Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12910 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12910 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CALTANISSETTA il 24/08/1983
avverso la sentenza del 02/07/2024 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
letto il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME viste le conclusioni della costituita parte civile;
ritenuto che tutti i motivi di ricorso, con i quali si contesta la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza, l’insussistenza del dolo, la mancata applicazione della causa di non punibilità ed il trattamento sanzionatorio, sono privi dei requisiti di specificità richiesti, a pena di inammissibilità, dall’art. 581 cod proc. pen.;
che, invero, la mancanza di specificità dei motivi deve essere apprezzata non solo intrinsecamente, ovverosia per la genericità e indeterminatezza delle ragioni di fatto e diritto a sostegno della censura, ma anche estrinsecamente, per l’apparenza degli stessi allorquando, non essendovi correlazione tra la complessità delle ragioni argomentate nella decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione e/o risolvendosi nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, omettano di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
che, nella specie, i giudici del merito hanno ampiamente vagliato e disatteso, con corretti argomenti logici e giuridici le doglianze difensive dell’appello, meramente riproposte in questa sede (cfr., in particolare, pagg. 3 – 5 sulla corretta riqualificazione giuridica del fatto in ragione della condotta decettiva posta in essere dall’imputato, sulla sussistenza dell’elemento soggettivo alla luce delle modalità della condotta, sulla non particolare tenuità dell’offesa per le modalità della condotta e per l’entità del danno, nonché sulla congruità della pena irrogata, di poco superiore al minimo edittale);
che, in particolare, i giudici di merito hanno correttamente applicato il principio secondo cui l’elemento che imprime all’inadempimento natura di illecito penale re,go è costituito dal dolo iniziale, che, influendo sulla volontà negoziale di uno dei due contraenti – determinandolo alla stipulazione del contratto in virtù di artifici e raggiri e, quindi, falsandone il processo volitivo – rivela nel contratto l sua intima natura di finalità ingannatoria (cfr., tra le tante, Sez. 2, n. 5801 dell’08/11/2013, COGNOME; Sez. 2, n. 37859 dei 22/09/2010, Bologna); nel caso di specie l’errore indotto nella controparte ha avuto ad oggetto la falsa rappresentazione della propria solvibilità che, secondo la Corte di Appello, con argomentazione coerente con gli elementi acquisiti ed immune da vizi logici, aveva indotto le vittime a determinarsi a perfezionare l’affare; non già, come preteso dalla difesa, la dissimulazione dello stato di insolvenza del reo che, come è noto,
connota piuttosto il delitto di insolvenza fraudolenta ma che, nel contempo, deve essere reale (cfr., sul punto, Sez. 7, n. 16723 del 13/01/2015, COGNOME; Sez. 2, n. 45096 dell’11/11/2009, COGNOME);
che la Corte d’appello ha motivato in merito alla causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. dando rilievo alla obiettiva entità del danno patrimoniale cagionato alla controparte (cfr., pag. 5 della sentenza) e, pertanto, motivando sul punto con riferimento ad un elemento decisivo con il quale la difesa ha omesso di confrontarsi;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende; essendo la parte civile ammessa al patrocinio dello Stato, le spese di costituzione e di assistenza in questo grado saranno liquidate dalla Corte d’appello (cfr., Sez. U, n. 5464 del 26/09/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 277760 – 01).
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile COGNOME Giovanni ammessa al patrocinio a spese dello Stato nella misura che sarà liquidata dalla Corte d’appello di Caltanissetta con separato decreto di pagamento ai sensi degli artt. 82 e 83 dpr 115 del 2002 ,disponendo il pagamento a favore dello Stato.
Così deciso, il 7 marzo 2025.