Dolo Eventuale nella Resistenza a Pubblico Ufficiale: La Cassazione Fa Chiarezza
L’ordinanza in esame offre un importante spunto di riflessione sul confine, spesso sottile, tra dolo eventuale e colpa cosciente, specialmente in reati caratterizzati da condotte impulsive e violente come la resistenza a pubblico ufficiale. La Corte di Cassazione, con una decisione netta, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato, confermando la sua condanna e fornendo criteri interpretativi cruciali per distinguere le due figure di elemento soggettivo.
I Fatti del Caso: Aggressione Durante un Controllo
Il caso trae origine da un episodio di resistenza a pubblico ufficiale. L’imputato, al fine di sottrarsi a un controllo da parte delle forze dell’ordine, ha aggredito fisicamente un agente, cagionandogli lesioni personali giudicate guaribili in cinque giorni. Non contento, ha tentato di investire un secondo agente utilizzando il proprio ciclomotore. Per questi fatti, veniva condannato in primo e secondo grado per il delitto di cui all’art. 337 del codice penale.
I Motivi del Ricorso e la Difesa
La difesa del ricorrente aveva basato il proprio appello, e successivamente il ricorso per cassazione, su due punti principali:
1. Errata qualificazione giuridica: Si chiedeva di riqualificare i fatti ai sensi dell’art. 586 c.p. (morte o lesioni come conseguenza di altro delitto), sostenendo l’assenza di una volontà diretta di ledere gli agenti.
2. Riconoscimento delle attenuanti generiche: Si richiedeva una riduzione della pena in virtù delle circostanze attenuanti.
Entrambi i motivi sono stati ritenuti manifestamente infondati dalla Suprema Corte.
La Configurazione del Dolo Eventuale
Il cuore della decisione ruota attorno alla corretta individuazione dell’elemento soggettivo del reato. La Corte territoriale, con una valutazione condivisa dalla Cassazione, ha escluso la colpa cosciente, ravvisando invece un chiaro dolo eventuale. La distinzione è fondamentale: nella colpa cosciente, l’agente prevede l’evento ma confida irragionevolmente di poterlo evitare; nel dolo eventuale, l’agente si rappresenta la concreta possibilità che l’evento lesivo si verifichi e, ciononostante, agisce, accettandone il rischio.
Nel caso specifico, l’imputato, opponendosi violentemente al controllo, si è rappresentato la “significativa possibilità” di ferire gli agenti. L’aggressione e il tentativo di investimento non erano l’obiettivo primario (che era la fuga), ma sono stati accettati come uno “sviluppo collaterale” e prevedibile della propria azione illecita. Il giudizio controfattuale è decisivo: l’imputato non si sarebbe fermato neppure se avesse avuto la certezza di provocare le lesioni.
Il Diniego delle Attenuanti Generiche
Anche il secondo motivo di ricorso è stato respinto. La Corte ha ribadito che la concessione delle attenuanti generiche è un giudizio di fatto, insindacabile in sede di legittimità se la motivazione è logica e non contraddittoria. Il giudice di merito aveva correttamente escluso tale beneficio sulla base di elementi oggettivi e soggettivi:
* Precedenti penali: L’imputato era gravato da numerosi precedenti per reati contro il patrimonio e la persona.
* Gravità della condotta: I fatti erano di obiettiva gravità.
* Assenza di resipiscenza: Non era emerso alcun segno di pentimento da parte del colpevole.
Questi elementi, valutati ai sensi dell’art. 133 c.p., hanno giustificato ampiamente la decisione di non concedere alcuna riduzione di pena.
Le motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione, nel dichiarare l’inammissibilità del ricorso, ha sottolineato come la sentenza impugnata abbia fatto “buon governo” dei principi giurisprudenziali consolidati. Per quanto riguarda il dolo eventuale, la motivazione della Corte d’Appello è stata ritenuta immune da vizi logici, avendo correttamente applicato la massima di esperienza secondo cui chi agisce con violenza contro le forze dell’ordine accetta il rischio di ferirle. Allo stesso modo, il diniego delle attenuanti generiche è stato considerato congruamente motivato, basandosi su elementi concreti che dipingono un quadro di pericolosità sociale e di mancato ravvedimento, rendendo la decisione del giudice di merito incensurabile.
Le conclusioni
Questa ordinanza riafferma un principio di diritto di grande importanza pratica: agire accettando il rischio di ledere un pubblico ufficiale durante una condotta di resistenza integra pienamente il delitto previsto dall’art. 337 c.p. con la forma più grave di dolo, quello eventuale, e non una meno grave forma di colpa. La decisione serve da monito, chiarendo che la valutazione dell’elemento soggettivo si basa su un’analisi rigorosa della condotta e delle sue probabili conseguenze. Inoltre, conferma che l’accesso a benefici come le attenuanti generiche non è automatico, ma richiede elementi positivi di valutazione che, nel caso di specie, erano del tutto assenti a fronte di una spiccata capacità a delinquere.
Quando si configura il dolo eventuale nel reato di resistenza a pubblico ufficiale?
Si configura quando l’agente, pur di opporsi al controllo, si rappresenta la significativa possibilità di causare un danno fisico all’ufficiale e decide di agire comunque, accettando il rischio che tale evento si verifichi come conseguenza collaterale della sua azione.
Perché sono state negate le attenuanti generiche all’imputato?
Le attenuanti generiche sono state negate a causa della presenza di plurimi precedenti penali a carico dell’imputato per reati contro il patrimonio e la persona, della gravità oggettiva dei fatti commessi e della totale assenza di segni di pentimento (resipiscenza).
Qual è la differenza chiave tra dolo eventuale e colpa cosciente applicata in questo caso?
Nel dolo eventuale, l’imputato ha agito accettando il rischio che la sua condotta violenta potesse causare lesioni agli agenti. Nella colpa cosciente, invece, avrebbe dovuto prevedere tale rischio ma confidare erroneamente di poterlo evitare, cosa che la Corte ha escluso data la natura della sua azione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8472 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8472 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a FIRENZE il 24/05/1982
avverso la sentenza del 02/05/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
visti gli atti e la sentenza impugnata; dato avviso alle parti; esaminati i motivi del ricorso di COGNOME Salvatore;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
OSSERVA
Rilevato che i motivi dedotti nel ricorso – relativo alla conferma in appello della condanna per il delitto di cui all’art. 337 cod. pen. – risultano inammissibili in quanto manifestamente infondati; Rilevato che legittimamente la sentenza impugnata ha rigettato la doglianza formulata nell’atto di appello – ed ora reiterata nel ricorso di legittimità – con la quale si era chiesta la qualificazione giuridica dei fatti ai sensi dell’art. 586 cod. pen., rilevando che le condotte poste in essere dall’imputato (il quale al fine di opporsi al controllo degli agenti operanti ne ha aggredito uno, cagionandogli lesioni personali giudicate guaribili in cinque giorni, tentando altresì di investirne un altro alla guida del proprio ciclomotore) integrano gli estremi del delitto di cui all’art. 337 cod. pen.; invero, nella specie, la Corte territoriale ha, in relazione all’individuazione del dolo di fattispecie, fatto buon governo del principio in base al quale «in tema di elemento soggettivo, sussiste il dolo eventuale e non la colpa cosciente, quando l’agente si sia rappresentato la significativa possibilità di verificazione dell’evento e si sia determinato ad agire comunque, anche a costo di cagionarlo come sviluppo collaterale o accidentale, ma comunque preventivamente accettato, della propria azione, in modo tale che, sul piano del giudizio controfattuale, possa concludersi che egli non si sarebbe trattenuto dal porre in essere la condotta illecita, neppure se avesse avuto contezza della sicura verificazione dell’evento medesimo» (Sez. 1, n. 8561 del 11/02/2015, COGNOME, Rv. 262881 – 01); situazione chiaramente evincibile nel caso in esame; Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Rilevato che anche il secondo motivo risulta inammissibile, avendo la Corte territoriale confermato l’esclusione dei presupposti per il riconoscimento delle attenuanti generiche, non emergendo elementi positivamente valutabili a tal fine e risultando che l’imputato, gravato da plurimi precedenti penali per reati contro il patrimonio e la persona, ha posto in essere fatti di obiettiva
gravità, non mostrando altresì alcun segno di resipiscenza; motivazione del tutto congrua – alla luce del principio secondo cui «in tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME Rv. 271269 – 01)» – e dunque insindacabile in questa sede di legittimità;
Ritenuto che il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 07/02/2025