Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 33800 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 33800 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a BENTIVOGLIO il 01/07/1999
avverso la sentenza del 19/09/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME che ha concluso chiedendo rhr 7G – CrrfielthEle-C-14e484440 il rigetto del ricorso.
udito il difensore
L’avvocato COGNOME conclude chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Bologna, con la sentenza in epigrafe, ha confermato la pronuncia in data 12 gennaio 2023 con cui il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Ferrara dichiarava la responsabilità di NOME COGNOME in ordine ad una serie di delitti in materia di armi, di stupefacenti e contro il patrimonio, tra cui, per quanto di interesse in questa sede, le ricettazioni di telefoni cellulari provento di furto di cui ai capi H) e I), e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, ritenuta la continuazione e operata la riduzione di pena per il rito, lo condannava alla pena di anni tre di reclusione e di euro 3.420 di multa.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME propone, tramite il proprio difensore, ricorso per cassazione.
2.1. Col primo motivo di impugnazione viene dedotto vizio di motivazione in ordine all’elemento soggettivo del delitto di ricettazione di cui al capo H).
Si duole la difesa che la Corte di appello abbia ritenuto in relazione a detto delitto non seriamente ipotizzabile che l’imputato non si sia quantomeno rappresentato la possibilità che l’apparecchio mobile oggetto di imputazione fosse di provenienza delittuosa e ne abbia accettato il rischio (dolo eventuale). E ciò, senza spiegare su quali elementi e giungendo addirittura ad affermare che l’inserimento da parte di NOME in detto apparecchio della propria sim card non sarebbe sintomatico della sua buona fede, ma, al contrario, dell’accettazione consapevole del rischio che fosse un telefono rubato.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso viene lamentata violazione dell’art. 62, n. 4, cod. pen.
Rileva la difesa che nell’argomentazione in merito alla mancata concessione dell’attenuante comune relativa alla speciale tenuità patrimoniale dei delitti di ricettazione di cui ai capi H) e I) erra la Corte territoriale nel ritenerla no concedibile, in quanto non dedotta nell’atto di appello originario, ma solo nei motivi aggiunti. Senza considerare che la circostanza poteva essere concessa anche ex officio ai sensi dell’art. 597, comma 5, cod. proc. pen. e che, essendo stata sollecitata in detti motivi, andava considerata nell’ottica di Sez. U, n. 22533 del 25 ottobre 2018. E senza considerare che l’attenuante non modificava l’ambito del petitum come cristallizzato con il gravame, essendosi con l’appello comunque invocata l’applicazione dell’attenuante speciale prevista dall’art. 648 cpv. cod. pen. Osserva il difensore che le due circostanze condividono in gran parte i presupposti operativi, eppure sono diversificate dai criteri da seguire per la loro applicazione, riferendosi l’attenuante speciale al fatto di particolare tenuità e, invece, l’attenuante comune al danno patrimoniale di particolare
tenuità, per la quale, quindi, non rileva la capacità a delinquere dell’imputato su cui ha fatto leva la Corte di appello per escludere l’attenuante speciale. Aggiunge che nel caso specifico, considerato il valore esiguo dei due telefoni cellulari (cento euro l’uno e poco più di sessanta euro l’altro) l’attenuante comune andava riconosciuta con conseguente riduzione degli aumenti di pena in continuazione stabiliti in relazione ai reati sub H) e I).
Per tali motivi il difensore insiste per l’annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
1.1. Il primo motivo di ricorso è infondato.
Invero, la Corte di appello motiva sufficientemente e logicamente sulla sussistenza nel caso specifico quantomeno del dolo eventuale, in relazione alla ricettazione del cellulare nel cui possesso l’imputato veniva sorpreso all’atto dell’arresto.
Sottolinea che: – NOME era avvezzo a ricevere cellulari di provenienza delittuosa; – nella memoria a sua firma l’imputato aveva riferito di averlo genericamente ricevuto da un amico in quanto il suo non era funzionante; risulta dalle indagini compiute che prima dell’inserimento della sim card di NOME era stata inserita la sim card dell’amico NOME COGNOME che dunque l’aveva avuto in uso prima del suddetto, segno che probabilmente era proprio COGNOME l’amico che aveva materialmente consegnato l’apparecchio all’imputato; COGNOME è il medesimo soggetto, privo di qualunque lecita attività lavorativa, disposto a spacciare cocaina per conto di NOME e dedito a furti in negozi di centri commerciali, in concorso e su commissione di NOME, che gli aveva parlato in quel periodo di altri smartphone rubati; – non è seriamente ipotizzabile che l’imputato non si sia quanto meno rappresentato la possibilità che anche il predetto apparecchio mobile fosse di provenienza delittuosa e ne abbia accettato il rischio (dolo eventuale); – né l’inserimento della propria sim card era indicativa della sua buona fede, quanto piuttosto del fatto che l’imputato non aveva ritenuto di adottare particolari cautele, e che, comunque, non si trattava, a differenza dell’altro cellulare ricettato (di cui al capo I), di Iphone sul quale e stata attivata la funzione “Trova il mio Iphone”, con rischio immediato, di rintraccio.
Ne consegue che, a fronte di tali argomentazioni scevre da vizi logici e giuridici, sono infondati i rilievi difensivi sull’elemento soggettivo della fattispe di cui al capo H).
Va, invero, considerato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, risponde del reato di ricettazione l’imputato, che, trovato nella disponibilità di
refurtiva di qualsiasi natura, e quindi anche di telefoni cellulari, in assenza d elementi probatori indicativi della riconducibilità del possesso alla commissione
del furto, non fornisca una spiegazione attendibile dell’origine del possesso (si veda, per tutte Sez. 2, n. 20193 del 19/04/2017, PG in proc. Kebe, Rv. 270120).
1.2. Infondato è anche il secondo motivo di ricorso.
Invero, GLYPH
pure GLYPH
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non GLYPH
volere GLYPH
ritenere
GLYPH
corretta
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l’argomentazione sull’inammissibilità della censura dedotta con motivo aggiunto, sia per il disposto
di cui all’art. 597, comma 5, cod. proc. pen., sia per il fatto che detto motivo non sarebbe sganciato dall’appello principale, va osservato che la Corte di appello di
Bologna motiva sulla non lievità del danno patrimoniale.
Evidenzia, invero, a p. 16, richiamata da p. 17 a proposito del danno patrimoniale non lieve, che il valore dell’Iphone di cui al capo I), proprio per
l’ampio mercato anche dell’usato, ammonta a non meno di diverse centinaia di euro; e che il valore del cellulare Xiaomi di cui al capo H), essendo uno
smartphone Android, non è esiguo, ma pari ad almeno cento euro.
Inoltre, sottolinea che in entrambi i casi, poi, occorre tener conto anche del danno economico derivante dalla necessità di sostituire l’apparecchio e recuperare e reinstallare i dati personali.
Tale essendo l’iter motivazionale non manifestamente illogico percorso dalla Corte a qua, è evidente l’infondatezza delle censure difensive sopra riportate.
Al rigetto consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna di NOME alle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 21 maggio 2024.