Dolo Generico nel Reato di Evasione: Basta la Consapevolezza
Il reato di evasione, previsto dall’art. 385 del Codice Penale, punisce chi, legalmente arrestato o detenuto per un reato, evade. Una questione centrale in questa fattispecie è la natura dell’elemento psicologico richiesto: è necessario un fine specifico o è sufficiente la semplice volontà di allontanarsi? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, torna sul tema, chiarendo come per integrare il reato sia sufficiente il dolo generico, ovvero la piena consapevolezza della misura restrittiva e la volontà di sottrarvisi.
I Fatti di Causa: Dall’Appello al Ricorso in Cassazione
Il caso trae origine dalla condanna di un individuo per il reato di evasione, confermata sia in primo grado che dalla Corte d’Appello di Roma. L’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione, affidandosi a un unico motivo: l’assenza dell’elemento soggettivo del reato. La tesi difensiva sosteneva, in sostanza, una mancanza di piena consapevolezza o volontà nel commettere il fatto, cercando di scardinare l’impianto accusatorio proprio sul piano psicologico.
La Decisione della Corte: Il Ricorso è Inammissibile
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno ritenuto la motivazione della sentenza d’appello immune da censure e del tutto coerente. La Corte territoriale aveva correttamente evidenziato come l’imputato non potesse non essere a conoscenza del provvedimento restrittivo che lo riguardava. Questa constatazione di fatto è stata decisiva per respingere le argomentazioni difensive.
Le Motivazioni sul Dolo Generico nell’Evasione
Il cuore della decisione risiede nella qualificazione del dolo generico come elemento soggettivo sufficiente per il reato di evasione. La Cassazione ha spiegato che, per integrare questa fattispecie, è necessario e sufficiente che l’agente abbia la consapevolezza di essere sottoposto a una misura limitativa della libertà personale e decida volontariamente di violarla. Non hanno alcuna rilevanza, ai fini della configurabilità del reato, i motivi specifici che spingono il soggetto a evadere.
La Corte ha richiamato un proprio precedente orientamento (Sez. 6, n. 10425 del 06/03/2012), secondo cui il dolo del reato di evasione consiste nella “consapevole violazione del provvedimento restrittivo senza che rilevino i motivi della condotta”. Di conseguenza, una volta accertato in fatto che l’imputato era a conoscenza della misura a suo carico (come confermato dalle sentenze di primo e secondo grado), la sua prospettazione difensiva risultava smentita sia sul piano fattuale che su quello giuridico.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
L’ordinanza ribadisce un principio consolidato e fondamentale in materia di reati contro l’amministrazione della giustizia. Per chi è sottoposto a misure come gli arresti domiciliari o altre forme di detenzione, la semplice consapevolezza del vincolo e la decisione di allontanarsi integrano il reato di evasione. Le ragioni personali, le necessità o le giustificazioni addotte non possono, di regola, escludere il dolo. La decisione serve da monito: la conoscenza di un provvedimento giudiziario impone il suo rispetto, e la sua violazione volontaria comporta conseguenze penali precise, la cui prova psicologica non richiede la dimostrazione di scopi o fini ulteriori.
Cosa si intende per dolo generico nel reato di evasione?
Per dolo generico si intende la semplice e consapevole violazione del provvedimento restrittivo. Non è necessario che l’agente persegua un fine particolare; è sufficiente che sappia di essere sottoposto a una misura e decida volontariamente di non rispettarla.
È sufficiente affermare di non conoscere il provvedimento restrittivo per escludere la colpevolezza?
No, non è sufficiente. Secondo la Corte, se viene accertato nei gradi di merito che l’imputato era a conoscenza del provvedimento, come nel caso di specie, la sua tesi difensiva risulta infondata sia in fatto che in diritto.
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che la sentenza impugnata diventi definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in denaro, in questo caso tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33256 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33256 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 11/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il 23/10/2004
avverso la sentenza del 11/11/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
RG 13645/25 – COGNOME Firas
OSSERVA
Visti gli atti e la sentenza impugnata (condanna per il reato di cui all’art. 385 cod. pen.);
Esaminato l’unico motivo di ricorso, che prospetta l’assenza dell’elemento soggettivo del reato;
Considerato che, sul punto, la motivazione della sentenza impugnata appare immune da censure, avendo correttamente rilevato – coerentemente rispetto alla pronuncia di primo grado – come il ricorrente non potesse non essere a conoscenza del provvedimento restrittivo nei suoi confronti (cfr.p. 4 della sentenza di appello e 3 della sentenza di primo grado); pertanto, poiché per l’integrazione della fattispecie è richiesto il dolo generico, consistente nella consapevole violazione del provvedimento restrittivo senza che rilevino i motivi della condotta (cfr., ex multis, Sez. 6, n. 10425 del 06/03/2012 Rv. 252288 – 01), la prospettazione difensiva risulta smentita sia in punto di fatto che in punto di diritto;
Ritenuto che il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 11/07/2025