Dolo Eventuale nella Ricettazione: La Cassazione e la Prova della Consapevolezza
Il confine tra il reato di ricettazione e la meno grave contravvenzione di acquisto di cose di sospetta provenienza è spesso sottile e si gioca interamente sull’elemento psicologico dell’agente. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione torna sul tema, offrendo chiarimenti cruciali su come si configura il dolo eventuale ricettazione e su quali elementi probatori siano sufficienti a dimostrarlo. La vicenda analizzata riguarda il possesso ingiustificato di una pen drive contenente file personali altrui, un caso emblematico per comprendere la logica dei giudici.
I Fatti del Caso
Un soggetto veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di ricettazione, previsto dall’art. 648 del codice penale. L’oggetto del reato era una semplice pen drive che, tuttavia, conteneva fotografie personali della persona offesa. L’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione, basando la sua difesa su due motivi principali:
1. Vizio di motivazione: A suo dire, i giudici di merito non avevano adeguatamente motivato la sussistenza degli elementi costitutivi del reato, in particolare l’elemento soggettivo del dolo.
2. Errata qualificazione giuridica: L’imputato chiedeva che il fatto fosse riqualificato nella contravvenzione di acquisto di cose di sospetta provenienza (art. 712 c.p.), sostenendo di non aver agito con la consapevolezza della provenienza illecita del bene.
La Decisione della Corte e la Configurazione del Dolo Eventuale Ricettazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando integralmente la condanna inflitta nei gradi di merito. La decisione si fonda su principi giurisprudenziali consolidati, applicati con rigore al caso concreto. I giudici hanno ritenuto entrambi i motivi di ricorso infondati, uno per genericità e l’altro per manifesta infondatezza nel merito.
Le Motivazioni della Sentenza
L’ordinanza della Suprema Corte offre spunti di riflessione importanti. Analizziamo le motivazioni punto per punto.
In primo luogo, il motivo relativo al vizio di motivazione è stato giudicato aspecifico, in quanto si limitava a riproporre le stesse doglianze già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello. I giudici hanno ricordato che, in presenza di una “doppia conforme” (cioè due sentenze di merito con lo stesso esito), le argomentazioni della prima sentenza si fondono con quelle della seconda, creando un corpo motivazionale solido che l’imputato non aveva scalfito con critiche pertinenti.
Il punto centrale, tuttavia, riguarda la prova del dolo e la distinzione tra i reati. La Corte ha ribadito che la prova del dolo eventuale ricettazione può essere desunta da una serie di elementi, tra cui:
* La natura del bene: Nel caso di specie, una pen drive contenente fotografie personali non è un bene anonimo o di valore generico. La sua natura intrinsecamente personale rende altamente improbabile una sua lecita circolazione.
* L’omessa spiegazione: L’imputato non ha fornito alcuna spiegazione alternativa e credibile sulla provenienza del bene. Secondo un orientamento costante, l’incapacità di giustificare il possesso di un bene di provenienza illecita costituisce un elemento grave, preciso e concordante su cui fondare l’affermazione di responsabilità.
I giudici hanno chiarito che chi riceve un bene di questo tipo non può semplicemente ignorarne l’origine. Accettare di possederlo significa, come minimo, accettare il rischio concreto che provenga da un’attività delittuosa. Questa accettazione del rischio è esattamente ciò che configura il dolo eventuale ricettazione.
Di conseguenza, è stata respinta la richiesta di derubricazione al reato di cui all’art. 712 c.p. (acquisto di cose di sospetta provenienza). Tale fattispecie, infatti, punisce un comportamento colposo, connotato da una semplice mancanza di diligenza nel verificare l’origine della cosa. Nel caso in esame, le circostanze erano tali da imporre più di un sospetto, rendendo la condotta dell’imputato non una semplice negligenza, ma una consapevole accettazione del rischio, sufficiente a integrare il dolo richiesto per la ricettazione.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa pronuncia rafforza un principio fondamentale: non ci si può nascondere dietro un’asserita ignoranza quando le circostanze oggettive rendono evidente la probabile provenienza illecita di un bene. L’onere di fornire una spiegazione plausibile ricade su chi viene trovato in possesso dell’oggetto. In assenza di tale giustificazione, specialmente per beni di natura personale, la giurisprudenza è unanime nel ritenere provato il dolo di ricettazione, almeno nella sua forma eventuale. La decisione serve da monito: la legge richiede un atteggiamento attivo e diligente, non una passiva indifferenza di fronte a situazioni palesemente sospette.
Quando si configura il dolo eventuale nel reato di ricettazione?
Si configura quando l’agente, pur non avendo la certezza della provenienza illecita del bene, ne accetta consapevolmente il rischio, decidendo comunque di acquisirlo o riceverlo.
Qual è la differenza tra il reato di ricettazione (art. 648 c.p.) e quello di acquisto di cose di sospetta provenienza (art. 712 c.p.)?
La differenza fondamentale risiede nell’elemento psicologico. La ricettazione richiede il dolo (anche solo eventuale), cioè la rappresentazione e l’accettazione del rischio della provenienza illecita. L’acquisto di cose di sospetta provenienza è una contravvenzione che punisce la colpa, ossia una semplice mancanza di diligenza nel verificare l’origine del bene.
Perché la mancata spiegazione sulla provenienza di un bene è così importante nel reato di ricettazione?
Perché, secondo la giurisprudenza consolidata, costituisce un elemento indiziario grave, preciso e concordante. Di fronte a un bene di sicura provenienza illecita, l’incapacità dell’imputato di fornire una giustificazione credibile sul suo possesso è considerata una prova logica della sua consapevolezza.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12878 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12878 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 07/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PALERMO il 06/03/1956
avverso la sentenza del 30/04/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME;
rilevato che il primo motivo di impugnazione, con cui il ricorrente lamenta vizio della motivazione in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi del reato di ricettazione, è aspecifico in quanto reiterativo di doglianze inerenti all’interpretazione del materiale probatorio già espresse in sede di appello ed affrontate in termini precisi e concludenti dalla Corte territoriale;
rilevato che i giudici di appello, con motivazione esaustiva e conforme alle risultanze processuali, che riprende le argomentazioni del giudice di primo grado come è fisiologico in presenza di una doppia conforme, hanno desunto la sussistenza degli elementi costitutivi del reato di cui all’art. 648 cod. pen. dalla natura del bene ricettato (pen drive contenente fotografie della persona offesa) e dall’omessa spiegazione alternativa in ordine alla lecita provenienza di quanto rinvenuto nella disponibilità del ricorrente (vedi pagg. 3 e 4 della sentenza impugnata), così conformandosi al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità in tema di prova del dolo del reato di ricettazione (vedi Sez. 2, n. 20193 del 19/04/2017, COGNOME, Rv. 270120- 01; da ultimo Sez. 2, n. 26881 del 25/05/2022, COGNOME, non massimata);
rilevato che il secondo motivo di impugnazione, con cui il ricorrente con cui il ricorrente lamenta violazione di legge e manifesta illogicità della motivazione in relazione al rigetto della richiesta di qualificazione giuridica del fatto nel reato di cui all’art. 712 cod. pen., è manifestamente infondato. I giudici di appello hanno fatto buon uso dell’univoco orientamento giurisprudenziale secondo cui la natura dei beni detenuti e le modalità di detenzione consentono di escludere che l’imputato ne ignori la provenienza illecita, quanto meno a titolo di dolo eventuale; siffatta valutazione, non rivedibile nel merito in questa sede, è coerente con l’insegnamento di questa Corte secondo cui ricorre il dolo di ricettazione nella forma eventuale quando l’agente ha consapevolmente accettato il rischio che la cosa acquistata o ricevuta fosse di illecita provenienza, non limitandosi ad una semplice mancanza di diligenza nel verificare la provenienza della cosa, che invece connota l’ipotesi contravvenzionale dell’acquisto di cose di sospetta provenienza (Sez. 2, n. 25439 del 21/04/2017, Sarr, Rv. 270179 – 01, Sez. 2, n. 29702 del 4/5/2022, Memishaj, non massimata).
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Il Con GLYPH le e Estensore Così deciso, in data 7 marzo 2025
La Presidente