LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Dolo generico evasione: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 13235/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per evasione. Il caso chiarisce i contorni del dolo generico evasione, affermando che per configurare il reato è sufficiente la consapevole violazione del divieto di lasciare il luogo della misura, senza che rilevino i motivi specifici dell’agente o la sua intenzione di sottrarsi definitivamente alla misura. La Corte ha ritenuto il ricorso generico, in quanto le giustificazioni addotte (stato di necessità) non erano supportate da prove e contraddicevano le dichiarazioni iniziali.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dolo generico evasione: basta la coscienza di violare il divieto

Recentemente, la Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso di evasione, offrendo un’importante chiarificazione sulla natura del dolo generico evasione. Con l’ordinanza n. 13235 del 2024, i giudici hanno ribadito che per la configurazione del reato di cui all’art. 385 del codice penale, è sufficiente la consapevolezza di allontanarsi dal luogo di detenzione o arresti domiciliari senza autorizzazione, a prescindere dalle motivazioni personali che spingono all’azione. Approfondiamo i dettagli di questa decisione.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un individuo, sottoposto a una misura restrittiva della libertà personale, che aveva proposto ricorso in Cassazione contro la sentenza della Corte d’Appello che lo condannava per il reato di evasione. La difesa dell’imputato si basava su tre motivi principali. In primo luogo, si invocava lo stato di necessità, sostenendo che l’allontanamento fosse stato causato da un’urgenza sanitaria. In secondo luogo, si contestava la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, ovvero il dolo. Infine, si criticava la motivazione della Corte d’Appello riguardo alla durata della condotta e alla mancata produzione di documentazione giustificativa.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile in quanto manifestamente generico. I giudici hanno ritenuto che i motivi presentati non fossero in grado di scalfire la logicità e la coerenza della motivazione della sentenza impugnata. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni: la natura del dolo generico evasione

Il punto centrale della decisione riguarda la definizione del dolo generico evasione. La Corte ha chiarito che questo elemento soggettivo consiste unicamente nella ‘consapevole violazione del divieto di lasciare il luogo di esecuzione della misura senza la prescritta autorizzazione’.

Ciò significa che, ai fini della configurabilità del reato, non è necessario che l’agente abbia l’intenzione di sottrarsi definitivamente alla misura restrittiva. Allo stesso modo, sono irrilevanti i motivi specifici che lo hanno spinto a violare il divieto. Che l’allontanamento sia dettato da una necessità personale, da una semplice leggerezza o da un piano di fuga, la sostanza non cambia: se l’atto è cosciente e volontario, il dolo sussiste. La Corte ha richiamato un suo precedente orientamento (Sez. 6, n. 10425/2012) per rafforzare questo principio.

Le Motivazioni: la genericità degli altri motivi

Anche gli altri motivi di ricorso sono stati ritenuti generici. Riguardo allo stato di necessità, la Cassazione ha evidenziato come la tesi difensiva fosse in contrasto con la versione dei fatti fornita dallo stesso imputato durante l’interrogatorio di garanzia. Inoltre, è stato sottolineato un aspetto pratico dirimente: la compagna dell’imputato avrebbe potuto semplicemente contattare il servizio di emergenza sanitaria (118) invece di ricorrere a un’azione illecita. Infine, la Corte ha notato che, a fronte della richiesta dell’autorità giudiziaria di produrre documentazione che attestasse la necessità di recarsi in ospedale, l’imputato non aveva fornito alcuna prova.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza consolida un principio fondamentale in materia di reato di evasione: la legge punisce la violazione dell’obbligo imposto dall’autorità giudiziaria in sé e per sé. Le motivazioni personali, salvo che non integrino una vera e propria causa di giustificazione come lo stato di necessità (che deve però essere rigorosamente provato e non altrimenti evitabile), non hanno alcun peso nel determinare la colpevolezza. La decisione serve da monito: chi è sottoposto a misure restrittive deve attenersi scrupolosamente alle prescrizioni. Qualsiasi esigenza, anche sanitaria, deve essere gestita attraverso i canali legali, come la richiesta di autorizzazione al giudice o il ricorso ai servizi di emergenza pubblici, per non incorrere in ulteriori e gravi conseguenze penali.

Quando si configura il reato di evasione secondo la Corte?
Il reato di evasione si configura con la consapevole e volontaria violazione del divieto di lasciare il luogo di esecuzione della misura restrittiva senza la prescritta autorizzazione. Non sono rilevanti i motivi dell’agente o la sua intenzione di sottrarsi definitivamente alla misura.

La necessità di recarsi in ospedale giustifica sempre l’evasione?
No. Secondo la Corte, una presunta necessità sanitaria non giustifica automaticamente l’evasione. Deve essere provata rigorosamente e deve rappresentare l’unica via percorribile. Nel caso di specie, è stato evidenziato che si sarebbe potuto chiamare il servizio di emergenza (118) e che l’imputato non ha fornito alcuna documentazione a supporto della sua urgenza.

Cosa significa che un ricorso è ‘generico’ e quali sono le conseguenze?
Un ricorso è definito ‘generico’ quando non articola critiche specifiche e puntuali contro la decisione impugnata, ma si limita a riproporre argomenti già esaminati o a formulare censure vaghe. La conseguenza è la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, che impedisce alla Corte di esaminare il caso nel merito e comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati