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Dolo eventuale ricettazione: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 7844/2025, dichiara inammissibile un ricorso in materia di ricettazione. Si ribadisce che per configurare il reato è sufficiente il dolo eventuale ricettazione, ovvero la consapevole accettazione del rischio che la merce provenga da un delitto, desumibile anche dalla mancata indicazione della sua provenienza.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dolo Eventuale Ricettazione: Quando l’Accettazione del Rischio Diventa Reato

Il concetto di dolo eventuale ricettazione rappresenta uno dei punti più dibattuti e delicati del diritto penale, segnando il confine tra un reato grave come la ricettazione e una contravvenzione minore. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a fare chiarezza su questo tema, ribadendo i principi consolidati per l’accertamento dell’elemento psicologico del reato. La pronuncia sottolinea come la consapevole accettazione del rischio che un bene provenga da un’attività illecita sia sufficiente a integrare la condotta criminosa, anche in assenza di una certezza assoluta.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello che lo aveva condannato per il reato di ricettazione, previsto dall’art. 648 del codice penale. La difesa lamentava un vizio di motivazione riguardo alla sussistenza degli elementi costitutivi del reato, in particolare l’elemento psicologico. Secondo il ricorrente, non vi era prova certa della sua consapevolezza circa la provenienza delittuosa del bene, elemento indispensabile per una condanna per ricettazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo, oltre che privo di specifica motivazione, anche manifestamente infondato. La Corte ha colto l’occasione per riaffermare l’orientamento giurisprudenziale dominante in materia. La decisione si fonda sulla constatazione che i giudici di merito avevano correttamente e logicamente argomentato le ragioni del loro convincimento, basandosi su principi giuridici ormai consolidati.

Le Motivazioni: La Prova del Dolo Eventuale Ricettazione

Il cuore della pronuncia risiede nell’analisi dell’elemento soggettivo del reato. La Cassazione chiarisce che per configurare la ricettazione non è necessaria la certezza assoluta della provenienza illecita del bene, ma è sufficiente il cosiddetto dolo eventuale ricettazione.

La Distinzione con l’Acquisto di Cose di Sospetta Provenienza

La Corte ribadisce la netta differenza tra la ricettazione (art. 648 c.p.) e la contravvenzione di acquisto di cose di sospetta provenienza (art. 712 c.p.). Quest’ultima si configura in presenza di un semplice sospetto o di una condotta negligente. La ricettazione, invece, richiede qualcosa di più: la rappresentazione da parte dell’agente della concreta possibilità che la cosa provenga da un delitto e la relativa accettazione di tale rischio. Non si tratta di un mero sospetto, ma di una scelta consapevole di procedere all’acquisto nonostante i forti indizi di illiceità.

L’Onere della Prova e il Valore degli Indizi

Come può essere provato questo stato psicologico? La Cassazione spiega che la prova del dolo può essere raggiunta attraverso qualsiasi elemento, anche indiretto. Un indizio di fondamentale importanza, sottolineato nell’ordinanza, è l’omessa o non attendibile indicazione, da parte di chi riceve il bene, della sua provenienza. Tale comportamento, infatti, viene interpretato come una chiara volontà di occultamento, logicamente riconducibile a un acquisto avvenuto in malafede. In sostanza, chi non sa o non vuole giustificare l’origine di un bene che possiede, rafforza il convincimento del giudice sulla sua consapevolezza dell’origine illecita.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

L’ordinanza in esame consolida un principio di grande rilevanza pratica: l’impossibilità di nascondersi dietro un’ignoranza di comodo. Non è sufficiente affermare di ‘non sapere’ per evitare una condanna per ricettazione quando le circostanze concrete (prezzo troppo basso, qualità del venditore, natura del bene) rendono altamente probabile la provenienza delittuosa. La legge penale richiede ai cittadini un dovere di attenzione e di non accettare a cuor leggero situazioni opache. L’accettazione consapevole del rischio che un bene sia ‘sporco’ equivale, per la giurisprudenza, alla volontà di commettere il reato. Questa pronuncia serve quindi come monito: nel dubbio sulla provenienza di un bene, la scelta più saggia è sempre quella di astenersi dall’acquisto.

È sufficiente il semplice sospetto sulla provenienza di un bene per essere condannati per ricettazione?
No, secondo la Corte il semplice sospetto, che connota una condotta negligente, configura la più lieve contravvenzione di acquisto di cose di sospetta provenienza (art. 712 c.p.), non il delitto di ricettazione.

Come si può provare l’intenzione di commettere il reato di ricettazione?
La prova dell’elemento soggettivo può essere raggiunta tramite qualsiasi elemento, anche indiretto. In particolare, la mancata o non credibile giustificazione sulla provenienza del bene da parte dell’imputato è considerata un forte indizio della sua consapevolezza e della volontà di occultare un acquisto in malafede.

Cosa significa che il reato di ricettazione può essere integrato anche dal “dolo eventuale”?
Significa che per la condanna non è richiesta la certezza assoluta da parte dell’agente che il bene provenga da un delitto. È sufficiente che egli si sia rappresentato la concreta possibilità di tale provenienza e abbia coscientemente accettato il rischio di riceverlo comunque.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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