Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 9926 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 9926 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME COGNOME NOME
Data Udienza: 15/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME
NOME nata a ASTI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/06/2023 della CORTE D’APPELLO DI TORINO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto la inammissibilità del ricorso;
lette le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, che ha chiesto la inammissibilità o, in subordine, il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 9 giugno 2023 la Corte di appello di Torino confermava la sentenza con la quale il Tribunale di Asti, ad esito del giudizio ordinario, aveva condannato NOME COGNOME alla pena ritenuta di giustizia per il reato di truffa continuata.
Ha proposto ricorso l’imputata, a mezzo del proprio difensore, chiedendo l’annullamento della sentenza di appello per violazione di legge e vizio della motivazione in relazione all’art. 640 cod. pen., quanto all’affermazione di responsabilità.
I giudici di merito hanno contraddittoriamente individuato nel presunto stato di insolvenza dell’imputata l’unica prova del raggiro, elemento costitutivo del reato di truffa, insussistente in quanto nel fatto contestato è ravvisabile un mero inadempimento contrattuale.
Si è proceduto alla trattazione scritta del procedimento in cassazione, ai sensi dell’art. 23, comma 8, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito nella legge 18 dicembre 2020, n. 176 (applicabile in forza di quanto disposto dall’art. 94, comma 2, del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, come modificato dal decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75, convertito nella legge 10 agosto 2023, n. 112), in mancanza di alcuna tempestiva richiesta di discussione orale, proposta nei termini ivi previsti; il Procuratore generale e il difensore della parte civile hanno depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
Il ricorso è inammissibile perché proposto con un motivo generico e non consentito.
Premesso che la ricorrente solo formalmente si duole di una motivazione contraddittoria, quando nella sostanza lamenta una valutazione asseritamente errata delle risultanze probatorie, sollecitando un inammissibile sindacato di questa Corte, osserva il Collegio che la difesa ha obliterato quello che in realtà è stato il rilievo decisivo per l’affermazione di responsabilità dell’imputato.
Le sentenze di merito, richiamando le coerenti e attendibili dichiarazioni della persona offesa e di altra testimone, hanno radicalmente escluso la configurabilità di un mero illecito civilistico, ravvisando invece la sussistenza del dolo iniziale, elemento che imprime alla condotta di inadempimento una connotazione penalmente rilevante in quanto, «influendo sulla volontà negoziale
di uno dei due contraenti – determinandolo alla stipulazione del contratto in virtù di artifici e raggiri e, quindi, falsandone il processo volitivo – rivela nel contrat la sua intima natura di finalità ingannatoria» (così, di recente, Sez. 2, n. 39698 del 13/09/2019, Bicciato, Rv. 277708). L’accertamento del dolo «consiste nella considerazione e nella valutazione delle circostanze e delle modalità della condotta che evidenziano la cosciente volontà dell’agente e sono indicative dell’esistenza di una rappresentazione del fatto» (così Sez. 5, n. 30726 del 09/09/2020, Giunchiglia, Rv. 279908).
A questi princìpi si sono attenuti i giudici di merito, che hanno desunto la prova del dolo generico valutando specificamente le circostanze e le modalità della condotta dell’imputata e i raggiri che indussero la persona offesa ad accettare le sue ripetute richieste di denaro: “il rapporto si è articolato in varie fasi, che hanno avuto una certa durata, durante le quali l’imputata ha sempre richiesto il pagamento immediato per le prestazioni che affermava di eseguire, assicurando infine essere avvenuta una circostanza fondamentale, come l’acquisto dei biglietti aerei” (pagg. 8-9 sentenza di primo grado); “l’imputata ha convinto la RAGIONE_SOCIALE a compiere ulteriori esborsi, sempre rassicurando della regolarità di quanto sino a quel momento effettuato, che costituiscono l’aggravamento della truffa iniziale” (pag. 4 sentenza di appello).
Sul punto questa Corte ha affermato che la condotta fraudolenta consistente negli artifizi e raggiri deve necessariamente precedere l’induzione in errore e il conseguimento dell’ingiusto profitto, cosicché, nei contratti ad esecuzione istantanea, l’attività decettiva commessa solo successivamente alla stipula e durante l’esecuzione contrattuale è penalmente irrilevante, a meno che – come avvenuto nel caso di specie, avuto riguardo alla successione dei pagamenti a fronte delle false rassicurazioni dell’imputata – non determini, da parte della vittima, un’ulteriore attività giuridica che non sarebbe stata compiuta senza quella condotta decettiva (Sez. 2, n. 9197 del 15/02/2017, COGNOME, Rv. 269099; Sez. 2 n 29853 del 23/06/2016, COGNOME, Rv. 268073; Sez. 6, n. 12604 del 11/12/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 256000).
6. All’inammissibilità dell’impugnazione proposta segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. perì., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Condanna, inoltre, l’imputata alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile che liquida in complessivi euro duemilatrecentosedici, oltre accessori di legge.
Così deciso il 15/02/2024.