Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 14396 Anno 2025
guida denunciata smarrita da NOME COGNOME, la carta di identità, la patente ed una carta bancoposta rubati a NOME COGNOME nonché la carta di identità, la tessera sanitaria e la carta postale rubati a NOME COGNOME senza tenere conto del fatto che la patente di guida della COGNOME è stata denunciata come smarrita e che non sono state acquisite agli atti le denunce di furto sporta dal COGNOME e dal COGNOME con conseguente impossibilità di accertare l’effettivo contenuto delle stesse. Penale Sent. Sez. 2 Num. 14396 Anno 2025 Presidente: COGNOME Relatore: COGNOME NOME Data Udienza: 20/02/2025
A giudizio della difesa, l’indagato avrebbe fornito una ragionevole spiegazione della disponibilità di tali beni in occasione dell’interrogatorio di garanzia del 2 novembre 2024, riferendo di aver casualmente rinvenuto tali beni nel corso di una escursione alla ricerca di funghi e di non aver consegnato gli stessi ai militari dell’Arma per paura di essere accusato di essere l’autore dei furti. 2.2. Il giudice cautelare avrebbe ritenuto la sussistenza di un grave compendio indiziario in assenza di qualsiasi elemento idoneo a dimostrare che il ricorrente abbia ricevuto i beni sottoposti a sequestro con la consapevolezza della provenienza delittuosa di tali beni.
Il Tribunale, travisando il compendio indiziario, avrebbe formulato una mera ipotesi in ordine alla consapevole rappresentazione della provenienza delittuosa, senza tenere conto che il COGNOME ha riferito di non essersi rivolto alle forze dell’ordine per il timore di poter essere accusato del reato di furto e della conseguente insussistenza dell’elemento soggettivo del reato di ricettazione.
2.3. Il ricorrente ha, inoltre, sostenuto che la condotta contestatagli andrebbe riqualificata nel meno grave reato di furto, facendo riferimento all’orientamento giurisprudenziale secondo cui integra il delitto di furto semplice, la condotta di colui che sottragga una cosa rubata, perché essa, ancorché abbandonata dal ladro, non costituisce res derelicta appropriabile da chiunque.
2.4. Il Tribunale avrebbe, infine, erroneamente ritenuta la sussistenza del reato di ricettazione dei beni di proprietà di NOME COGNOME senza tenere conto che gli stessi sono stati denunciati smarriti e non rubati.
In data 29 gennaio e 20 febbraio 2025 il difensore del ricorrente ha memorie conclusive con cui ha insistito nei motivi di ricorso
L’unico motivo di ricorso è aspecifico.
Il ricorrente, senza confrontarsi con quanto motivato dal Tribunale al fine di confutare le censure contenute nell’atto di riesame, si è limitato a reiterare le medesime doglianze asseritamente pretermesse, chiedendo a questa Corte di entrare nella valutazione dei fatti e di privilegiare, tra le diverse ricostruzioni, quella a lui più gradita, senza confrontarsi con le emergenze determinanti per la formazione del convincimento dei giudici di merito con conseguente aspecificità della doglianza.
4.1. La complessiva ricostruzione dei giudici del riesame, in nessun modo censurabile sotto il profilo della completezza e della razionalità, è fondata su apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede.
Il Tribunale, con motivazione convincente ed esaustiva, ha indicato gli elementi idonei a ritenere dimostrata la sussistenza degli elementi costitutivi del reato di ricettazione; rimarcando che, anche a voler ritenere plausibile la versione offerta dall’indagato, non verrebbe meno la consapevolezza, quantomeno nella forma del dolo eventuale, del suo agire criminoso, dal momento che il COGNOME, pur essendosi rappresentato che i beni in sequestro fossero di provenienza delittuosa, avrebbe scientemente deciso di trattenerli e di non consegnarli alle forze dell’ordine (vedi pag. 3 dell’ordinanza oggetto di ricorso).
4.2. I giudici del riesame hanno fatto buon uso dell’univoco orientamento giurisprudenziale secondo cui la natura dei beni detenuti e la mancanza diuna giustificazione plausibile in ordine alle modalità di acquisizione dei beni di provenienza delittuosa consentono di escludere che l’indagato ne ignori la provenienza illecita, quanto meno a titolo di dolo eventuale; siffatta valutazione, non rivedibile nel merito in questa sede, è coerente con l’insegnamento di questa Corte secondo cui ricorre il dolo di ricettazione nella forma eventuale quando l’agente ha consapevolmente accettato il rischio che la cosa acquistata o ricevuta fosse di illecita provenienza, non limitandosi ad una semplice mancanza di diligenza nel verificare la provenienza della cosa, che invece connota l’ipotesi contravvenzionale dell’acquisto di cose di sospetta provenienza (Sez. 2, n. 25439 del 21/04/2017, Sarr, Rv. 270179 01, Sez. 2, n. 29702 del 4/5/2022, Memishaj, non massimata).
Diversamente da quanto affermato nel ricorso, la condotta del COGNOME non può essere riqualificata nel meno grave reato di furto in assenza di elementi idonei a riscontrare la versione, assai poco credibile, fornita dal ricorrente in ordine al casuale rinvenimento di quanto in sequestro ed ai motivi che avrebbero indotto il COGNOME a non denunciarne il rinvenimento.
Deve essere, peraltro, ribadito il principio di diritto secondo cui, nell’ipotesi di smarrimento di cose che, come gli assegni, le carte di credito o le carte Postepay, conservino chiari ed intatti i segni esteriori di un legittimo possesso altrui, il venir meno della relazione materiale fra la cosa ed il suo titolare non implica la cessazione del potere di fatto di quest’ultimo sul bene smarrito, con la conseguenza che colui che se ne impossessa senza provvedere alla sua restituzione commette il reato di furto e che l’ulteriore circolazione del bene comporta l’integrazione del reato di ricettazione da parte dei successivi possessori (vedi Sez. 2, n. 4132 del 18/10/2019, Slavov, Rv. 278225-01; Sez. 2, n. 2103 del 17/12/2024, COGNOME, non massimata).
Conclusivamente risulta, quindi, che l’ordinanza impugnata -così come il provvedimento genetico che ne costituisce il presupposto- è motivata in modo congruo, logico e non manifestamente contraddittorio, con riguardo alla sussistenza della gravità indiziaria a carico dell’odierno ricorrente in ordine al reato di ricettazione, potendo, con grado di prossimità alla certezza, assicurarsi che il Tribunale ha correttamente vagliato la qualificata probabilità di condanna del ricorrente sulla base degli elementi logici e narrativi utilizzabili per la decisione.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 20/02/2025.
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME