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Dolo eventuale truffa: la Cassazione conferma condanna

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per truffa aggravata di una dipendente pubblica che aveva modificato il cartellino marcatempo di un collega, attestandone la presenza quando in realtà era assente. La Corte ha stabilito che, agendo senza il necessario giustificativo e senza verificare la reale presenza del collega, l’imputata ha accettato il rischio di commettere un falso, integrando così il reato sotto il profilo del dolo eventuale truffa. La sentenza chiarisce anche che la prescrizione prevale su una richiesta di assoluzione nel merito quando le prove non sono di immediata evidenza.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dolo Eventuale Truffa: la Cassazione sulla Modifica del Cartellino

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un caso di truffa ai danni di un ente pubblico, fornendo importanti chiarimenti sul concetto di dolo eventuale truffa. La vicenda riguarda una dipendente condannata per aver modificato ‘a posteriori’ l’orario di lavoro di un collega, facendolo risultare presente quando in realtà si era allontanato dall’ufficio. La Corte ha confermato la condanna, sottolineando come l’accettazione del rischio di attestare il falso sia sufficiente a integrare l’elemento psicologico del reato.

I fatti del caso: la modifica del cartellino segnatempo

I fatti contestati risalgono a due pomeriggi del settembre 2016. Una dipendente di un’azienda sanitaria regionale aveva modificato il registro delle presenze di un suo collega. Grazie a questo intervento, il collega risultava formalmente in servizio per l’intero pomeriggio, mentre accertamenti della polizia giudiziaria avevano dimostrato che si era allontanato dal luogo di lavoro, l’ospedale, poco dopo l’inizio del turno pomeridiano.

La difesa dell’imputata sosteneva che la modifica era stata effettuata in buona fede, su richiesta del collega e fidandosi di lui. Inoltre, si contestava la necessità di un documento giustificativo formale, poiché le ore in questione erano relative ad attività libero-professionale interna (ALPI), e si lamentava la mancanza di prova del dolo e di un effettivo danno per l’ente.

L’iter processuale e il ricorso in Cassazione

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano riconosciuto la colpevolezza dell’imputata per gli episodi del 2016, pur riducendo la pena in secondo grado. La difesa ha quindi proposto ricorso per cassazione, basandosi su diversi motivi, tra cui l’errata applicazione della legge penale e vizi di motivazione. In particolare, si insisteva sull’assenza dell’elemento soggettivo (il dolo) e degli elementi oggettivi del reato di truffa (profitto e danno).

La configurazione del dolo eventuale truffa

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendo la motivazione della Corte d’Appello logica e corretta. Il punto centrale della decisione riguarda l’elemento psicologico del reato. Secondo i giudici, il dolo nella truffa è di tipo ‘generico’ e può manifestarsi non solo come intenzione diretta (dolo diretto), ma anche come dolo eventuale.

Nel caso specifico, l’imputata, operando la modifica dell’orario in assenza del necessario giustificativo previsto dal regolamento interno e, soprattutto, non avendo la certezza della presenza effettiva del collega (essendo lei stessa assente in una delle due giornate), ha accettato il rischio che la sua attestazione fosse falsa. Questo ‘accettare il rischio’ che l’evento (l’induzione in errore dell’ente) si verifichi è esattamente ciò che configura il dolo eventuale. Non è necessario, quindi, provare che l’imputata avesse la finalità specifica di truffare l’ente; è sufficiente che abbia agito prevedendo questa possibilità e accettandone le conseguenze.

Prescrizione e proscioglimento nel merito

Un altro aspetto interessante della sentenza riguarda la gestione dei reati prescritti. L’imputata chiedeva che l’assoluzione ottenuta per fatti successivi fosse estesa anche a fatti precedenti, per i quali era invece stata dichiarata la prescrizione. La Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: una formula di proscioglimento nel merito (come l’assoluzione) prevale sulla prescrizione solo quando la prova dell’innocenza dell’imputato è ‘assoluta’ e immediatamente rilevabile dagli atti, senza necessità di un’analisi approfondita e ponderata. Se, come nel caso di specie, le prove sono contraddittorie o insufficienti, la causa estintiva della prescrizione deve prevalere.

Le motivazioni della Corte

La Corte ha ritenuto infondate tutte le censure difensive. È stato accertato che il collega era effettivamente assente, che un ‘giustificativo’ firmato anche dal dirigente era obbligatorio per regolamento, e che la condotta aveva prodotto un danno per l’amministrazione. Anche se le ore non fossero state retribuite, la falsa attestazione avrebbe generato un ingiusto profitto per il collega, come il diritto a recuperi orari, privando l’ente di future prestazioni lavorative. La Corte ha concluso che la condotta dell’imputata, accettando il rischio di attestare una presenza non veritiera, ha integrato pienamente tutti gli elementi del reato di truffa continuata e pluriaggravata.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce la severità con cui l’ordinamento giuridico tratta i reati contro la pubblica amministrazione e offre una lezione importante sul dolo eventuale. Dimostra che, anche in assenza di una volontà diretta di commettere un illecito, agire con leggerezza e accettare il rischio di violare la legge può portare a una condanna penale. Per i dipendenti, pubblici e privati, emerge il chiaro monito di non effettuare mai modifiche o attestazioni per conto di terzi senza avere la certezza assoluta della loro veridicità e senza seguire le procedure formali previste.

Modificare l’orario di lavoro di un collega senza verificarne la presenza è reato di truffa?
Sì, secondo la Corte di Cassazione questa condotta può integrare il reato di truffa. Agendo senza le dovute verifiche e le autorizzazioni formali, ci si espone all’accusa di aver agito con dolo eventuale, ovvero accettando il rischio di attestare il falso e di indurre in errore l’ente datore di lavoro.

Cosa significa ‘dolo eventuale’ nel reato di truffa?
Significa che l’autore del reato, pur non avendo come obiettivo diretto l’inganno o il profitto illecito, si rappresenta la possibilità che la sua azione possa portare a tali conseguenze e, ciononostante, agisce ugualmente, accettando il rischio che l’evento si verifichi.

Una sentenza di proscioglimento per prescrizione può essere ‘convertita’ in assoluzione nel merito?
No, a meno che la prova dell’innocenza dell’imputato non sia talmente evidente e indiscutibile da non richiedere alcuna valutazione complessa. Se le prove sono insufficienti, contraddittorie o richiedono un’analisi ponderata, la causa di estinzione del reato per prescrizione prevale su una possibile assoluzione nel merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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