LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Dolo eventuale ricettazione: la Cassazione conferma

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per ricettazione a carico di una donna che aveva incassato assegni di provenienza illecita consegnatigli dalla sorella. La difesa basata sulla buona fede è stata respinta, poiché è stato ritenuto sufficiente il dolo eventuale ricettazione. La Corte ha stabilito che la consapevolezza della possibilità dell’origine delittuosa dei titoli e l’accettazione di tale rischio, dimostrate da vari indizi tra cui un precedente coinvolgimento in attività fraudolente, integrano il reato.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dolo Eventuale Ricettazione: Quando l’Accettazione del Rischio Porta alla Condanna

Il confine tra ingenuità e responsabilità penale è spesso sottile, specialmente in contesti familiari. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale in materia di reati contro il patrimonio, chiarendo i contorni del dolo eventuale ricettazione. Il caso riguarda una donna condannata per aver incassato assegni provenienti da una vasta truffa orchestrata dalla propria sorella, nonostante sostenesse di aver agito in buona fede. La decisione offre spunti fondamentali per comprendere quando l’accettazione del rischio di commettere un reato equivale a una piena volontà colpevole.

I Fatti di Causa: Tra Legami Familiari e Assegni Sospetti

La vicenda ha origine da un’articolata attività fraudolenta messa in atto da una donna, dipendente di un noto operatore di servizi postali e finanziari. Quest’ultima convinceva numerosi conoscenti a investire ingenti somme di denaro in prodotti finanziari inesistenti, promettendo alti rendimenti. Parte del meccanismo truffaldino consisteva nel farsi consegnare assegni privi dell’indicazione del beneficiario, con la scusa di doverli intestare a specifici dipendenti della società.

In questo contesto, la sorella della truffatrice (e imputata nel presente giudizio) riceveva e incassava due assegni, per un valore complessivo di 16.000 euro, provenienti da due vittime della truffa. La difesa dell’imputata sosteneva la sua totale buona fede: a suo dire, quelle somme rappresentavano un parziale rimborso di un precedente investimento personale di 37.000 euro, anch’esso affidato alla sorella.

Il Percorso Giudiziario e la Decisione della Cassazione

Dopo una complessa vicenda processuale, che aveva visto anche un annullamento con rinvio da parte della stessa Cassazione su un diverso capo d’imputazione, la Corte di Appello condannava l’imputata per il delitto di ricettazione (Art. 648 c.p.). Secondo i giudici di merito, la donna non poteva non essere consapevole dell’origine illecita dei titoli.

L’imputata proponeva quindi ricorso per Cassazione, lamentando l’errata valutazione della sua posizione psicologica (il dolo) e sostenendo che gli elementi a disposizione non fossero sufficienti a superare la presunzione di buona fede. La Suprema Corte ha però dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in via definitiva la condanna.

Le Motivazioni: Perché si Configura il Dolo Eventuale nella Ricettazione?

La Corte di Cassazione ha ritenuto la motivazione della Corte di Appello completa, logica e giuridicamente corretta. Il fulcro della decisione risiede nella configurabilità del dolo eventuale ricettazione, un concetto chiave per il quale non è necessaria la certezza assoluta della provenienza delittuosa del bene, ma è sufficiente che l’agente si rappresenti la concreta possibilità di tale provenienza e ne accetti il rischio.

La Consapevolezza Precedente

Un elemento decisivo è stato il contesto temporale. I giudici hanno evidenziato che, prima di incassare gli assegni in questione (maggio-giugno 2016), l’imputata aveva già avuto segnali inequivocabili dell’inaffidabilità della sorella. Già nell’aprile 2016, infatti, altri assegni consegnatile dalla germana erano risultati insoluti e protestati. Lo stesso marito dell’imputata aveva dichiarato che, a suo parere, la cognata raccontava “fandonie”. Questi episodi avrebbero dovuto generare un forte sospetto, se non la certezza, sulla natura illecita delle sue attività.

Il Ruolo Attivo dell’Imputata

Ancora più grave, è emerso che l’imputata non era stata solo una presunta vittima della sorella. La testimonianza di un’altra persona offesa ha rivelato che, già nel dicembre 2015, l’imputata aveva assunto un ruolo attivo in una delle truffe, presentandosi come “delegata” dalla direttrice per un fittizio progetto di investimento. Questo suo coinvolgimento diretto in episodi precedenti dimostrava una piena consapevolezza del modus operandi fraudolento, rendendo implausibile la sua successiva pretesa di buona fede.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La decisione della Cassazione ribadisce un principio fondamentale: nel delitto di ricettazione, la “buona fede” non può essere invocata come uno scudo generico, soprattutto di fronte a evidenti “campanelli d’allarme”. La sentenza insegna che il nostro ordinamento richiede un dovere di diligenza e attenzione: chi accetta beni o denaro in circostanze anomale (come assegni in bianco da persone la cui condotta è già sospetta) si assume il rischio che provengano da un reato. In questi casi, la consapevolezza si trasforma da semplice sospetto a dolo eventuale, integrando pienamente la fattispecie di ricettazione e portando a una sicura condanna.

Per commettere il reato di ricettazione è necessaria la certezza della provenienza illecita del bene?
No, la sentenza chiarisce che è sufficiente il “dolo eventuale”. Questo significa che basta rappresentarsi la concreta possibilità che il bene provenga da un delitto e accettarne consapevolmente il rischio, senza che sia necessaria la certezza assoluta.

Aver ricevuto un bene da un familiare stretto può giustificare la “buona fede” ed escludere la ricettazione?
No, il legame familiare non esclude di per sé il reato. La valutazione si basa su elementi oggettivi. Nel caso di specie, nonostante i titoli provenissero dalla sorella, la Corte ha ritenuto l’imputata consapevole della loro origine illecita a causa di altri indizi, come il suo coinvolgimento attivo in precedenti episodi di truffa.

Quali elementi possono dimostrare il dolo eventuale nella ricettazione di assegni?
La sentenza evidenzia diversi elementi indicativi: la ricezione di assegni privi del nome del beneficiario, la conoscenza di precedenti problemi finanziari e illeciti della persona che li consegna (come assegni protestati in passato) e, soprattutto, la partecipazione diretta a precedenti attività truffaldine collegate. Questi fattori, valutati insieme, dimostrano che la persona ha accettato il rischio della provenienza delittuosa dei titoli.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati