Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34928 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34928 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ALESSANDRIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/06/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME;
ritenuto che il primo motivo del ricorso, con cui la difesa deduce violazione di legge con riguardo al diniego delle circostanze attenuanti generiche ovvero al mancato contenimento della pena nel minimo edittale, è manifestamente infondato e, in realtà, articolato in termini non consentiti in questa sede avendo la Corte d’appello motivato (cfr., pag. 7 della sentenza) in termini non manifestamente illogici o contraddittori ed avendo spiegato che la pena si discosta solo di poco dal minimo edittale essendo peraltro assolutamente consolidato il principio secondo il quale nel caso in cui venga irrogata una pena, come nel caso di specie, di gran lunga più vicina al minimo che al massimo edittale, il mero richiamo ai “criteri di cui all’art. 133 cod. pen.” realizza una motivazione sufficiente per dar conto dell’adeguatezza della pena all’entità del fatto; invero, l’obbligo della motivazione, in ordine alla congruità della pena inflitta, tanto più si attenua quanto più la pena, in concreto irrogata, si avvicina al minimo edittale (cfr., in tal senso, tra le tante, Sez. 1, n. 6677 del 05/05/1995, COGNOME, Rv.201537; Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013, COGNOME, Rv. 256464) mentre, ai fini del diniego delle attenuanti generiche, il giudice di merito non deve necessariamente prendere in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, essendo sufficiente che egli faccia riferimento a quelli da lui ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo in tal modo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (cfr., Sez. 2 – , n. 23903 del 15/07/2020, COGNOME, Rv. 279549 – 02; Sez. 3 – , n. 1913 del 20/12/2018, COGNOME, Rv. 275509 – 03; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269 – 01; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 265826 – 01); Corte di Cassazione – copia non ufficiale rilevato che il secondo e terzo motivo con i quali si deduce il vizio di motivazione in relazione all’affermazione di penale responsabilità dell’imputato e alla prova della stessa, sono privi di specificità poiché fondati su profili di censura in punto di fatto che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte di merito con corretti argomenti logici e giuridici (cfr., in particolare, pag. 6);
considerato che le argomentazioni del ricorrente, in fatto, sollecitano giudizi estranei al sindacato di legittimità, in quanto è preclusa alla Corte di cassazione la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure
anch’essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova (Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, COGNOME, Rv. 216260; Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, COGNOME, Rv. 283370; Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747; Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601; Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217); va rilevato che la Corte ha motivato in ordine alla impossibilità di ricondurre la vicenda ad un mero inadempimento civilistico argomentando sia sulla condotta decettiva che sul dolo iniziale che ha caratterizzato la condotta del ricorrente e che, influendo sulla volontà negoziale di uno dei due contraenti – determinandolo alla stipulazione del contratto in virtù di artifici e raggiri e, quindi, falsandone il processo volitivo rivela nel contratto la sua intima natura di finalità ingannatoria (cfr., tra le tante, Sez. 2, n. 5801 del 8.11.2013, COGNOME; Sez. 2, n. 37859 del 22.9.2010, Bologna); va aggiunto che la prova del dolo “iniziale” non può che provenire ed essere fondata sulla valorizzazione di elementi fattuali che possono essere di più varia indole e che possono attingere la fase antecedente come anche quella successiva al perfezionamento dell’accordo purché tali da rivelare l’iniziale proposito dell’agente (cfr., Sez. 6, n. 16465 del 6.4.2011, COGNOME; Sez. 2, n. 39887 16.6.2015, COGNOME)
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
rilevato, infine, che nulla può essere liquidato in favore della parte civile che ha trasmesso delle conclusioni senza nulla argomentare in ordine al ricorso (cfr., Sez. 2 , n. 12784 del 23/01/2020, COGNOME, Rv. 278834 – 01, in cui la Corte ha spiegato che nel giudizio di legittimità, quando il ricorso dell’imputato viene dichiarato, per qualsiasi causa, inammissibile, la parte civile ha diritto di ottenere la liquidazione delle spese processuali senza che sia necessaria la sua partecipazione all’udienza, purché abbia effettivamente esplicato, anche solo attraverso memorie scritte, un’attività diretta a contrastare l’avversa pretesa a tutela dei propri interessi di natura civile risarcitoria, fornendo un utile contributo alla decisione, atteso che la sua mancata partecipazione non può essere qualificata come revoca tacita e che la previsione di cui all’art. 541 cod. proc. pen. è svincolata da qualsiasi riferimento alla discussione in pubblica udienza).
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Rigetta la richiesta di liquidazione delle spese in favore della parte civile.
Così deciso, in data 9 luglio 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente