tali ele enfatizzando la loro capacità di ribaltare le argomentazioni, di caratte eminentemente logico, spese dalla Corte omissis per pervenire alla diversa conclusione. Se, infatti, è pacifico, come pertinentemente osservato dalla Corte distrettuale, chel A.S. , sentito più volte, non ha mai riferito di avere visto la madre utilizzare accendini, fiammiferi o sigarette per appiccare il fuoco, è, tutta altrettanto certo (pag. 7), che lo stesso si era allontanato di scatto dalla s non appena aveva avvertito il bruciore agli occhi provocato dalla alla benzina gettata dalla madre su di lui ed il padre, quindi prima dell’accessione del fuoc tanto da avere visto per la prima volta le fiamme quando era già davanti la port della stanza e si accingeva ad uscire. Parimenti, se è pacifico il manca ritrovamento di parti dell’accendino, non è stato spiegato perché tale circostanz avvalori in termini decisivi l’ipotesi dell’innesco da scintilla statica o dal tele acceso una volta accertato, da parte del perito, che la forza distrutt
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dell’incendio, protrattosi per molti minuti anche dopo l’arrivo dei RAGIONE_SOCIALE invadendo tutto l’appartamento, era tale da cancellare ogni traccia, come avvenuto con una delle due bottiglie contenenti il liquido infiammabile, sempre che l’imputata non avesse scelto di trattenere con sé il mezzo di innesco pe liberarsene nei minuti successivi quando fuori dall’immobile aveva aspettato i soccorsi.
2.2. Come correttamente osservato dalla Corte Omissis di appello, l’accertamento della precisa dinamica dell’episodio, non incide sul riconoscimento del nesso causale tra condotta ed evento morte.
Incontestato che sia stata NOME B.C. NOME a versare la benzina sulla vittima dell’omicidio; pacifico che senza tale comportamento attivo non poteva in alcun modo attivarsi lo specifico determinismo causale che, attraverso la propagazione dell’incendio, ha portato al decesso di NOME per carbonizzazione, non vi è spazio alcuno per conclusioni diverse da quella raggiunte su questo aspetto dalla Corte territoriale valorizzando il principio di equivalenza delle cause posto dall’a 41 cod. pen. Tale disposizione stabilisce al primo comma che “il concorso di cause preesistenti o simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall’azione od omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalità fra l’azione o omissione e l’evento” ed al secondo che “le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalità quando sono state da sole sufficienti a determinare l’evento” Come precisato dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte (v., ad es., Sez. 1, n. 36724 del 18/06/2015, COGNOME, Rv. 264534 – 01 e più di recente Sez. 5, n 18396 del 04/04/2022, COGNOME, Rv. 283216 – 02), sono cause sopravvenute, da sole sufficienti a determinare l’evento, quelle del tutto indipendenti da condotta dell’imputato, sicché non possono essere considerate tali quelle che abbiano causato l’evento in sinergia con la condotta dell’imputato, atteso che venendo a mancare una delle due, l’evento non si sarebbe verificato (Sez. 5, n. 11954 del 26/01/2010, COGNOME, Rv. 246549; Sez. 5, n. 35015 del 03/05/2016, COGNOME, Rv. 267549 – 01). D’altra parte, le cause sopravvenute idonee a escludere il rapporto di causalità sono sia quelle che innescano un percorso causale completamente autonomo rispetto a quello determinato dall’agente, sia quelle che, pur inserite in un percorso causale ricollegato alla condotta (attiva omissiva) dell’agente, si connotino per l’assoluta anomalia ed eccezionalità, sì risultare imprevedibili in astratto e imprevedibili per l’agente (Sez. 4, n. 43168 21/06/2013, COGNOME, Rv. 258085; Sez. 4, n. 53541 del 26/10/2017, COGNOME, Rv. 271846 – 01; Sez. 5, n. 7205 del 09/11/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284338 – 02). Certamente non è eccezionale in questi termini l’accensione del fuoco provocata dal lancio di liquido altamente infiammabile in ambiente domestico con plurime fonti di innesco. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.3. Al contrario, il tema dell’individuazione della reale causa di innesco de fuoco è decisivo per verificare quale forma abbia assunto l’elemento soggettivo sotteso alla condotta dell’imputata e, conseguentemente, per individuare il titol di responsabilità e, quindi, definire giuridicamente la condotta.
Sostiene la sentenza che l’imputata, anche se non ha volontariamente acceso il fuoco, innescato, invece, da un fattore autonomo, quale la carica elettrostati o il calore del televisore acceso, risponde della morte a titolo di dolo perc versando la benzina sul corpo del marito ed ostacolando in ogni modo i tentativi di quest’ultimo di salvarsi, ha comunque contribuito a realizzare l’evento lesiv direttamente preso di mira. In siffatta situazione l’evento morte non è soltan causalmente ricollegabile alla condotta attiva e volontaria dell’imputata, ma soggettivamente ascrivibile a quest’ultima nella forma massima di colpevolezza del dolo intenzionale perché, come dimostrato da una serie di circostanze sintomatiche (conflittualità esasperata con la vittima, movente, condotta successiva, mancato soccorso), la stessa si è rappresentata ed ha voluto tal evento al punto da predisporre i mezzi necessari (acquisto benzina) e da mettere in atto il piano per provocarlo (versamento liquido sulle vittime) e da curarn l’esecuzione per una migliore riuscita (colluttazione per bloccare il marito e omesso soccorso). A nulla rileva che la morte si sia verificata per la cari elettrostatica dei tessuti o per altra ragione perché tale causa ultima, a prescind dalla sua prevedibilità, si è attivata ed ha prodotto l’effetto lesivo, coperto dal solo grazie alla pregressa condotta volontaria ed attiva dell’imputata.
L’assunto, oltre a muovere dal presupposto solo apoditticamente affermato senza l’indicazione delle evidenze probatorie su cui è fondato, che l’imputata abbia spinto o comunque determinato la caduta violetta del marito dopo l’innesco dell’incendio (significativamente a pag. 10 si precisa che la colluttazione t l’imputata ed il marito è una mera possibilità), non fa buon governo dei principi i tema di dolo omicidiario.
Dare per accertato, da una parte, che COGNOME NOMERAGIONE_SOCIALE pur determinatasi ad uccidere il marito sin da quando era uscita di casa per procacciarsi la benzina, era limitata a cospargere la vittima di liquido infiammabile e, dall’altra, che il fu che aveva cagionato la morte per carbonizzazione di NOME si era sviluppato indipendentemente dal suo intervento volontario, nulla dice su quale fosse l’effettiva intenzione dell’imputata nel momento in cui ha compiuto l’ultimo antecedente causale, rivelatosi obbiettivamente inidoneo a raggiungere da solo il risultato preso di mira.
Tale accertamento è, invece, indispensabile a meno che non si aderisca alla teorica del dolus generalis in forza della quale ai fini dell’imputazione dolosa è sufficiente che l’intento di procurare la morte sia rilevabile al principio dell’az
unitariamente concepita, ancorché l’evento potesse essersi realizzato per causa naturalistica mediata, riferibile ad un segmento di condotta successivo e distinto
Si tratta, però, di un’opzione ermeneutica ormai definitivamente superata dalla più recente e consolidata giurisprudenza di legittimità, che attribuendo, linea con il testo dell’art. 43 cod. pen, pari dignità alla componente volontarist del dolo rispetto a quella rappresentativa, ritiene necessaria la persiste dell’originaria intenzione omicida per tutto l’iter della condotta fino alla produzi dell’evento.
Si è più precisamente chiarito- con specifico riferimento ai casi in cui l condotta dell’agente è consapevolmente diretta a realizzare un determinato evento, ma questo si verifica non per effetto di quella condotta, bensì di u comportamento sorretto dall’erroneo convincimento della già avvenuta produzione dell’evento, ma con valenza generale – che “per l’integrazione del dolo è necessario che la rappresentazione e la volizione abbiano ad oggetto tutti gli element costitutivi della fattispecie tipica: condotta, evento e causalità materiale “e conseguentemente, nei reati a forma libera, quale è l’omicidio volontario, l’imputazione a titolo di dolo postula che la volontà “effettiva” anche dell’ulti atto (Sez. 1, n. 16976 del 18/03/2003, COGNOME, Rv. 224153-01, che vanta una genesi ancora più risalente nella giurisprudenza di legittimità in Sez. 1, n. 105 del 02/05/1988, NOME, Rv. 179560-01),e cui anche arresti successivi si sono conformati (Sez. 1, n. 631 del 07/12/2006, dep. 2007, COGNOME, Rv. 236560-01; Sez.1, n. 5096 del 17/01/2012, Qypi, Rv. 251856; Sez., n. 15774 del 17/11/2015, dep. 2016, Mainetti, Rv. 266600-01). Soltanto se l’originaria intenzione omicida persiste fino alla fase terminale, nel senso che “l’agente a essa dia corso con una direttiva psicologica che rivesta quanto meno il contenuto del dolo eventuale (con la volontà quindi che, ove mai gli atti già compiuti no fossero stati sufficienti per il conseguimento del risultato preso di mira, esso da quelli successivi cagionato), in detta ipotesi soltanto l’evento potrebbe esse ritenuto doloso, abbracciando evidentemente l’animus occidendi la condotta in tutto il suo iter” (par. 3.3. del Considerato in diritto, penultima proposizione, Sez. 1, n. 16976 del 18/03/2003, COGNOME). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.4. In applicazione dei principi sin qui ricordati, la sentenza impugnata anziché circoscrivere l’accertamento al dolo iniziale e presumere che l’intenzione omicida sia rimasta ferma fino alla produzione dell’evento finale, avrebbe dovuto incentrare il focus della decisione relativa all’elemento soggettivo sull’ultimo atto volontario causalmente collegato al decesso della vittima al fine di verificare s nonostante l’uso di un mezzo indiretto (il getto di liquido infiammabile) e peculiari condizioni psichiche di seminferma di mente, l’imputata alternativamente:
ha previsto e voluto l’evento morte in concreto verificatosi, confidando nelle cause di innesco del fuoco presenti nell’ambiente, continuando a aderire psicologicamente allo stesso, o nella forma del dolo diretto – che non è escluso dall’incertezza sulla effettiva verificazione dell’evento preso di mira derivan proprio dal carattere indiretto dei mezzi usati (Sez. 1, n. 2269 del 18/12/1991 Austria, Rv. 191119 – 01) – o nella forma del dolo eventuale – che ricorre quando l’agente, oltre a rappresentarsi chiaramente la significativa possibilità verificazione dell’evento concreto, considerato il fine perseguito e l’eventual prezzo da pagare, si sia determinato ad agire comunque, anche a costo di causare l’evento lesivo, nel qual caso sarà configurabile l’omicidio doloso (Sez. 4, n. 14663 del 08/03/2018, A., Rv. 273014 – 01, sulla scia di Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, COGNOME, Rv. 261104 – 01 261105 – 01 e, più di recente, Sez. 5, n. 27905 del 03/05/2021, COGNOME e altri, Rv. 281817 secondo cui la circostanza che l’agente non sia in possesso di specifiche competenze tecnico-scientifiche non vale di per sé ad escludere la rappresentazione dell’evento e l’adesione psicologica necessarie ai fini della configurabilità del dolo eventuale, dovendosi parametrare la personalità, la storia e le precedenti esperienze del soggetto attivo del reato circostanze del caso di specie);
pur avendo concretamente presente la connessione causale tra la violazione delle norme cautelari e l’evento illecito, non ha voluto l’evento morte che si verificato per trascuratezza, imperizia, insipienza, irragionevolezza o alt biasimevole motivo, nel qual caso sarà configurabile l’omicidio colposo (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, COGNOME, Rv. 261104 – 01 261104 – 01);
ha tenuto una condotta intenzionalmente volta a ledere o a percuotere da cui è eziologicamente derivata, quale evento prevedibile in concreto, la morte, (Sez. 5, n. 46467 del 27/09/2022, D., Rv. 283892 – 02; Sez. 5, n. 49667 del 10/11/2023, COGNOME, Rv. 285490 – 01), nel qual caso sarà configurabile l’omicidio preterintenzionale.
Il terzo motivo, relativo all’attenuante della provocazione, non supera i vaglio di ammissibilità sia perché interamente versato in fatto, risolvendosi nell sollecitazione, estranea al giudizio di legittimità, di un nuovo apprezzamento della proporzionalità tra la reazione dell’imputata e le condotte della vittima, sia perc non si confronta con il principio, correttamente ricordato dalla Corte distrettual secondo cui l’attenuante della provocazione è incompatibile con la diminuente del vizio parziale di mente nei casi in cui vi sia sostanziale coincidenza tra lo stato d e l’infermità mentale o quest’ultima abbia avuto preponderante incidenza sul primo (Sez. 1, n. 16217 del 29/01/2020, P., Rv. 279127 – 01). In ogni caso, l’invocata attenuante non sarebbe applicabile perché, come si evince dalle sentenze e
prospettato alla stessa ricorrente, il fatto apparentemente ingiusto della vitti cui l’agente ha reagito, è il frutto di reciproche provocazioni (Sez. 5, n. 27698 04/05/2018, B., Rv. 273556 – 01).
Il quarto ed il quinto, relativi al giudizio di equivalenza tra vizio parziale mente ed aggravanti contestate nonché alle circostanze attenuanti generiche, sono assorbiti dall’accoglimento delle censure sul giudizio di responsabilità e non preclusi nel disposlio giudizio di rinvio.
Il ricorso del Procuratore generale della Corte di appello om issis relativo al reato di tentato omicidio ai danni di RAGIONE_SOCIALE è fondato.
La sentenza impugnata ha ricostruito unitariamente la condotta lesiva dell’imputata oggetto dei due capi di imputazione, salvo distinguere l’elemento soggettivo, che avrebbe assunto la consistenza del dolo omicidiario, nei termini peraltro erronei indicati nei paragrafi precedenti, soltanto nei confronti del mari Nel giustificare siffatta scelta è, tuttavia, incappata nelle insanabili contraddiz ed incongruenze denunciate dal ricorrente, che ne hanno irrimediabilmente compromesso la tenuta logica.
La Corte territoriale (pagg. da 14 a 16), pur considerando COGNOME NOMERAGIONE_SOCIALE un testimone dotato di elevatissima credibilità con riferimento alla causa di innesco dell’incendio, ha del tutto trascurato che lo stesso ha sempre escluso che la madre lo avesse accidentalmente colpito con la benzina, affermando, al contrario, che l’imputata aveva rivolto deliberatamente l’identica azione lesiva, mediante lo sversamento in orizzontale del contento delle due bottiglie sia contro di lui s contro il padre, in quei frangenti seduti nelle parti opposte e distanti del diva cominciando l’operazione proprio da lui e finendola, dopo avere raggiuto il padre, con il lancio verso il televisore (in particolare si vedano le pagg. da 49 a 52 e p 68 della sentenza di primo grado sinteticamente richiamate e condivise in quella impugnata).
Siffatto mutamento di valutazione è stato giustificato con argomentazioni incongrue o imperniate su circostanze equivoche
NOME
È stata considerata più affidabile la testimone de relato
NOME.
, figlia valorizzate (la
dell’imputata, la quale, tuttavia aveva appreso le informazioni madre aveva gettato benzina su
A.V.
ed una piccola parte era “finita” su
ARAGIONE_SOCIALES.
) sempre dallo stesso
ARAGIONE_SOCIALES.
il quale non risulta avesse motivo
di confidare notizie veridiche alla sorellastra e, per converso, riferire circosta false o comunque imprecise e reticenti, agli inquirenti prima e all’autori giudiziaria dopo, in tutte le fasi del procedimento in cui era stato sentito;
NOME
k(‘P
È stata valorizzata l’annotazione con cui i sanitari del Pronto soccorso hanno attestato la presenza di un forte odore di benzina negli indumenti NOME A.M. le non in quelli di NOME.S. ma non è stato spiegato perché tale circostanza incida sfavorevolmente sulla versione riferita da quest’ultimo. Infatti, NOME , come si legge in più parti della sentenza impugnata, ha costantemente riferito di essere stato raggiunto dalla benzina versata dalla madre al capo e agli occhi, per po rapidamente allontanarsi. D’altra parte, gli accertamenti eseguiti dalla poliz scientifica (pagg. da 27 a 29 della sentenza di primo grado) hanno concluso per la presenza di tracce di benzina parzialmente evaporata negli indumenti sia di NOME.
sia di
ARAGIONE_SOCIALES.
Non è stato considerato che la condotta tenuta da NOME nei drammatici minuti successivi allo scoppio dell’incendio era principalmente finalizzata a prestare soccorso al padre avvolto dalle fiamme e che la “focalizzazione della ideazione persecutoria ed ossessiva nei confronti del marito” non aveva impedito alla NOME. RAGIONE_SOCIALE. di reagire con condotte violente anche nei confronti del figlio che si era sistematicamente schierato con il padre.
6. Alla luce delle considerazioni che precedono, devono essere accolti sia il ricorso del Procuratore generale della NOME omissis COGNOME sia il ricorso di NOME COGNOME sicché la sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio, per nuovo giudizio ad altra sezione della NOME omissis COGNOME I., che colmerà le individuate lacune motivazionali attenendo ai principi sin qui espressi e, a seconda dell4svito del giudizio, provvederà alla liquidazione delle spese delle parti civili.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della omissis Spese delle parti civili al definitivo. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dat identificativi, a norma dell’art. 52 d.lgs.196/03 in quanto disposto d’ufficio imposto dalla legge.
Così deciso, in Roma 13 Marzo 2024.