Dolo Generico Evasione: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
Un recente provvedimento della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sul dolo generico evasione e sui requisiti di ammissibilità del ricorso per cassazione. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile l’impugnazione di un condannato per il reato previsto dall’art. 385 del codice penale, ribadendo principi consolidati sia in materia sostanziale che processuale. Analizziamo i dettagli di questa decisione per comprenderne la portata.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine da un ricorso presentato da un individuo condannato dalla Corte d’Appello di Bologna per il reato di evasione. L’imputato, sottoposto a una misura restrittiva della libertà personale, aveva violato le prescrizioni imposte. La sua difesa ha impugnato la sentenza di secondo grado davanti alla Corte di Cassazione, basando il ricorso principalmente sulla contestazione dell’elemento soggettivo del reato, ovvero il dolo. Sostanzialmente, si asseriva che l’imputato non avesse agito con la consapevolezza e volontà di evadere. Inoltre, in sede di legittimità, veniva sollevata per la prima volta la questione della possibile applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.).
La Decisione della Corte e il Dolo Generico Evasione
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile per una serie di ragioni che meritano un’analisi approfondita. La decisione si fonda su tre pilastri argomentativi principali.
Genericità e Reiterazione dei Motivi di Appello
In primo luogo, la Corte ha definito il motivo di ricorso relativo al dolo come “generico e manifestamente infondato”. I giudici hanno osservato che l’imputato si era limitato a riproporre le medesime censure già formulate in appello, senza però confrontarsi criticamente con la motivazione, definita “congrua ed esaustiva”, con cui la Corte territoriale le aveva respinte. Questo atteggiamento processuale rende il ricorso inammissibile, poiché il giudizio di Cassazione non è una terza istanza di merito, ma un controllo di legittimità sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione.
La Natura del Dolo nel Reato di Evasione
Entrando nel merito della questione giuridica, la Corte ha ribadito la sua consolidata giurisprudenza sul dolo generico evasione. Per la configurazione del reato di cui all’art. 385 c.p., è sufficiente il dolo generico, che consiste nella “consapevole violazione del divieto di lasciare il luogo di esecuzione della misura senza la prescritta autorizzazione”. Ciò significa che non è necessario provare un fine specifico (dolo specifico), come l’intenzione di sottrarsi definitivamente alla misura. Sono del tutto irrilevanti, ai fini della sussistenza del reato, i motivi che hanno spinto l’agente a violare la prescrizione. Basta la coscienza e la volontà di allontanarsi dal luogo designato.
Inammissibilità della Questione sulla Particolare Tenuità del Fatto
Infine, la Corte ha dichiarato inammissibile anche la censura relativa alla mancata applicazione dell’art. 131 bis c.p. (particolare tenuità del fatto). Il motivo è puramente processuale: tale questione non era mai stata sollevata nei gradi di merito e, pertanto, è stata “dedotta per la prima volta in questa sede”. Il giudizio di Cassazione non può esaminare questioni nuove che implicherebbero una valutazione di merito preclusa in sede di legittimità.
Le Motivazioni della Decisione
Le motivazioni della Suprema Corte si basano su principi fermi del diritto processuale e penale. La decisione sottolinea che il ricorso per cassazione non può tradursi in una richiesta di rivalutazione dei fatti. La valutazione della consapevolezza e della volontà dell’imputato è un accertamento di fatto riservato ai giudici di merito. La Corte di Cassazione può intervenire solo se la motivazione della sentenza impugnata è manifestamente illogica, contraddittoria o carente, vizi che non sono stati riscontrati nel caso di specie. La Corte d’Appello aveva correttamente applicato i principi sul dolo generico evasione, e il suo ragionamento era coerente. La dichiarazione di inammissibilità ha comportato, come conseguenza di legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza offre due importanti spunti pratici. In primo luogo, conferma che per il reato di evasione è sufficiente la semplice volontà di allontanarsi senza permesso, rendendo molto difficile per la difesa sostenere l’assenza di dolo sulla base delle motivazioni dell’imputato. In secondo luogo, evidenzia l’importanza di strutturare un ricorso per cassazione che non sia una mera ripetizione dell’appello, ma che individui specifici vizi di legittimità nella sentenza impugnata, confrontandosi puntualmente con le argomentazioni dei giudici di secondo grado. Sollevare questioni nuove in Cassazione è, infine, una strategia processualmente destinata al fallimento.
Cosa si intende per dolo generico nel reato di evasione?
Per il reato di evasione è sufficiente il “dolo generico”, che consiste nella consapevole violazione del divieto di lasciare il luogo di esecuzione della misura senza la prescritta autorizzazione. Non sono rilevanti i motivi specifici dell’agente o la sua intenzione di sottrarsi definitivamente alla misura.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per due ragioni principali: era generico e si limitava a ripetere le stesse argomentazioni già respinte dalla Corte d’Appello, senza confrontarsi con la motivazione di quella sentenza. Inoltre, una delle censure (mancata applicazione dell’art. 131 bis c.p.) è stata presentata per la prima volta in Cassazione, il che non è consentito.
Si può chiedere alla Corte di Cassazione di rivalutare i fatti del processo?
No, il ricorso è stato ritenuto inammissibile anche perché chiedeva alla Corte di Cassazione una diversa valutazione dei fatti (in questo caso, la consapevolezza dell’imputato), compito che spetta ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello) e non alla Corte di legittimità, a meno che la motivazione della sentenza impugnata non sia manifestamente illogica.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 32313 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 32313 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 26/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a BOLOGNA il 17/04/1992
avverso la sentenza del 07/10/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Visti gli atti e la sentenza impugnata (condanna per il reato di cui all’ art. 385 cod. pen.);
Esaminati i motivi di ricorso.
OSSERVA
Il ricorso è inammissibile per genericità e manifesta infondatezza del motivo, avente ad oggetto l’elemento soggettivo del reato, meramente reiterativo della censura formulate in appello, disattesa con motivazione congrua ed esaustiva con la quale il ricorso non si confronta (p. 2).
Il ricorso è, inoltre, diretto a sollecitare alla Corte di legittimità, in presenza della motivazione non manifesta illogica in punto di dolo, la diversa valutazione in fatto sulla consapevolezza a volontà dell’imputato di violare le prescrizioni impostegli. La Corte di merito ha fatto applicazione corretta dei principi di questa Corte, sul contenuto del dolo in relazione al reato di cui all’art. 385 cod. pen., poiché tale elemento soggettivo si atteggia a dolo generico e consiste nella consapevole violazione del divieto di lasciare il luogo di esecuzione della misura senza la prescritta autorizzazione, a nulla rilevando i motivi che hanno determinato la condotta dell’agente (Sez. 6, n. 10425 del 06/03/2012, COGNOME, Rv. 252288) e la sua intenzione di sottrarsi definitivamente alla misura.
Infine, la censura avente ad oggetto la mancata applicazione dell’art. 131 bis cod. pen. è inammissibile perché dedotta per la prima volta in questa sede.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 26/05/2025.