Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 24385 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
PRIMA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 1 Num. 24385 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/03/2025
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a Trescore Balneario il 05/02/1973 avverso la sentenza del 20/09/2024 della Corte d’assise d’appello di Brescia visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo la declaratoria d’inammissibilità del ricorso; udito il difensore della parte civile, avv. COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile ovvero rigettarsi il ricorso;
udito il difensore del ricorrente, avv. COGNOME che ha chiesto l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 21 aprile 2021 la Corte di assise di appello di Brescia, ha confermato quella della Corte di assise di Bergamo del 18 dicembre 2023 che aveva ritenuto NOME COGNOME responsabile del reato di omicidio, aggravato dai motivi futili e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche equivalenti all’aggravante, l’aveva condannato alla pena di quattordici anni di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali e di sofferta custodia, infine alle pene accessorie previste per legge.
Il procedimento penale nell’ambito del quale Ł stata emessa la sentenza impugnata attiene alla morte di NOME COGNOME.
2.1. Il compendio istruttorio raccolto a carico dell’odierno ricorrente – come posto in rilievo da entrambi i giudici di merito – si fonda sulle dichiarazioni dei testimoni oculari COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME (ciascuno dei quali viaggiava sulla stessa strada dove avvenne il fatto), le immagini video acquisite dal sistema di videosorveglianza comunale (che hanno tuttavia presentato un vuoto riguardante i cinque secondi, dalle ore 12.37.40 alle ore 12,37.45, nei quali si verificarono la sterzata, l’impatto trai due veicoli, la caduta di COGNOME dal mezzo e l’investimento da parte di COGNOME), gli esiti dei rilievi di polizia giudiziaria sullo stato dei luoghi e sui veicoli coinvolti, la consulenza cinematica dell’ing. COGNOME
Secondo la conforme ricostruzione contenuta nelle sentenze:
i due viaggiavano ciascuno sul proprio mezzo (il primo su un ciclomotore Bmw, il secondo su un’autovettura Fiat Panda), da soli, entrambi sulla medesima corsia e nella medesima direzione di marcia. Mentre erano fermi al semaforo rosso, ebbero un litigio perchØ COGNOME, nell’incedere con piccoli balzi in avanti con la sua autovettura, si avvicinò al motociclo di Monguzzi tanto da calpestargli il piede. Questi segnalò a COGNOME l’accaduto, cercando di attirarne l’attenzione battendo con la mano due colpi sul cofano della macchina, ma il conducente dell’auto, abbassò il finestrino e gli rispose in malo modo. La persona offesa reagì rispondendo a sua volta;
allo scattare del verde i due veicoli – dopo qualche esitazione dipesa dal fatto che stavano
ancora litigando – ripartirono, prima COGNOME, poi COGNOME e si trovarono su un tratto stradale pianeggiante a doppio senso di marcia, con doppia linea continua di mezzeria. Questa fase Ł stata ripresa dalla telecamera posta sull’incrocio semaforico che, immediatamente dopo, ha subito – come accennato – il vuoto d’immagini;
dopo la partenza, l’imputato tentò piø volte di stringere con la propria auto la moto della persona offesa lungo la linea mediana di mezzeria e COGNOME, a ognuno di questi tentativi, cercò di allontanarlo allungando la gamba destra per spingere il piede contro la portiera del lato del guidatore (si vedano le dichiarazioni dei testi COGNOME, COGNOME e COGNOME);
a un certo punto, l’imputato impresse una violenta sterzata a sinistra alla sua autovettura che colpì, con la parte anteriore sinistra, il lato posteriore destro della motocicletta, causando la perdita del controllo del motociclo da parte del conducente (dichiarazioni dei testi COGNOME, COGNOME e COGNOME); COGNOME, infatti, ne venne disarcionato e cadde al suolo, rotolando piø volte fino a che, dopo appena un secondo, l’autovettura BMW condotta da NOME COGNOME che viaggiava sull’opposta corsia, gli schiacciò il capo (ancora protetto dal casco) sul manto stradale, sicchØ al complesso trauma cranio-cervicale e alle fratture vertebrali cervicali seguì l’immediato decesso del motociclista, mentre COGNOME si diede alla fuga.
2.2. I Giudici di merito hanno dunque ritenuto, quanto all’incipit della vicenda,che i testimoni oculari – sia pure con un diverso grado di dettaglio riconducibile alle diverse situazioni soggettive in cui si trovava ciascuno (COGNOME stava ascoltando la radio, COGNOME era impegnato in una manovra di sorpasso, COGNOME aveva percepito perfettamente il momento dell’investimento del piede della persona offesa, tanto da avere egli stesso gridato all’indirizzo di COGNOME di stare attento e aveva altresì udito anche i termini del diverbio) – avevano concordemente riferito di un litigio iniziato perchØ COGNOME stava sopravanzando con l’autovettura fino a finire sul piede di COGNOME e – secondo quanto specificamente ascoltato dal teste COGNOME – COGNOME si comportò in modo aggressivo quando COGNOME richiamò la sua attenzione, ponendo in essere una reazione sproporzionata, non giustificata dalla richiesta di attenzione da parte di COGNOME che, per quanto energica (due tocchi sul cofano), era stata misurata.
¨ stata ritenuta sovrapponibile anche la descrizione da parte dei testimoni dei plurimi tentativi dell’imputato di spingere l’antagonista verso la corsia opposta, stringendolo con la propria autovettura, così come la reazione di COGNOME (che colpiva e/o tentava di colpire lo sportello dell’auto con il piede nel tentativo di allontanare da sØ il veicolo che lo stava spingendo verso la corsia opposta), unanimemente riferita come una condotta difensiva e non offensiva.
Del pari assolutamente concorde Ł stata ritenuta la descrizione della forte e brusca sterzata impressa dall’imputato che provocò l’impatto tra i due mezzi e la caduta a terra di Monguzzi.
I giudici di merito hanno quindi evidenziato come tale ricostruzione avesse trovato puntuale riscontro obiettivo nei danni riportati dai due veicoli e nella traiettoria, esaminata attraverso i segni lasciati sull’asfalto e quelli rilevati sul mezzo, percorsa dal motociclo di Monguzzi prima dell’arresto sulla banchina, descritta dall’ing. COGNOME e che non era stata fatta oggetto di specifiche contestazioni.
2.3. Le due Corti di merito hanno valutato come illogica e strumentale la versione alternativa resa dall’imputato, che ha negato di avere sterzato a sinistra (sostenendo piuttosto di avere sterzato a destra e di aver cercato di parlare con la persona offesa per rabbonirla), perchØ contraria alle testimonianze provenienti da testi pienamente attendibili (non solo perchØ estranei, ma anche perchØ, messi in allarme dal litigio tra i due protagonisti, erano attenti e concentrati su quanto stava accadendo) e incompatibile con l’atteggiamento, sin da subito aggressivo e sproporzionato, che COGNOME serbò a fronte della semplice richiesta di attenzione da parte del conducente del motoveicolo.
Hanno, quindi, concordemente ricostruito l’elemento psicologico che ha sorretto l’azione come
dolo intenzionale, pur se d’impeto, escludendo l’ipotesi dell’omicidio preterintenzionale.
In particolare, la Corte di assise di appello – disattese tutte le obiezioni mosse dalla difesa, delle quali si darà conto nell’esposizione dei motivi di ricorso per Cassazione – ha confermato l’esclusione dell’invocata scriminante della legittima difesa e dell’attenuante della provocazione e avallato la decisione di primo grado con riferimento all’aggravante dei futili motivi.
NOME COGNOME per mezzo del proprio difensore di fiducia, avv. COGNOME propone ricorso per cassazione, affidandolo a tre motivi.
3.1 Con il primo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione, in punto di ribadita esclusione della legittima difesa, reale ovvero putativa, e l’eccesso colposo nell’indicata scriminante.
Il ricorrente premette che – incontroverso il fatto che l’episodio si sia sviluppato in due fasi distinte – la prima fare sarebbe di scarso interesse perchØ rappresentativa esclusivamente della genesi dell’episodio, essendo invece rilevante analizzare nel dettaglio la seconda fase, quella cioŁ che si realizzò quando i veicoli ripartirono. Con riferimento a tale fase i Giudici di merito -secondo il ricorrente – avrebbero ignorato la circostanza, invece evidente nelle immagini registrate dalla telecamera, che l’imputato ripartì per primo, mentre il motociclista, pur avendo la possibilità di proseguire per la stessa strada mantenendosi dietro alla Panda che lo precedeva, oppure quella di compiere una veloce manovra di sorpasso, scelse consapevolmente di porsi sul fianco sinistro dell’autovettura, proprio all’altezza del guidatore, all’unico ed evidente scopo (non essendo possibile ipotizzarne altro) di proseguire nella lite.
A ciò deve aggiungersi che, nel breve tratto di strada percorso a fianco dell’autovettura, il motociclista tenne un comportamento tutt’altro che inerte o meramente difensivo come affermato nella sentenza impugnata, poichØ i testi hanno concordemente dichiarato che i due continuavano a discutere e, addirittura, il teste COGNOME ha riferito dei “calci” dati da COGNOME alla portiera della Fiat Panda.
Su tale ultimo punto, il ricorrente rileva come la Corte di assise di appello sia incorsa in un travisamento dei risultati dell’ispezione del mezzo condotto da COGNOME, avendo affermato l’«assenza di ammaccature o colpi dovuti allo stivale di COGNOME sulla carrozzeria lato sinistro del veicolo», invece riscontrate dai Carabinieri, come da documento allegato al ricorso ai fini della sua autosufficienza.
3.2. Con il secondo motivo la difesa denuncia la violazione di legge e il vizio di motivazione in punto di mancata qualificazione dell’elemento psicologico come preterintenzione.
La Corte di secondo grado ha respinto l’analoga censura svolta nell’atto di appello, affermando del tutto illogicamente che l’imputato aveva la possibilità di percepire che il motociclista, ove colpito dal proprio automezzo e caduto sul manto stradale, sarebbe stato esposto, senza protezione, all’intenso e pericoloso traffico veicolare dell’opposta carreggiata, trascurando di considerare quanto riferito dal consulente medico legale, secondo cui la caduta a terra di Monguzzi non avrebbe mai potuto determinarne la morte, ma soltanto cagionargli modeste lesioni e che l’evento infausto era stata determinato dalle gravissime lesioni derivanti dall’investimento da parte dell’autovettura che proveniva in senso contrario.
Non si Ł, inoltre, adeguatamente considerato che il fatto si realizzò in frazioni di tempo brevissime, tali da escludere che COGNOME potesse rappresentarsi le conseguenze della sua condotta e accettare che si verificasse l’evento letale.
3.3. Il terzo motivo lamenta l’inosservanza dell’art. 61, primo comma, n. 1 e art. 62, primo comma n. 2,cod. pen. e il correlato vizio di motivazione.
La difesa avversa le valutazioni del Giudice di appello in punto di ribadita sussistenza dell’aggravante dei futili motivi.
Dato per acquisito che la genesi della vicenda debba essere ricondotta a un banale litigio
avvenuto mentre i due protagonisti erano fermi al semaforo, nelle fasi successive l’episodio mutò radicalmente a causa del comportamento aggressivo di COGNOME che continuò la lite e che si fece particolarmente aggressivo, colpendo la fiancata dell’autovettura con calci. La condotta dell’imputato avrebbe dovuto, pertanto, essere ricollegata, sul piano motivazionale, non già al primo, banale litigio, ma alla successiva condotta aggressiva subita da parte di COGNOME.
Tanto, secondo il ricorrente, sarebbe sufficiente non solo a escludere l’aggravante dei futili motivi, ma anche per riconoscere la circostanza attenuante della provocazione.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha depositato in data 27 febbraio 2025 requisitoria scritta con la quale ha chiesto la declaratoria d’inammissibilità del ricorso.
Il difensore ha depositato in data 10 marzo memoria difensiva con la quale ha ripreso, ulteriormente argomentandoli, i motivi di ricorso.
Il difensore della parte civile NOME COGNOME ha svolto conclusioni e depositato nota spese.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso deduce censure in parte inammissibili e in parte infondate, sicchØ dev’essere complessivamente rigettato.
La Corte di assise di appello ha, invero, esaminato funditus tutti i temi segnalati da NOME COGNOME con i motivi d’impugnazione e fornito risposte complete, coerenti con le evidenze istruttorie, prive di tangibili fratture razionali e ossequianti dei canoni ermeneutici enunciati dalla giurisprudenza di legittimità.
Come si vedrà, al cospetto di tali argomentazioni, il ricorrente si pone in un’ottica unicamente ispirata alla confutazione delle conclusioni raggiunte dai giudici di merito e alla formulazione di letture alternative del compendio istruttorio, del tutto inidonee a mettere in luce profili di manifesta illogicità o contraddittorietà.
Il primo motivo non Ł consentito, siccome reiterativo, costituendo mera riproposizione del pedissequo motivo di appello.
I Giudici di merito (quello di primo grado diffusamente a p. 33, quello di appello nelle p. 24 e s.) si sono occupati dell’invocata scriminante della legittima difesa e, dopo averne ricordato i presupposti in diritto, l’hanno esclusa evidenziando la circostanza che fu l’imputato a dare inizio all’azione offensiva nei confronti di COGNOME, mentre non erano ravvisabili agiti aggressivi da parte di questi e, comunque, certamente non prima dei reiterati tentativi di COGNOME di spingerlo verso l’altra corsia.
Quanto alla circostanza che la difesa enfatizza immotivatamente e rispetto alla quale invoca un insussistente travisamento della prova, ovverosia i ‘calci’ dati da COGNOME all’autovettura dell’imputato, Ł qui sufficiente richiamare la concorde motivazione fornita nelle sentenze di merito secondo cui tutti i testimoni oculari, indipendentemente dalle modalità di descrizione (chi come «calci», chi come semplici «allungamenti della gamba»), li hanno unanimemente ricondotti a una causale difensiva, ossia quella della necessità della vittima di allontanare l’autovettura con la quale COGNOME continuava a “stringerlo”.
Sul punto il Giudice di primo grado ha poi precisato che, avuto riguardo all’impatto tra i due mezzi (avvenuto tra la parte anteriore della Panda e quella posteriore della moto), era evidente che l’improvvisa, violenta sterzata svolta da COGNOME non era stata necessitata dall’affermata esigenza dell’imputato di tutelare la propria incolumità, avendo egli un’agevole via di fuga nella corsia alla sua destra che, com’emergeva dalla telecamera, era libera.
La stessa sentenza di primo grado ha anche valorizzato – con motivazione logicamente coerente -la sproporzione dell’asserita reazione di COGNOME rispetto alla condotta ritenuta aggressiva da parte della vittima e, a fronte di tanto, ha altresì escluso la legittima difesa putativa, stante
l’insussistenza di qualsiasi elemento obiettivo che potesse aver ingenerato concretamente nell’imputato l’erroneo convincimento di dover difendere la propria incolumità personale, come affermato, addirittura dalla congiunta aggressione di piø motociclisti. Si tratterebbe – come correttamente evidenziato in sentenza – di una mera convinzione personale, sganciata dalla reale situazione di fatto, che pertanto non Ł suscettibile di integrare la scriminante in parola.
Tale motivazione si pone nel solco del consolidato insegnamento di questa corte, secondo cui «L’accertamento relativo alla scriminante della legittima difesa reale o putativa e dell’eccesso colposo deve essere effettuato con un giudizio ex ante calato all’interno delle specifiche e peculiari circostanze concrete che connotano la fattispecie da esaminare, secondo una valutazione di carattere relativo e non assoluto e astratto, rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito, cui spetta esaminare, oltre che le modalità del singolo episodio in se considerato, anche tutti gli elementi fattuali antecedenti all’azione che possano aver avuto concreta incidenza sull’insorgenza dell’erroneo convincimento di dover difendere sØ o altri da un’ingiusta aggressione, senza tuttavia che possano considerarsi sufficienti gli stati d’animo e i timori personali» (Sez. 5, n. 34342 del 05/07/2024, NOME COGNOME Rv. 286931 – 02; Sez. 4, n. 24084 del 28/02/2018, COGNOME, Rv. 273401 01; Sez. 1, n. 13370 del 05/03/2013, R., Rv. 255268 – 01).
Infine, sulla scorta della granitica giurisprudenza di questa Corte, Ł stata esclusa la configurabilità dell’eccesso colposo, previsto dall’art. 55 cod. pen., in mancanza di una situazione di effettiva sussistenza della singola scriminante, di cui si eccedono colposamente i limiti (Sez. 1, n. 18926 del 10/04/2013, COGNOME, Rv. 256017 – 01)
Non coglie nel segno la censura secondo cui la Corte di assise di appello avrebbe travisato un dato errato, poichØ – come si evince dalla piana lettura della motivazione della sentenza a p. 25 ciò che Ł valorizzato Ł non già l’assenza di riscontri ai calci sulla fiancata dell’auto, bensì l’assenza «di ammaccature o colpi dovuti allo stivale di Monguzzi», ovverosia danni all’autovettura dell’imputato univocamente riconducibili alla calzatura indossata dalla persona offesa. E, infatti, nell’annotazione di Polizia giudiziaria allegata al ricorso si fa riferimento a «segni di strofinamento, come un impronta di striscio, arrecati probabilmente con un calcio e, in tale ipotesi, verosimilmente dal conducente della moto BMW». In ogni caso – come già chiarito – l’argomento Ł tutt’altro che decisivo, poichØ le sentenze di merito non muovono dall’assunto dell’assenza di calci o movimenti del piede da parte di COGNOME verso l’auto di COGNOME, anzi ne danno per acclarata l’esistenza, ma ne affermano la causale meramente difensiva, secondo l’univoca e incontestata narrazione dei testimoni oculari.
Il secondo motivo Ł privo di pregio.
Viene in rilievo l’approfondita analisi dell’elemento psicologico svolta dal Giudice di primo grado, nelle p. da 28 a 32, anche alla luce delle coordinate ermeneutiche di cui alla sentenza Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, COGNOME, Rv. 261105 – 01, poi ripresa dal Giudice di appello, nella quale sisono posti in risalto – con motivazione aderente alle risultanze probatorio e scevra da fratture logiche – i numerosi indici sintomatici della sussistenza nel caso di speciedel dolo eventuale.
Non solo. Entrambi i Giudici di merito hanno evidenziato che la condotta avrebbe potuto addirittura essere qualificata come sorretta dal dolo intenzionale e diretto, ma che ciò era impedito dall’estrema rapidità dell’azione e dall’assenza di prova che l’imputato avesse effettuato la sterzata piø brusca avendo scorto l’autovettura di COGNOME giungere frontalmente. Quindi hanno concordemente e correttamente affermato che, poichØ però tale evenienza (ovverosia il sopraggiungere di un mezzo nel senso opposto di marcia) era stata certamente prevista come possibilità, l’atteggiamento psicologico non poteva essere relegato alla colpa cosciente ovvero alla preterintenzione.
¨ stato, infine valorizzato il contenuto di una conversazione, successiva ai fatti, in occasione
della quale l’imputato, parlando con alcuni compagni di cella, aveva esplicitato quale fosse lo scopo del suo agire, ovvero di liberarsi dal motociclista che lui aveva percepito come ‘molesto’, con ciò confermando la piena compatibilità dello scopo con l’evento morte.
Si tratta – ad avviso del Collegio – di una motivazione che resiste alle censure reiterative e contro-valutative del ricorrente.
4. A non migliore sorte Ł destinato l’ultimo motivo di ricorso.
La futilità dei motivi dell’agire dell’imputato, oggetto di adeguata motivazione da parte di entrambi i Giudici di merito, che ne hanno ricordata la piena compatibilità con il dolo d’impeto, sono ricollegati all’antefatto del litigio stradale e non, come vorrebbe il ricorrente, alla seconda fase nella quale vi sarebbe stata una meramente affermata azione aggressiva da parte della vittima. Le sentenze hanno puntualmente valorizzata l’assoluta sproporzione tra l’occasione che ha innescato l’impulso comportamentale di COGNOME e l’irrilevanza delle condotte – postume e, comunque, meramente difensive – attuate da COGNOME ai soli fini di tutelare la propria incolumità personale.
I Giudici di merito hanno dunque fatto buon governo del principio posto in sede di legittimità secondo cui «L’accertamento della circostanza aggravante dei futili motivi deve svolgersi con metodo bifasico, richiedendo la duplice verifica del dato oggettivo, costituito dalla sproporzione tra il reato concretamente realizzato e il motivo che l’ha determinato, e di quello soggettivo, costituito dalla possibilità di connotare detta sproporzione quale espressione di un moto interiore assolutamente ingiustificato, tale da configurare lo stimolo esterno come mero pretesto per lo sfogo di un impulso criminale» (Sez. 1, n. 45290 del 01/10/2024, S., Rv. 287333 – 01; Sez. 5, n. 45138 del 27/06/2019, COGNOME, Rv. 277641 – 01).
Quanto alla ribadita sussistenza dell’attenuante della provocazione – puntualmente esclusa sia dalla corte di Assise (p. 35), sia dal Giudice di appello (p. 28) con motivazione corretta in fatto e in diritto – il relativo motivo di ricorso si appalesa inammissibile, constando di poche assertive argomentazioni che non si confrontano con detta motivazione e soprattutto che pongono, quale presupposto, una non consentita diversa ricostruzione del fatto che vedrebbe l’imputato reagire a un’aggressione nei suoi riguardi; ipotesi che – per le ragioni già dette – non trova alcun appiglio obiettivo.
Dal rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Quanto al regolamento delle spese del grado riguardo alla posizione della parte civile NOME COGNOME che ha svolto attività processuale in questa sede, le stesse vanno poste a carico dell’imputato, soccombente rispetto all’azione civile proposta nei suoi confronti, e liquidate nella misura di cui al dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile COGNOME Martina che liquida in complessivi euro 7.000, oltre accessori di legge.
Così Ł deciso, 28/03/2025
Il Consigliere estensore
EVA TOSCANI
Il Presidente NOME COGNOME