Dolo Generico Evasione: I Motivi Personali Non Escludono il Reato
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sul reato di evasione, chiarendo ancora una volta la natura dell’elemento soggettivo richiesto per la sua configurazione. La pronuncia sottolinea come, ai fini del dolo generico evasione, le ragioni personali che spingono un individuo a violare una misura restrittiva siano del tutto irrilevanti. Analizziamo insieme la vicenda e le conclusioni della Suprema Corte.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello che lo aveva condannato per il reato di evasione, previsto e punito dall’art. 385 del codice penale. L’unico motivo di ricorso sollevato dalla difesa si concentrava sull’insussistenza dell’elemento soggettivo del reato, ovvero la colpevolezza.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. Secondo gli Ermellini, la sentenza impugnata ha correttamente applicato i principi consolidati della giurisprudenza di legittimità, senza incorrere in alcuna violazione di legge. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: Il Dolo Generico Evasione e l’Irrilevanza dei Motivi
Il cuore della decisione risiede nella qualificazione dell’elemento psicologico del reato di evasione. La Corte ha ribadito con fermezza che tale reato presuppone il cosiddetto “dolo generico”. Questo significa che per integrare il reato è sufficiente che l’agente abbia la coscienza e la volontà di allontanarsi dal luogo di detenzione o dagli arresti domiciliari, violando le prescrizioni imposte dall’autorità giudiziaria. Non è richiesto un “dolo specifico”, cioè un fine particolare o una motivazione ulteriore. La conseguenza diretta di questo principio è che i motivi soggettivi che spingono una persona a compiere l’atto evasivo sono irrilevanti ai fini della configurabilità del reato. Che l’allontanamento sia dovuto a una lite familiare, a un’urgenza non giustificata o a qualsiasi altra ragione personale, non cambia la sostanza: la violazione della misura restrittiva, se compiuta volontariamente, costituisce evasione. La Corte, a sostegno della propria tesi, richiama un proprio precedente consolidato (Sez. 6, n. 36518 del 27/10/2020), a testimonianza di un orientamento ormai granitico.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame offre un importante monito pratico per chiunque si trovi sottoposto a misure restrittive della libertà personale. La decisione chiarisce che l’ordinamento giuridico non ammette “giustificazioni” personali per la violazione di tali misure, salvo i casi eccezionali e legalmente previsti (come lo stato di necessità). L’unico aspetto che conta è la volontarietà dell’allontanamento. Pertanto, tentare di difendersi sostenendo di aver avuto “buone ragioni” per evadere è una strategia destinata al fallimento, poiché il focus della valutazione del giudice si concentra esclusivamente sulla consapevolezza di violare il provvedimento restrittivo.
Cosa si intende per dolo generico nel reato di evasione?
Per dolo generico si intende la semplice coscienza e volontà di allontanarsi dal luogo in cui si è sottoposti a una misura restrittiva (come gli arresti domiciliari), senza che sia necessario dimostrare un fine o un motivo specifico per tale azione.
I motivi personali per cui una persona evade sono rilevanti per il processo?
No. Secondo la costante giurisprudenza citata nell’ordinanza, i motivi soggettivi che spingono una persona a compiere la condotta evasiva sono considerati irrilevanti ai fini della sussistenza del reato.
Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione in questo caso?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché manifestamente infondato, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13433 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13433 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a RIBERA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/06/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
Ritenuto che il motivo dedotto con il ricorso in relazione alla sentenza di condanna per il reato di cui all’art. 385 cod. pen. è inammissibile in quanto manifestamente infondato;
Considerato, in particolare, che l’unico motivo di ricorso lamenta la violazione di legge in relazione all’insussistenza dell’elemento soggettivo della fattispecie;
che sul punto la sentenza impugnata appare immune da censure, avendo fatto corretta applicazione della consolidata giurisprudenza di legittimità, a mente della quale il reato di evasione presuppone il dolo generico, con la conseguenza che i motivi soggettivi per i quali l’agente pone in essere la condotta evasiva sono irrilevanti (cfr., ex multis, Sez. 6, n. 36518 del 27/10/2020, Rv. 280118).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 08/03/2024