Dolo eventuale ricettazione: quando il sospetto diventa reato
Il confine tra un acquisto incauto e il grave reato di ricettazione è spesso sottile e si gioca tutto sull’elemento psicologico dell’agente. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: per configurare il delitto di ricettazione è sufficiente il dolo eventuale ricettazione. Questo significa che non è necessaria la certezza assoluta della provenienza illecita del bene, ma basta la consapevole accettazione del rischio che esso provenga da un delitto.
I Fatti di Causa
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un individuo condannato in primo e secondo grado per il reato di ricettazione, previsto dall’art. 648 del codice penale. L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione chiedendo la derubricazione del reato in quello, meno grave, di acquisto di cose di sospetta provenienza (art. 712 c.p.). Tuttavia, i motivi del ricorso non presentavano elementi di novità, limitandosi a riproporre le stesse argomentazioni già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello.
L’Analisi della Corte sul Dolo Eventuale Ricettazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per una ragione procedurale precisa: la sua manifesta infondatezza. I giudici hanno sottolineato come i motivi addotti fossero una “pedissequa reiterazione” di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito. Un ricorso per cassazione, per essere ammissibile, deve contenere una critica specifica e argomentata alla sentenza impugnata, non limitarsi a ripetere le stesse difese.
Entrando nel merito della questione giuridica, la Corte ha confermato la corretta applicazione dei principi giurisprudenziali da parte del giudice d’appello. Ha richiamato l’insegnamento delle Sezioni Unite (sentenza Nocera, n. 12433/2010), secondo cui l’elemento psicologico della ricettazione può essere integrato anche dal dolo eventuale.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione della Cassazione si fonda su un punto cruciale: la distinzione tra mero sospetto e accettazione del rischio. Il dolo eventuale ricettazione si configura quando l’agente si rappresenta la concreta possibilità che la cosa provenga da un delitto e, ciononostante, ne accetta il rischio, procedendo all’acquisto o alla ricezione. Non si tratta di un semplice sospetto, che potrebbe portare alla diversa fattispecie dell’incauto acquisto, ma di una rappresentazione mentale più definita e di una conseguente scelta consapevole. La Corte d’Appello aveva correttamente applicato questo principio, ritenendo che nel caso di specie l’imputato avesse superato la soglia del mero sospetto, accettando il rischio concreto della provenienza illecita del bene. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
La decisione in esame rafforza un orientamento consolidato e offre un importante monito pratico. Chi acquista un bene a condizioni particolarmente vantaggiose o in circostanze anomale deve prestare la massima attenzione. Se la situazione è tale da far sorgere il dubbio concreto sulla sua provenienza lecita, ignorare tale dubbio e procedere comunque all’acquisto equivale ad accettare il rischio di commettere il reato di ricettazione. La sentenza chiarisce che la “colpa” di non aver verificato non è sufficiente, ma la rappresentazione della possibilità e la sua accettazione fanno scattare la responsabilità penale per dolo eventuale. Pertanto, non ci si può difendere affermando di “non avere la certezza”, quando tutti gli elementi indicavano una probabile origine delittuosa del bene.
Quando scatta il reato di ricettazione invece del più lieve incauto acquisto?
Scatta quando l’agente non ha un semplice sospetto, ma si rappresenta la concreta possibilità della provenienza illecita del bene e, ciononostante, accetta il rischio di riceverlo o acquistarlo. Questo stato psicologico è definito ‘dolo eventuale’.
Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso può essere dichiarato inammissibile, come in questo caso, quando si limita a ripetere esattamente gli stessi motivi già presentati e respinti nel precedente grado di giudizio (appello), senza formulare una critica specifica e argomentata contro la decisione impugnata.
È necessario avere la certezza che un oggetto sia rubato per essere condannati per ricettazione?
No, non è necessaria la certezza assoluta. Secondo la giurisprudenza consolidata richiamata nell’ordinanza, è sufficiente il dolo eventuale, ovvero la consapevolezza della concreta possibilità che il bene provenga da un delitto e la volontaria accettazione di tale rischio.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 44213 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 44213 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il 06/05/1971
avverso la sentenza del 11/03/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
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CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
considerato che l’unico motivo di ricorso che deduce il vizio di violazione di legge e difetto di motivazione in ordine alla mancata derubricazione del reato di cui all’art. 648 cod. pen. in quello di cui all’art. 712 cod. pen. non è consentito perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito a pag. 4 della sentenza impugnata, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
osservato, inoltre, che il giudice di appello ha fatto corretta applicazione dei principi affermati dalla consolidata giurisprudenza di legittimità secondo cui «l’elemento psicologico della ricettazione può essere integrato anche dal dolo eventuale, che è configurabile in presenza della rappresentazione da parte dell’agente della concreta possibilità della provenienza della cosa da delitto e della relativa accettazione del rischio, non potendosi desumere da semplici motivi di sospetto, né potendo consistere in un mero sospetto» (per tutte, Sez. U, Sentenza n. 12433 del 26/11/2009, dep. 2010, Nocera, Rv. 246324);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 12 novembre 2024.